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Lo streaming vola e la tv cambia volto. I numeri in Italia e nel mondo

La pandemia ha accelerato un percorso che stava già avvenendo da tempo, per cui il pubblico, soprattutto i nativi digitali, preferisce modalità di fruizione che non abbia vincoli di orario, di luogo e di dispositivo. Ecco tutti i dati del settore Media & Entertainment, a cominciare dal +42,5% di abbonati alle piattaforme streaming in Italia

Tre anni che hanno cambiato il volto della televisione. Tre anni, 2018-2021, durante i quali il mondo dell’intrattenimento si è modificato velocemente sia in Europa sia nel resto del mondo.

Secondo un’indagine dell’Area Studi di Mediobanca, le principali compagnie internazionali di Media & Entertainment nei primi nove mesi del 2021 sono cresciute del 13,7% rispetto allo stesso periodo del 2020.

I servizi streaming hanno aumentato i ricavi del 25,8%, mentre le pay Tv tradizionali hanno registrato un recupero di +3,6%, confermando che le scelte dello spettatore si dirigono prevalentemente verso l’on demand. Netflix si attesta in prima posizione con 214 milioni di abbonati, seguita da Disney e i suoi 179 milioni e Warner Media con 69 milioni.

La pandemia si può dire che abbia accelerato un percorso che stava già avvenendo da tempo, per cui il pubblico, soprattutto i nativi digitali, preferiscono modalità di fruizione che non abbiano vincoli di orario, di luogo e di dispositivo (whenever, wherever and on any device).

I NUMERI IN ITALIA

Nel 2020 in generale il settore radiotelevisivo ha visto un trend calante che ha segnato un giro d’affari di 8,1 miliardi di euro (-6,6% sul 2019), con un -22,7% della radio, -7,2% televisione in chiaro e -2,3% della tv a pagamento.

È interessante il dato di quest’ultima però che registra una frenata per la Pay tv tradizionale, -8,5%, ma gli abbonati allo streaming sono cresciuti del 42,5%.

Il nostro Paese ha ancora una concentrazione del settore nelle mani di tre operatori televisivi che sono Sky, Rai e Mediaset che hanno più dell’80%. In termini di fatturato è Sky che detiene il podio con 2,8 miliardi di euro, seguita da Rai, 2,5 miliardi, e Mediaset 1,8 miliardi.

Netflix ha già oltre 4 milioni di abbonati (quasi triplicati rispetto al 2018), numeri che “hanno consentito all’operatore S-Vod (Subscription Video on Demand) di sviluppare nel nostro Paese un giro d’affari stimato attorno ai €300 milioni nel 2020 (+70% sul 2019 e +160% rispetto al 2018), con una proiezione verso i €450 milioni nel 2021”, sostiene lo studio di Mediobanca.

Grazie al passaggio al digitale terrestre di seconda generazione, il switch off, che è appena iniziato e che si prevede si concluderà nel 2023, per l’intero 2021 è stimata una crescita dell’8% dei ricavi complessivi dei principali operatori italiani del settore (Fonte Auditel-Censis).

Le Smart Tv nel luglio 2021 hanno superato quota 15 milioni (+46,6% sul 2019) e le televisioni nelle case degli italiani sono 43,1 milioni (Fonte Auditel-Censis). Ancora da colmare il gap tecnologico delle reti.

Secondo Desi Report 2021 e Samsung Ads il divario tra streaming e televisione generalista si sta assottigliando. A fine giugno 2021 gli italiani trascorrevano in media 1 ora e 52 minuti al giorno sulla tv lineare e 1 ora e 32 minuti in streaming. Un +43% per lo streaming rispetto al +29% della Tv lineare, rispetto a gennaio 2020.

L’EUROPA E IL CANONE

Il giro d’affari maggiore del settore radiotelevisivo si riscontra in Germania, 8,5 miliardi di euro, segue la Gran Bretagna (€6,7 miliardi) e Francia (€3,6 miliardi).

L’Italia in confronto agli altri Paesi ha il canone unitario più basso, inferiore anche alla media europea (€0,25 al giorno per abbonato contro i €0,34 medi). Il canone è più alto per la tv tedesca (€0,58 giornalieri), britannica (€0,48) e francese (€0,38).

La quota del canone ordinario, 90 euro per l’Italia dal 2017, che viene incassata dalla Rai è pari a circa l’86% di quanto pagato dall’utente (era il 93% nel 2013) e in termini assoluti, lo Stato italiano trattiene un importo complessivo di circa 290 milioni di euro.

NETFLIX E LE AZIONI IN BORSA

Se lo streaming sta inesorabilmente cambiando la fruizione dello spettatore e vola verso numeri da capogiro, dall’altra parte si deve notare come ci siano segnali precisi dal mercato.

A fine gennaio infatti Netflix, dopo aver annunciato il resoconto del quarto trimestre 2021, ha visto perdere più del 20% in borsa delle sue azioni. Netflix prevede di aggiungere 2,5 milioni di abbonati, quasi la metà della stima di Wall Street. “I consumatori hanno sempre avuto molte scelte quando si tratta del loro tempo di intrattenimento. Tuttavia, negli ultimi 24 mesi la competizione si è intensificata in quanto diverse società di intrattenimento hanno aumentato la propria offerta di streaming”. Queste le parole della società nella lettera agli azionisti. È quindi la concorrenza che influenza gli abbonamenti per il futuro ammette il colosso.

UNA NUOVA IDEA DI PALINSESTO

È anche molto importante capire come chi lavora ai progetti televisivi e all’offerta, ormai sovrabbondante, debba fare i conti con una presentazione di palinsesti e programmazioni che non sono più prerogativa della generalista.

Anche l’on demand, che vede lo spettatore parte attiva del mezzo scegliere ciò che vuole e quando vuole, si ritrova a dover offrire delle chiavi di scelta. Perché come si legge in un interessante recensione di Wired del libro di Luca Barra, professore associato al Dams di Bologna e autore di “La programmazione televisiva. Palinsesto e on demand” (Laterza), dietro il palinsesto c’è una continua rimodulazione, moltiplicazione, fluidificazione in cui lo spettatore viene guidato alle scelte finali e anche alle attese per singoli eventi, come le maratone di film, di serie tv o gli stessi canali tematici che durano periodi ristretti.  Guardare la televisione, spiega Barra nel suo saggio, è un “gesto automatico, solo apparentemente semplice e dato per scontato nel corso degli ultimi decenni e si è ulteriormente arricchito di possibilità e implicazioni”.



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