È uscito il volume di Durs Grünbein, “Il bosco bianco. Poesie e altri scritti” (Mimesis/Discorso Figura), traduzione e cura di Rosalba Maletta, con una nota di Elio Franzini. Il pubblico italiano ha a disposizione un altro volume di un poeta tra le voci più innovative della poesia in Europa
Nato a Dresda (insieme a Varsavia, una delle due città rase al suolo dai bombardamenti della Seconda guerra mondiale), nel 1962, allora Germania Est, deciso sin da giovane a fare il poeta, Durs Grünbein è una sorta di incontro, per noi italiani, tra la poesia di Pier Paolo Pasolini, Giorgio Caproni e Alda Merini.
La “sua lingua scabra e asciutta” (Rosalba Maletta) è un codice che ci rimanda non solo a una lunga tradizione della lirica, soprattutto novecentesca, ma segnatamente alle inquadrature care al cinema degli anni Venti e Trenta.
Timpani ci si piantarono dinanzi,
quando mettemmo piede nella radura.
Sopra la Fabbrica delle mille torrette
Era un azzurro freddo a perdita d’occhio
(…)
Il volume alterna sezioni in poesia e parti di saggistica. “Il saggio centrale del libro è dedicato a Milano. I milanesi sono ovviamente ‘abituati’ a Milano e dunque spesso non ne colgono pienamente le peculiarità che certo la rendono un ‘unicum’ nel panorama nazionale. Guardandola con altri occhi, anche cinematografici, Grünbein permette di vederla meglio, e di meglio inserirla in una nella storia europea, di ricostruire i luoghi e le tradizioni” (Elio Franzini).
Milano, in realtà, veniva scoperta dal giovane Grünbein, nei cineclub socialisti tedeschi d’oltrecortina negli anni Settanta, grazie alle sequenze di Cronaca di un amore (1950) e La notte (1961) di Michelangelo Antonioni. (Come mai dimentica Miracolo a Milano, 1951, di Zavattini e De Sica?).
L’amore di Grünbein per l’Italia lo conduce, anche, fuori dalla Lombardia, quasi in un disincantato vagare goethiano, nel quale fonde parti di città e i rispettivi nomi, in un evidente esempio di montaggio in dissolvenza incrociata. Valga, in guisa esemplare, la splendida Corso Trieste.
Durs Grünbein
Corso Trieste
A Firenze annotta nella via Roma
A Roma piazza Venezia prende vita.
A Venezia nebbie si insinuano lungo viale Trieste.
Tutte le città sognano l’una dell’altra.
Si chiamano con il nome di un brand e l’eco
riecheggia negli stretti corridoi delle strade.
Via Roma appartiene alle strade più buie
di Firenze, ricca di storie nere.
Anche in estate le ombre là ristagnano, rimuginano
i palazzi cittadini sopra antichi intrighi familiari.
Roma invece è senza vergogna. A piazza Venezia
floscia pende dal balcone la bandiera del Paese.
Sopra l’Adriatico, dalla parte di Trieste
il cielo si è rischiarato. A Venezia, su piazzale Roma,
i pendolari sciamano dai treni del mattino.
Le città attendono ai loro affari.
Adesso non ci sono che questi. Nessuna più si immischia
nelle faccende delle altre.
A Roma uno strider di freni su corso Trieste.
(da Durs Grünbein, Il bosco bianco. Poesie a altri scritti, nota introduttiva di Elio Franzini, a cura di Rosalba Maletta-Mimesis/Discorso Figura, 2020, Milano).
(Foto: Durs Grünbein)