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Dal caso Navalny al 5G cinese, cosa (non) torna fra Biden e l’Ue

Autonomia strategica dell’Ue o alleanza delle democrazie? Il bivio dei rapporti transatlantici fra l’amministrazione Biden e Bruxelles richiede una scelta di campo. Cina e 5G, Russia, Iran, un panel dello Iai con Nicholas Burns, Anthony Gardner, Federica Mogherini, Daniela Schwarzer e Nathalie Tocci spiega come risolvere il rebus

Quanto durerà la luna di miele fra l’Ue di Angela Merkel ed Emmanuel Macron e gli Stati Uniti di Joe Biden? È una domanda che iniziano a porsi gli addetti ai lavori da una sponda all’altra dell’Atlantico. L’orchestra delle cancellerie europee ha suonato all’unisono un inno festante all’arrivo del nuovo presidente americano dopo quattro anni di montagne russe con Donald Trump. Man mano che si scende nei dettagli dell’agenda diplomatica condivisa, tuttavia, comincia a sentirsi qualche nota stonata.

Un report di un gruppo di esperti della Harvard Kennedy School (Hks) e del German Council on Foreign Relations (Dgap) presentato lunedì durante un evento dello Iai (Istituto affari internazionali), “Stronger together. A Plan to Revitalize Transatlantic Power”, traccia una prima road-map. Un “new deal” per le relazioni transatlantiche che parte dalla “ricostruzione della fiducia” fra alleati e passa attraverso un ambizioso programma, dalla riforma della Nato a una nuova strategia per contenere Russia e Cina fino a un patto sulle tecnologie critiche. Se in linea di principio si registra una generale sintonia sui principali punti dell’agenda, non mancano distanze sulle priorità e il piano d’azione.

La Conferenza sulla Sicurezza di Monaco di venerdì, primo vero esordio di Biden di fronte ai leader europei, ha confermato i dubbi. Biden parlava di Nato, Merkel e Macron di Difesa europea. Uno lanciava un’“alleanza delle democrazie” contro l’autoritarismo russo e cinese, gli altri l’“autonomia strategica” dell’Ue. Possono stare insieme? “La Nato non sarà indebolita da un mantra – risponde l’ambasciatore Nicholas Burns, professore di Relazioni internazionali alla Harvard Kennedy School, una lunga e decorata carriera diplomatica fra Dipartimento di Stato e Casa Bianca – due parole, Strategic autonomy, che in inglese suonano strane, perché significano “separazione”. Se l’Ue vuole lavorare sulla sua capacità produttiva, oppure aumentare il budget per la Difesa, avrà il pieno supporto degli Stati Uniti. Se l’obiettivo è indebolire la Nato, allora ci saranno incomprensioni”.

Un rischio che Federica Mogherini, già Alto rappresentante per la Politica estera e di sicurezza dell’Ue, vede come remoto. “Per l’Ue la Nato è l’ombrello della sicurezza. C’è scritto nei trattati, nero su bianco, e chiunque voglia negarlo evidentemente non li conosce, o ha altri obiettivi”. Cosa vuol dire, in concreto, autonomia? “Difficile immaginarsi completamente autonomi senza entrare prima o poi in contrasto con il nostro alleato americano, è la domanda del decennio. Possiamo usare l’euro per comprare petrolio e gas iraniano? No, perché le nostre aziende sarebbero colpite dalle sanzioni. Anche se Biden sembra voler cercare un approccio più “corporativo””.

Insomma, la dottrina della Commissione von der Leyen “apre un dilemma”, dice la direttrice dello Iai e moderatrice del panel Nathalie Tocci, “e oltretutto può dare l’impressione di una concentrazione del potere economico in una manciata di Stati membri dell’Ue”. Più ancora della Difesa o del commercio, che pure sono nodi da sciogliere e al più presto con la nuova amministrazione Usa, il fronte tecnologico è quello più spinoso, avvisa Anthony Luzzatto Gardner, già ambasciatore americano presso l’Ue, diplomatico stimato e molto vicino al presidente Biden.

Intelligenza artificiale (IA), 5G, cloud. Qui “autonomia” significa non fare una scelta di campo, e di campi ce ne sono due: Cina da una parte, Stati Uniti dall’altra. “L’Ue fa bene a promuovere la trasparenza delle nostre piattaforme, degli algoritmi dell’IA, a combattere le fake news. Ma è importante che sia un lavoro congiunto. Dobbiamo sviluppare una strategia digitale comune, lavorare alla costruzione di un Consiglio per il commercio e la tecnologia Ue-Usa. E poi batterci per riformare il Wto e porre fine agli abusi di mercato cinesi”.

Senza contare la querelle sulla sicurezza del 5G. “Mi sembra che gli europei siano divisi – dice Burns – gli Stati Uniti si aspettano una politica più chiara nei confronti della Cina. Il Regno Unito, il Giappone, l’India hanno detto no a Huawei, l’Ue ancora niente. Ma intanto ha firmato l’accordo sugli investimenti con la Cina (Cai), la più grande violatrice delle regole del Wto a forza di sussidi e violazione della proprietà intellettuale, un errore”. “Dobbiamo essere consapevoli di quali effetti può avere una competizione sistemica in alcuni settori sensibili – spiega Daniela Schwarzer, direttrice del Dgap – soprattutto nello sviluppo delle tecnologie critiche, la Cina usa questi mezzi per minare la resilienza delle democrazie”.

Sulla via della luna di miele fra Biden e l’Ue c’è infine un ultimo, grande ostacolo. Cosa intende fare l’Europa con la Russia di Vladimir Putin, tornata in cima alla lista degli avversari negli Usa? “Siamo davvero allineati sulla Russia? Io spero di sì, ma non ne sono sicuro – sospira l’ambasciatore Burns – dopo l’attacco hacker a Solar Winds, il tentato omicidio e l’arresto di Alexei Navalny e l’occupazione della Crimea ancora in corso, vedremo se le sanzioni europee resisteranno anche dopo l’era Merkel. Una cosa è certa: il team Biden non ha alcuna intenzione di “resettare” i rapporti con Mosca”.

“Un dialogo con Paesi difficili non deve essere scambiato per una compromissione, anzi – precisa Mogherini – con l’amministrazione Trump è successo l’opposto: di colpo gli Stati Uniti non avevano più un dialogo con questi Paesi né voce per chiedere il rispetto dei diritti umani”. Ci potrebbero essere incomprensioni fra Ue e Usa su come approcciare “Paesi diversamente democratici, per usare un eufemismo”, avvisa Mogherini. Non solo Russia e Cina, ma anche i vicini di casa. “La Turchia, Paese Nato e a un passo dall’Europa, sarà un punto centrale dell’agenda transatlantica”.

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