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Un green pass per Palazzo Chigi? La lezione Le Pen per Giorgia Meloni

Dalla battaglia sul certificato verde passa la strettoia che può portare Giorgia Meloni a Palazzo Chigi nel 2023. Già oggi, in Francia, c’è una lezione per la leader della destra italiana. E porta la firma di Marine Le Pen. Il commento di Jean-Pierre Darnis

Un green pass può aprire le porte di Palazzo Chigi? Forse c’è una lezione francese per Giorgia Meloni. E se il sì al certificato verde del governo Draghi si trasformasse in un semaforo verde per entrare nella stanza dei bottoni?

È una scommessa rischiosa e per farsi un’idea non guasta uno sguardo Oltralpe. In Francia la querelle vaccinale ha tagliato come il burro la destra nazionale. Marine Le Pen, condottiera del Rassemblement National e reduce da una deludente tornata elettorale, ha scelto di tenersi alla larga dalla piazza anti green-pass e alla larghissima dalla piazza no-Vax.

È l’ultima puntata della dediabolisation della destra lepeniana in cerca di una legittimazione che, quattro anni fa, è mancata e ha sbarrato la strada per l’Eliseo. A meno di un anno dalle elezioni presidenziali – nonostante il flop alle regionali di giugno, dove è stata adombrata dalla destra gollista – Marine vuole riprovarci.

Il primo passo è recuperare terreno al centro, e dare picche alla piazza populista e no-Vax che da due mesi assedia Macron, adesso in una inedita combutta con i Gilet Jaunes, tornati in grande spolvero. A cavalcarla c’è l’ex braccio destro di Le Pen, Florian Philippot, fuoriuscito dal fu Front National nel 2017, ormai timoniere indiscusso del movimento NoPass, che invoca il “boicottaggio dei locali” che chiederanno il certificato e minaccia di cingere d’assedio l’Eliseo.

Il ragionamento è semplice: schierarsi con le proteste vuol dire blindare i consensi di quel 10-15% che non vuole nessun tipo di restrizione. Ma in un ordinamento in cui conta solo il ballottaggio, condannarsi all’ennesima sconfitta contro la maggioranza “repubblicana” che invece ha ben accolto la mossa macroniana sul certificato verde.

È presto per dire se la strategia moderata di Le Pen la aiuterà a superare, l’anno prossimo, un presidente uscente debilitato e sempre anemico nei sondaggi. Certo l’esperimento è degno di attenzione per una destra che, in Italia, punta allo stesso traguardo.

Se Matteo Salvini ha ingoiato il boccone green pass, sia pure con più di un mal di pancia in casa leghista, la Meloni si ritrova a dover giocare due partite in contemporanea. Da una parte quella che si conviene all’unico partito di opposizione, cioè fare le pulci al governo e cavalcare il dissenso. Dall’altra la partita più lunga, quella che guarda già al 2023 e ha bisogno di una squadra più ampia.

“Le Pen e Meloni sono accumunate da un timore simile. Entrambe vogliono guidare la protesta, ma senza danneggiare la loro constituency più importante: il partito dell’autorità – nota Jean Pierre Darnis, consigliere scientifico dello Istituto affari internazionali (Iai) – forze armate, forze di polizia, chiunque vigili sull’ordine. La Meloni però è più propensa a cavalcare l’onda perché è l’unica leader di opposizione”.

Dopotutto il green pass non è altro che questo. “Un atto di ordine, di autorità. Anzi di autorevolezza. La scelta di Macron è stata ben percepita da una parte della destra così come della sinistra francese. Philippot può permettersi di inneggiare alla rivoluzione popolare, con richiami di stampo neo-fascista quando parla di rivoluzione anti-elitaria, perché ha poco da perdere. Numeri alla mano, resta un personaggio molto marginale della politica francese”.

Le Pen, come Meloni, ha invece da perdere moltissimo. Più ancora che Macron, fotografato dai sondaggi a una distanza per nulla astrale dalla leader del RN, a far paura al ballottaggio è il centrodestra “classico” di Xavier Bertrand, ex ministro di Chirac e Sarkozy. Qui il paragone con l’Italia si fa più inclinato, perché, a differenza del variopinto campo della destra francese, non esiste un partito dichiaratamente moderato e centrista in grado di raccogliere tanti consensi.

La posta in gioco resta nondimeno altissima. Perché l’apolidia dei moderati italiani dovrebbe far gola a un partito, Fdi, che viaggia al 20% e reclama la guida del centrodestra. Corteggiare la piazza no-pass e la fronda più estrema della piazza no-Vax è allora doppiamente rischioso. Tanto più perché, come in Francia, si tratta di piazze affollate e trasversali, dove le estreme si incontrano come affluenti di un solo fiume, di qui la destra oltranzista, di là la sinistra anti-sistema.

“La coagulazione dei due opposti movimenti nella stessa protesta è ormai una realtà di fatto in Francia – dice Darnis – chi ha provato a farne un punto di forza alle amministrative è rimasto deluso. Se qualcuno pensa di seguire la stessa strada in vista delle amministrative italiane e poi delle politiche, non può dire di non essere avvisato”.

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