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Né Grillo né Conte. Alfieri spiega la via riformista del Pd

Il Pd deve riscoprire la vocazione maggioritaria ma non deve sottovalutare il nascente partito di Giuseppe Conte. Alessandro Alfieri, senatore e volto di punta dell’ala riformista: avevamo consigliato prudenza, altri hanno cercato scorciatoie. Ora il Pd cammini sulle sue gambe, ma salviamo il salvabile alle amministrative

Non c’è goduria né rivalsa nelle parole di Alessandro Alfieri, senatore Pd in Commissione Esteri, prima linea della corrente di Base Riformista, di fronte al putiferio del Movimento Cinque Stelle. Dalla resa dei conti fra Beppe Grillo e Giuseppe Conte che rischia di deflagrare ciò che resta del partito, dice lui a Formiche.net, “c’è una lezione da imparare, ma per il futuro”.

Adesso mi dirà: l’avevamo detto.

Ma no, in questi momenti avere ragione conta poco. Che sia di insegnamento per il futuro.

Però l’avevate detto: non c’è un solo Movimento.

Ce ne sono tanti, con storie e pulsioni diverse. Sia chiaro, non siamo mai stati contrari a costruire un’alleanza con i Cinque Stelle in vista delle politiche nel 2023, ma sempre con una sana prudenza. In questi anni fra di loro c’è chi alla prova del governo ha vissuto un’evoluzione autentica, chi ha mal sopportato la transizione verso un soggetto politico responsabile.

La vostra è stata una scommessa sbagliata?

Diciamo così: qualcuno poteva essere più attento al travaglio interno ai Cinque Stelle, caricare loro e Conte di un’eccessiva responsabilità è stato un errore. Così come imporre un solo modello di alleanza su tutti i territori, a prescindere dalle precedenti rivalità.

C’era un’alternativa?

C’è ancora. Prima di calare dall’alto uno schema, bisognava sperimentare a livello nazionale la tenuta della coalizione. Con molti grillini abbiamo trovato punti di sintesi, ma la continua ricerca di scorciatoie ci ha impedito di affrontare il nodo della nostra identità.

Sarebbe?

Un partito plurale, riformista, che coltiva la vocazione maggioritaria. Per intenderci, il dna fondativo del Pd con Veltroni. Il passaggio dal governo Conte al governo Draghi ha accelerato tutto, anche da noi. Zingaretti si è dimesso, Letta ha corretto il tiro: prima l’identità del Pd, poi del centrosinistra allargato, poi, per ultimo, il dialogo con i Cinque Stelle.

Insomma, alla fine ha sempre avuto ragione Renzi?

Renzi è un tattico. Quando gli ha fatto comodo ha costruito le condizioni per l’alleanza con i Cinque Stelle al governo. Poi con lo stesso eloquio ha sostenuto la tesi opposta. Noi non rinneghiamo nulla di questo percorso. È stato importante archiviare l’esperienza del governo gialloverde, che ha esaltato l’anima populista del Movimento, e mettere la faccia sul governo Conte-bis, che ne ha valorizzato l’anima pragmatica e di governo.

Chi temete di più alla guida del Movimento: Conte o Grillo?

Per rispetto non entro nelle dinamiche di altri partiti. Mi auguro solo che le tensioni interne non si scarichino sul lavoro che stiamo facendo insieme e tantomeno sulla stabilità del governo. Stiamo finalmente uscendo dalla pandemia, abbiamo la responsabilità del Next Generation Eu. Non è il momento di distrarsi.

Però c’è il rischio di un effetto a cascata sulle amministrative, a partire da Roma.

Nella capitale abbiamo due candidati distinti e siamo concorrenti. Ovviamente, nel caso di un eventuale ballottaggio, vogliamo che ci sia un clima di lavoro costruttivo, a Roma come nelle altre città dove corriamo.

Poi c’è il Quirinale. La faida a Cinque Stelle lancia un assist alle destre?

Abbiamo le amministrative in mezzo, c’è ancora molto tempo.

Conte parla anche al vostro pubblico. È ancora, come diceva Zingaretti, il riferimento dei progressisti?

Conte deciderà legittimamente cosa fare. Il Pd deve fare il Pd, cioè un partito nato con la vocazione maggioritaria.

E se Conte si fa un partito?

Allora ci sarà competizione nella cooperazione. Lo porti pure, se ritiene, all’interno del campo largo del centrosinistra. Noi abbiamo una nostra proposta politica da presidiare. Ho sentito alcuni colleghi dire: non preoccupiamoci, Conte presidia altri temi, come l’ambiente e il ceto medio. E questi non sarebbero nostri temi?

Avete paura di un’opa sul mondo dem?

Nessuna paura. Semplicemente evitiamo di fare regali e sottovalutare una sua iniziativa. Transizione ecologica, sviluppo sostenibile, politiche per il ceto medio sono il nostro core business, casomai qualcuno l’avesse dimenticato.

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