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Se il cloud catalizza crescita (verde) e cybersecurity. I progetti Cisco

Alla conferenza stampa indetta per presentare il nuovo ad, Gianmatteo Manghi, si è parlato di convergenze tra cloud, cybersecurity, transizione digitale e sostenibile

Oggi il Piano nazionale di ripresa e resilienza sarà spedito a Bruxelles, in linea con i tempi richiesti. Nei circa 44 miliardi di euro destinati alla digitalizzazione (il 25% dell’intero piano) si cela la possibilità di far entrare l’Italia nel millennio digitale a pieno titolo, in un momento storico in cui un’infrastruttura digitale efficiente e la disponibilità di connessione possono fare la differenza tra un Paese competitivo e un Paese condannato alla rincorsa.

“Quello che abbiamo davanti è il periodo di cambiamento più veloce del prossimo millennio”, ha detto Gianmatteo Manghi, il nuovo amministratore delegato di Cisco Italia, alla conferenza stampa tenuta giovedì. Il neodirigente ha identificato accelerazione digitale, sensibilità diffusa sulla sostenibilità e il quadro europeo di coordinamento come le tre direttrici-chiave a cui aderire. Di qui la strategia dell’azienda: “focus sulle persone e le loro comunità, trasformazione cloud e software e la transizione verde e blu, ossia ecologica e digitale”.

Cisco, una multinazionale americana nata e cresciuta in seno al settore telecomunicazioni, ha virato con decisione verso le soluzioni software anni fa. Il settore virtule è cresciuto a dismisura, arrivando a rappresentare più della metà del fatturato dell’azienda nel 2020, prima del previsto. La pandemia ha solamente catalizzato un processo in moto da anni, quello della diffusione del lavoro agile e decentralizzato, e la tendenza va crescendo: per più di metà dei clienti di Cisco, ha detto Manghi, la priorità è il cloud. E a ragione: anche tenendo conto dello sforzo nella direzione della sostenibilità, migrare alle infrastrutture di prossima generazione comporta anche un ritorno economico.

Un rapporto della Fondazione Symbola citato dall’ad ha messo a confronto le aziende che nel 2020 hanno investito in trasformazione digitale e sostenibile e quelle che non lo hanno fatto. Il 20% del primo gruppo è cresciuto in termini di fatturato, contro il 9% del secondo, e ha riscontrato più successo in export e assunzione di personale. E questo accade perchè transizione digitale, transizione sostenibile ed efficientamento vanno a braccetto.

“Enel ha dichiarato che triplicherà nei prossimi 9 anni la generazione [di energia] rinnovabile”, ha detto Manghi; “non c’è nessun modo di aumentar[la] se non digitalizzando la rete di distribuzione per mantenere in equilibrio la domanda e l’offerta di energia. Soprattutto perché le fonti rinnovabili non sono totalmente predicibili”.

Lo stesso discorso vale per la pubblica amministrazione, che trarrebbe un immenso giovamento dal processo di digitalizzazione data la quantità di servizi pubblici cruciali che gestisce, quali acqua, elettricità, trasporti. Per non parlare del potenziamento dei flussi di lavoro possibile grazie al lavoro remoto, che si estende aldilà della PA e aumenta la libertà del lavoratore, tanto che secondo Cisco” il 58% delle persone sarà operativo otto giorni al mese da remoto” e si vorranno appoggiare sulle infrastrutture adeguate.

Da quell’orecchio il governo di Mario Draghi (e del ministro della transizione digitale, Vittorio Colao) ci sente bene. Il Pnrr prevede 10 miliardi di euro per digitalizzazione, innovazione e sicurezza della PA, di cui 1 andrà alla migrazione al cloud, 2 ai servizi digitali per il cittadino, 620 milioni per la sicurezza cibernetica e 570 milioni per la digitalizzazione delle grandi amministrazioni centrali.

La semplicità e la performance delle reti di prossima generazione non può però prescindere dalla sicurezza, ha sottolineato Enrico Mercadante, responsabile delle architetture tecnologiche per il Sud Europa di Cisco. Le soluzioni cloud che prenderanno piede di qui ai prossimi anni – che siano pubbliche, private o un misto – vanno concepite con protocolli di crittazione e innervate di tutele per la sicurezza dei dati dalla loro nascita. Altrimenti la lodevole operazione di decentralizzare forza lavoro e dati (distribuendola nell’edge, i limiti delle reti) non potrà essere viabile.

Manghi ha lodato il Perimetro di sicurezza nazionale, guidato dal professor Baldoni, asserendo che il progetto consente di “continuare a rafforzare la sicurezza delle infrastrutture strategiche del Paese” e “definire una serie di raccomandazioni che possono essere condivise e applicate” anche fuori da esso. Ossia, rendere intrinsecamente sicuri i prodotti. Anche se al completamento del perimetro mancano ancora mesi.

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