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Più minacce, ma meno risorse. Il paradosso della Difesa europea per il gen. Graziano

Più minacce, ma meno risorse per la Difesa. È il paradosso “rischioso” per l’Unione europea descritto dal generale Claudio Graziano, presidente del Comitato militare dell’Ue, intervenuto lunedì in audizione presso la sottocommissione Difesa dell’EuroParlamento. “Minare o sottofinanziare il progetto di difesa e sicurezza dell’Ue potrebbe avere un serio impatto sulla nostra vita quotidiana”, ha detto il generale.

MINACCE IN AUMENTO

“La pandemia ci ha presentato la necessità di porre l’attenzione sulla nostra disponibilità e capacità di rispondere e gestire situazioni eccezionali e di lavorare sulle soluzioni”, ha affermato Graziano. In altre parole, tra guerra ibrida, cyber e disinformazione, “è chiaro che questa crisi ha amplificato le minacce esistenti”, con “incertezze e sfide che non possono essere affrontate solo con mezzi diplomatici”. Per Graziano “nessuna crisi può essere risolta con azioni militari pure, ma nessuna crisi può essere risolta senza mezzi militari” e “il sostegno militare è più che mai necessario per le sue capacità uniche e la sua capacità di agire dove altri non possono, anche portando la deterrenza necessaria perché altri possano intervenire”. Dopo aver lodato il lavoro che le diverse forze armate dell’Unione hanno svolto (e stanno ancora svolgendo) per supportare le autorità civili nella gestione della diffusione del contagio e aver giudicato positivamente le misure messe durante questi mesi, il consigliere militare dell’Alto rappresentante Josep Borrell ha ipotizzato alcune soluzioni per il controllo delle future emergenze sanitarie: “Con sistemi più efficienti e già sul posto, ad esempio, saremo in grado di fornire più risorse per l’evacuazione, l’assistenza medica o il supporto al Paese ospitante delle nostre missioni e operazioni”.

IL TAGLIO DEL FONDO EUROPEO PER LA DIFESA

Inevitabile il riferimento ai tagli subiti dal Fondo europeo per la difesa (Edf), considerata come una delle iniziative più importanti introdotte dalle istituzioni comunitarie nel settore difesa. In occasione delle lunghe trattative che hanno portato alla decisione dei fondi per il Recovery fund, infatti, il Consiglio europeo ha deciso il dimezzamento del budget comunitario destinato a finanziare progetti di ricerca e sviluppo in campo militare (7 miliardi in sette anni invece dei 13 previsti in precedenza). “Ora, volendo essere positivi e proattivi dobbiamo definire rapidamente come spendere le risorse disponibili”, ha affermato Graziano. “Ci opporremo – ha aggiunto poi – all’impulso di esercitare tagli severi, in quanto ciò sarà dannoso per il nostro livello di ambizione e credibilità”.

LA STRADA DA SEGUIRE PER SODDISFARE LE AMBIZIONI EUROPEE

Per portare avanti quanto stabilito nella strategia globale dell’Unione europea, ovvero quello di rendere l’Ue un provider di sicurezza affidabile su scala globale, e in linea con il concetto dell’ “autonomia strategica” (ovvero la capacità dell’Unione, se necessario, di agire da sola o in una migliore cooperazione con i partner quando possibile), “è fondamentale – ha rimarcato Graziano – incoraggiare gli Stati membri ad adottare piani di acquisizione a sostegno dei principali obiettivi comunitari, sia come singole entità sia come progetti di cooperazione strutturata permanente (Pesco)”. Creata nel dicembre 2017, la Pesco consente agli Stati Ue di collaborare più strettamente nel settore della sicurezza e della difesa. Il prossimo passo è lo Strategic Compass, una bussola strategica che consenta di mettere insieme (e integrare) le linee dei singoli Stati, obiettivi e strategie, così da definire una politica estera e di difesa veramente comune.

Un ampliamento del capitolo missioni e operazioni, tanto nei confini territoriali degli Stati membri quanto all’estero, è stato considerato altrettanto importante per il raggiungimento degli obiettivi comunitari: “i 5 miliardi di euro per il nuovo strumento europeo di pace (la European Peace Facility, ndr) dovrebbero rafforzare la credibilità dei nostri sforzi al fine di promuovere collettivamente la pace e la sicurezza oltre i nostri confini”, ha sottolineato il Generale. D’altra parte, il Consiglio europeo di luglio ha certificato per la Epf (capitolo extra-budget per il periodo 2021-2027) 5 miliardi, rispetto ai 10 previsti all’inizio nella proposta della Commissione.

Fondamentale per la buona riuscita dei progetti europei è la cooperazione con la Nato: il rafforzamento della mobilità militare nel Vecchio continente, le esercitazioni comuni e la sempre più stretta coordinazione del processo decisionale rappresentano solo alcuni dei punti salienti delle due dichiarazioni congiunte firmate dai vertici delle due istituzioni nel 2016 e nel 2018, rispettivamente a Varsavia e a Bruxelles. “Un’Ue più forte – ha aggiunto Graziano – rende la Nato più forte”. Restando sui fondi, però, il capitolo dedicato alla mobilità militare, il tema più caro alla Nato, ha visto una previsione di 1,5 miliardi per sette anni dal Consiglio europeo, rispetto a una proposta iniziale di 6,5.

L’IMPORTANZA DELLA CULTURA STRATEGICA

“Solo impegnandoci in tutte le attività menzionate, con un approccio veramente impegnato e armonizzato da parte degli Stati membri, parlando con una sola voce, saremo in grado – come europei – di costruire una cultura strategica europea della difesa”, ha sostenuto il capo del Comitato militare dell’Unione. La costruzione di questa cultura, che secondo Graziano si dovrebbe tradurre in una comune visione del mondo che sia funzionale alla definizione e alla risoluzione delle minacce e delle sfide comuni, dovrebbe essere alla base del progetto di difesa comune. “Naturalmente, come facilmente comprensibile – ha concluso Graziano – a volte ci possono essere punti di vista nazionali divergenti su quest’ultima questione. Quando decidiamo di intervenire, però, dobbiamo farlo con una quantità e una qualità adeguate dei mezzi: niente di più, ma certamente niente di meno”.

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