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Erdogan scalda il cuore dei turchi a Bruxelles (ma non quello della Nato)

Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan arriva a Bruxelles e, dopo l’immancabile comizio davanti alla comunità turca che vive nella capitale belga, erano in decine ad aspettarlo, sventolando la bandiera nazionale, qualcuno anche inneggiando all’unità islamica. Solo in un secondo momento, ha iniziato ad andare all’attacco della Nato, in attesa di battere i pugni sul tavolo con le altre cariche di Bruxelles. Scene ormai di rito, che servono al presidente anche per la propaganda in Turchia, ma che fanno vedere quanto in Europa la sua leadership sia fin troppo presente.

Con la Nato, però, non sembra essergli andata benissimo. Il colloquio con il segretario generale del patto atlantico, Jens Stoltenberg è durato 40 minuti. Snella anche la conferenza stampa, nella quale Erdogan sembra anticipare quello che dirà anche in sede Ue: nessun Paese dell’Ue può rimanere fuori dal conflitto siriano.

Il presidente era più calmo del solito, ma anche fermo nel suo progetto, ossia quello di trascinare il vecchio continente nell’abisso del conflitto siriano sotto tutti i punti di vista, da quello militare, con la Nato che dovrebbe rispondere al fuoco nel caso in cui le armate di Assad violino il cessate il fuoco, e umanitario, con una revisione dell’accordo sui migranti, che significa più soldi alla Turchia e probabilmente anche il trasferimento di una parte dei richiedenti asilo sul territorio dell’Unione.

Stoltenberg, dal canto suo ha abbozzato e se da una parte ha ammesso che la Turchia sta pagando conseguenze importanti, più di altri Paesi a causa del conflitto siriano e ha assicurato che la Nato farà la sua parte, dall’altra da parlato genericamente di “supporto aereo e navale”, ma di farsi trascinare in guerra contro la Russia e Assad sembra non avere troppa voglia. Il segretario ha poi voluto ricordare anche le tensioni al confine con la Grecia, che sembrano preoccupare molto di più Bruxelles di quelle con la Siria.

Il Patto Atlantico sembra aver capito che il presidente turco fa in buona dose quello che gli viene ordinato dal Cremlino, ossia l’agente provocatore interno al Patto stesso. Sulla Siria, però, almeno dal punto di vista militare, Erdogan sembra doversi rassegnare all’idea che sulla guerra ad Assad non lo segue nessuno. Né la Russia, che di Assad è alleata. Né la Nato, di cui la Turchia è il secondo esercito numerico, ma che evidentemente non si fida. Da qualunque parte la si guardi, c’è l’immagine di un Paese che, dopo aver voluto giocare da solo sulla scena internazionale, non ha ottenuto alcun risultato, se non quello di complicare uno scacchiere già abbastanza complesso. Un Paese più solo e più pericoloso.

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