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Tra crisi energetica e inflazione, i consigli di Micossi a governo e Bce

Intervista all’economista e direttore generale di Assonime. Il problema dei prezzi dell’energia per le imprese è serio, non bastano interventi per compensare le aziende dei maggiori costi. Serve ripensare le fonti, estrarre il gas e perché no, immaginare anche un futuro con il nucleare. Dalla Bce troppo ottimismo, questa inflazione non è transitoria

Non bastano interventi spot, seppur tempestivi, contro un nemico come l’inflazione. Sarebbe come andare in battaglia con le cerbottane. Se l’Italia vuole davvero allontanare lo spettro di una crisi energetica potenzialmente devastante, deve correre ai ripari, ora e subito. Il 2022 delle imprese italiane è cominciato sotto il segno dell’impennata dei costi delle materie prime, a cominciare dall’energia. Si spende il doppio, il triplo del normale, per produrre. E così i ricavi finiscono assorbiti dalla bolletta. E lo stesso vale per le famiglie.

Se a questo si aggiunge anche la futura, inevitabile, stretta monetaria ad opera della Bce, che renderà il denaro più costoso e il debito italiano più esposto alle turbolenze dei mercati, ecco che l’Italia del 2022 e coi palazzi in piena manovra per il Quirinale ha già due problemi non da poco. Formiche.net ne ha parlato con Stefano Micossi, economista e direttore generale di Assonime, l’associazione delle spa.

L’Italia e le sue imprese stanno affrontando una crisi nella crisi. Il rincaro dell’energia che vanifica gli sforzi fin qui compiuti. Quanto è grave il problema?

Il problema dell’aumento dei costi dell’energia è un problema molto serio, soprattutto per quelle aziende che hanno margini e dimensioni ridotti. La storia fornisce sempre qualche lezione. Questa situazione è molto simile agli shock petroliferi dei primi anni 70, con i prezzi delle materie prime legate al petrolio. Allora, reagimmo cercando di fermare gli aumenti ma senza modificare la struttura produttiva. E oggi onestamente seguire quella strada non è una buona idea.

E allora quale potrebbe essere una risposta adeguata al problema?

La ricetta giusta non esiste. Ma si possono fare delle scelte di campo, quelle sì. Pensiamo ai sostegni per calmierare i prezzi e aiutare le imprese, vanno bene, ma funzionano solo ed esclusivamente se gli aumenti sono temporanei. Se sono di lungo periodo allora la musica cambia. Vede, l’Europa si è imbarcata nel Green new deal, la Germania ha abbandonato il nucleare. Bene, ma allora dove prendiamo l’energia? L’Italia deve rivedere la sua politica energetica, questa è la verità e smetterla di essere dipendente dagli altri. Non basta compensare le imprese dei maggiori costi.

Micossi, lei ha citato il nucleare. In Italia, si sa, fa sempre un certo effetto…

Mi scusi ma questa volta ci metto anche il nucleare. Non possiamo pensare di combattere i rincari a suon di sostegni alle imprese. Dobbiamo ripensare alle nostre fonti di energia, eccolo il punto. Possibile mai che non riusciamo nemmeno a usare il gas che abbiamo nel sottosuolo e questo per l’opposizione di qualche forza politica? E invece lo andiamo a comprare all’estero. Guardi, qui nessuno ha la bacchetta magica, ma ripensare la nostra politica energetica è il punto di partenza.

Quando si parla di fenomeni transitori, non è possibile non pensare all’inflazione. Le banche centrali, chi prima e chi dopo, hanno cominciato ad azionare il freno, lei che dice?

Temo che queste spinte inflazionistiche non siano così temporanee come qualcuno crede. Non c’è dubbio che le pressioni sui salari aumenteranno e la compressione sul potere d’acquisto delle famiglie non sarà banale. L’idea che l’inflazione evapori in primavera con la fine di certe strozzature non mi convince. L’inflazione diminuirà, ma non sparirà.

E allora la Bce dovrà mettere mano al famoso tapering

Io lo dico da un po’ di tempo, c’è stato troppo ottimismo da parte della Bce sull’inflazione. Il rischio è che poi ci sia un contraccolpo più forte, quando si inverte la rotta. Una politica troppo lasca e per lungo tempo poi, quando finisce, potrebbe avere impatti più forti sulle economie, mettendo a rischio la stessa ripresa economica.

Certamente, un repentino rialzo dei tassi collaterale alla chiusura dei programmi pandemici esporrebbe il debito italiano alle turbolenze dei mercati, sguarnito dell’ombrello della Bce…

Diciamo che in considerazione della speciale fragilità italiana, l’impostazione di politica economica seguita dal governo, finora poco concentrata sulla riduzione del debito pubblico, potrebbe diventare sempre più esposta ad eventuali tensioni che emergessero sui mercati finanziari per effetto dell’innalzamento del livello dei tassi d’interesse, già cominciato in alcune economie avanzate e destinato a manifestarsi nei prossimi mesi anche negli Stati Uniti.

 

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