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Il sindaco di San Paolo del Brasile e la decisione politica

I brasiliani, in tempi di Covid-19, odiano la mascherina e adorano i bagni di folla. È l’immagine che ci appare sui media, dove vediamo il presidente Jair Bolsonaro, letteralmente a viso aperto, intento a stringere mani e a prendere in braccio uomini affetti da nanismo, scambiandoli per bambini.

Tuttavia la politica delle nazioni non si può giudicare solo dalle decisioni e dai comportamenti dei personaggi più potenti che li rappresentano. Ne abbiamo la conferma grazie all’intervista di PRIMOPIANOSCALAc al primo cittadino di San Paolo, per la serie delle Interviste con i Sindaci. Leggi l’intervista a Bruno Covas.

Al contrario del suo spericolato presidente, Covas ha imposto misure stringenti per contenere l’epidemia di Coronavirus, compreso l’obbligo di usare le mascherine negli spazi pubblici e privati: “A San Paolo la nostra priorità è sempre stata salvare vite e, quindi, abbiamo adottato le misure per affrontare la pandemia di Covid-19 con grande serietà e trasparenza. Le nostre armi principali sono la scienza, la corretta informazione e la responsabilità sociale”. Quella di Covas non è certamente un’iniziativa marginale, se consideriamo che San Paolo è una megalopoli che conta più di 12 milioni di abitanti. La Grecia non arriva a 11 milioni, giusto per dare l’idea.

Il caso di San Paolo pone l’accento sul funzionamento della politica e sulla sua stratificazione decisionale. Una delle competenze del lobbista è sapere a chi rivolgersi per rappresentare un interesse. Spesso coloro che vorrebbero far ascoltare le proprie istanze si fanno abbindolare dalla promessa di un appuntamento con il potente di turno, “il più potente di tutti”. Il più delle volte non serve a nulla. Nei loro specifici ambiti, un rappresentante di classe o un amministratore di condominio possono avere di gran lunga più potere decisionale di un capo di Stato, malgrado sulla carta la loro carica sia “inferiore”. Chi non lo sa non è un vero lobbista. A questo proposito, il caso da manuale risale all’ottobre 2008, in occasione della riforma della scuola voluta dalla ministra Gelmini. L’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano aveva ricevuto una pioggia di email da parte di genitori, insegnanti e associazioni che gli chiedevano di non firmare la legge di conversione del decreto. Il Presidente era stato costretto a inviare un comunicato per ricordare che “secondo la Costituzione italiana, è il governo che si assume la responsabilità del merito delle sue scelte politiche e dei provvedimenti di legge sottoposti al Parlamento, che possono essere contrastati e respinti, o modificati, solo nel Parlamento stesso”. Le democrazie funzionano così e la rubrica di Telos A&S, dedicata ai sindaci del mondo, serve anche a raccontare questo meccanismo.

 

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