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Perché non sono d’accordo con la sentenza della Cassazione sulla cannabis

Come insegnante educatrice non condivido la sentenza che permette la coltivazione domestica della cannabis per i risvolti sociali, sanitari, educativi. Purtroppo, nella nostra società viene spesso veicolato il messaggio che quello che è legale è anche giusto dal punto di vista etico. Sappiamo bene che non è così, ma questo modo di interpretare le azioni può essere molto negativo per i nostri ragazzi.

Andare verso la liberalizzazione delle droghe leggere viene fatta passare come una conquista della autodeterminazione, una lotta alla criminalità organizzata che detiene il monopolio della vendita degli stupefacenti: purtroppo non è così. Infatti, rendere legale la coltivazione della cannabis significa “normalizzare” qualcosa di molto pericoloso.

Nella mia vita di docente conosco giovani distrutti dagli stupefacenti e il nostro impegno a fianco delle famiglie è costante nel far comprendere i danni ai quali i nostri ragazzi vanno incontro. Abbiamo e stiamo insegnando ai nostri studenti anche con lezioni mirate quanto la cannabis non si possa definire leggera perché il fumo produce danni molto importanti e i giovani sono in un qualche modo la porta aperta per ricorrere ad altri tipi di stupefacenti quando avviene una forma di assuefazione ovvero alla diminuzione della loro attività.

Ma ci chiediamo che ratio ha una sentenza così quando ci siamo impegnati da anni a fare lezioni laboratori incontri con i giovani sparando delle slide anche emotivamente forti (come gli effetti del fumo sulla distruzione dei polmoni) quando poi li portiamo a rendere “libera” la loro scelta se autodistruggersi? Nei nostri ragazzi il cervello è in via di sviluppo e quindi i danni maggiori sono proprio perché la presenza   di una sostanza chimica perturba il sistema quando è in via di definizione. Prove scientifiche alla mano hanno dimostrato i diversi effetti collaterali nell’uso continuato della cannabis sul sistema nervoso, minor capacità di ragionamento, forme pesanti di psicosi e schizofrenia ed il rischio di tumore ai testicoli evidenziato mediamente del doppio di chi non fuma.

Ai giovani bisogna comunicare l’idea che le canne corrodono la salute e che è importante che capiscano l’importanza del problema. Per loro. La sentenza è straordinariamente sbagliata perché banalizzare l’uso delle piantine sul terrazzo come si coltivano le piante officinali è diseducativo, e se la motivazione è quella di contrastarne l’uso dello spaccio è ancora più delirante stabilire che la coltivazione domestica e a uso personale di cannabis non è reato è incredibilmente assurdo.

Tanto più che  pochi mesi fa la stessa Corte aveva ritenuto illegale la vendita della cd cannabis leggera di una qualità con un principio attivo basso per produrre effetti droganti. Intanto  il paradosso è che è cresciuta una filiera di canapa leggera fino a dimensioni importanti: il mondo della canapa industriale made in Italy conta oggi mille negozi, 800 partite Iva agricole specializzate, 1.500 nuove aziende di trasformazione e distribuzione e circa 10mila addetti. Secondo il Consorzio nazionale per la tutela della filiera, si parla di un giro di affari di 150 milioni di euro al 2018, con prospettive di crescita europea pari a 36 miliardi di euro entro il 2021. Nell’ultima manovra sarebbe dovuto comparire un emendamento per regolamentare la produzione di cannabis light, considerata come tale sotto a un tetto dello 0,5% di Thc. La misura è poi saltata ed è venuta fuori la sentenza. Questa è pura schizofrenia legislativa.

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