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Sovranità digitale. Cosa prevede il nuovo piano della von der Leyen

Non scherzava la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen quando, nel suo discorso di insediamento, ha promesso di impegnarsi per la “sovranità digitale” europea. Sovranista è in effetti il piano per il digitale che la Commissione ha presentato questo mercoledì. “Copre tutto, dalla sicurezza cibernetica alle infrastrutture critiche, dall’educazione alle abilità digitali, dalla democrazia ai media. Voglio che l’Europa digitale rifletta il meglio dell’Europa: aperta, equa, diversa, democratica e sicura” ha detto la von der Leyen in conferenza stampa.

Il piano consiste in una grande road-map per rilanciare l’Ue nella competizione dei dati e avvicinare le piccole e medie aziende europee al mondo dell’Intelligenza artificiale. L’obiettivo dichiarato è colmare un gap con i grandi campioni extra-comunitari, a cominciare dalle aziende americane, che hanno un enorme vantaggio competitivo sulle aziende europee perché gestiscono una quantità di dati (big-data) che, ad oggi, non è alla loro portata.

La risposta della Commissione segue due principali direttive. Da una parte la creazione di un vero “spazio di dati europeo, un mercato unico dei dati, per rendere disponibili i dati inaccessibili e permetter loro di muoversi liberamente all’interno dell’Ue e dei vari settori a beneficio delle imprese”. Dall’altra, una nuova strategia per l’Ia, contenuta in nuovo Libro bianco, per accelerarne l’uso nel settore pubblico e privato, all’interno di un rigido quadro regolamentare che fissi regole severe per la sicurezza in settori sensibili come la Sanità o i Trasporti.

I registi dell’operazione, oltre alla von der Leyen, sono i Commissari al Mercato interno e alla Concorrenza, il francese Thierry Breton e la danese Margrethe Vestager. Breton, già ad di Orange e Atos, è da sempre un convinto sostenitore della necessità di un cloud europeo. In un’intervista a Le Figaro, l’allora manager si diceva addirittura a favore di mantenere fisicamente i dati europei in Europa. Un mese fa il commissario ha specificato che i dati prodotti nel Vecchio Continente “dovrebbero essere processati in Europa”. “La nostra società sta generando un’onda enorme di dati industriali e pubblici, che trasformerà il modo in cui produciamo, consumiamo e viviamo – ha detto Breton presentando il nuovo pacchetto – voglio che le aziende e le pmi europee abbiano accesso ai dati e creino valore per gli europei”. L’Europa, ha chiuso il francese, “ha tutto quello che serve per guidare la corsa ai “big data” e preservare la sua sovranità tecnologica”.

Ad oggi però manca ancora molto ai big-data europei. Per questo la Commissione vuole spingere sull’acceleratore per eliminare, con l’introduzione di nuovi standard e regole, le barriere fra Paesi membri. Una mossa che da più parti è stata letta come un passo verso l’autarchia digitale, sulla scia di altre potenze come Russia e Cina. Ma la lente del protezionismo non è l’unica con cui leggere il piano di Bruxelles, spiega a Formiche.net Emanuela Girardi, presidente di Pop-Ai e membro della commissione di esperti sull’Ia del Mise. “L’obiettivo mi sembra piuttosto favorire la competitività delle aziende europee, fornendo strumenti e risorse per condividere i propri dati che ad oggi spesso non vengono ancora né raccolti nè annotati e promuovendo l’adozione di tecnologie di AI nel tessuto industriale europeo.

Come creare un cloud europeo dei dati? Ci sono diverse opzioni al vaglio. Una di queste, spiega Girardi, guarda al modello di GAIA X, l’infrastruttura digitale Ue presentata dal governo tedesco nell’estate del 2019, un progetto che coinvolge oltre 100 aziende europee e istituti di ricerca di 17 Paesi membri. Lo scopo del progetto, patrocinato dal ministro dell’Economia tedesco Peter Altmaier, è fornire uno standard europeo unico e condiviso per creare una vera infrastruttura europea dei dati. Una specie di “cloud dei cloud”, per entrare in un mercato che ad oggi è ristretto a pochissimi attori esteri, come i colossi americani Microsoft e Ibm o quello cinese Alibaba.

Anche a questo piano, in cui la Germania vorrebbe coinvolgere altri Paesi europei, Italia inclusa (il team del ministro dell’Innovazione Paola Pisano ha già avuto delle interlocuzioni con i colleghi tedeschi), guarda oggi la strategia della Commissione Ue. “È un dibattito da tempo presente in Germania – prosegue Girardi – nel settore dell’automotive è stato infatti siglato un data-sharing agreement tra tutte le principali aziende tedesche del settore per creare un data lake di dati annotati e anonimizzati utilizzabile dalle aziende che hanno sottoscritto l’accordo per per sviluppare nuove applicazioni quali le self-driving cars”.

In Europa, spiega l’esperta, “non esiste un mercato dei big-data, uno spazio dove tutte le aziende europee possano condividere i dati e utilizzarli”. Certo, l’idea probabilmente non entusiasma le aziende della Silicon Valley o gigant tech cinesi che, in linea di principio, sarebbero esclusi dal cloud, anche se “potrebbero essere forniti dei permessi speciali o comunque degli inviti a investire nel mercato dell’Ia in Europa seguendo le regole sull’AI indicate dalla commissione europea

Quanto all’Intelligenza artificiale, il Libro bianco della Commissione sembra seguire due principi: da una parte la diffusione e l’apertura alle pmi europee alle tecnologie Ai, dall’altra la sicurezza, soprattutto in alcuni settori altamente sensibili dove devono essere garantitit i principi di trasparenza, responsabilità e “supervisione umana”. “Per i settori ad alto rischio si è molto parlato di una possibile certificazione dei dati utilizzati per il “traning” degli algoritmi per verificare che siano rispettate le leggi e i diritti europei, e soprattutto che i dataset utilizzati siano unbiased, privi di pregiudizi”, spiega Girardi.

Uno dei punti più controversi che ha occupato buona parte del dibattito europeo sull’Ai è quello del riconoscimento facciale. In linea teorica la Commissione considera l’uso del riconoscimento biometrico a distanza “generalmente proibito”, ma non esclude a priori che ci possano essere delle “circostanze” che possano “giustificare eccezioni”. “Un conto sono i settori ad sensibili, come la Sanità, un altro conto sono altri settori dove un bando tout-court sarebbe difficilmente giustificabile – conclude l’esperta del Mise – è il caso dello sblocco del telefonino con il riconoscimento facciale, che non presenta le stesse implicazioni per la sicurezza”. Il Libro Bianco pubblicato oggi ha l’obiettivo di lanciare un dibattito più ampio si queste tematiche che sarà di supporto alle prossime attività regolamentative.

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