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Twitter, Dsa e diritto dell’informazione. Scrive Razzante

Elon Musk acquista Twitter, la Declaration for the Future of the Internet e il Digital services act (Dsa). Sono solo tre delle novità delle ultime settimane che confermano quanto le regole dell’ecosistema digitale siano prioritarie per il futuro del pianeta. L’intervento di Ruben Razzante, docente di Diritto dell’informazione all’Università Cattolica di Milano e autore del “Manuale di Diritto dell’informazione e della comunicazione” (ed. Wolters Kluwer, aprile 2022), giunto alla nona edizione

Elon Musk vuole comprare Twitter e qualcuno paventa ripercussioni sulla libertà d’espressione. Stati Uniti, Unione europea e altri 32 Stati extraeuropei firmano la “Declaration for the Future of the Internet”, documento che attesta l’impegno di questi soggetti a favore di “un singolo internet globale, che sia davvero aperto e che promuova la competizione, la privacy, il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali di tutte le persone”, insieme a un “libero flusso dell’informazione” e una “connettività inclusiva e sostenibile, in modo che tutti possano beneficiare dell’economia digitale”.

Parlamento europeo e Consiglio europeo hanno trovato un accordo sulla proposta di Digital services act (Dsa), presentata dalla Commissione Ue nel dicembre 2020 per introdurre garanzie più forti per gli utenti di Internet e maggiori responsabilità per i gestori delle piattaforme web e social, e che potrebbe diventare al più presto legge, per poi entrare in vigore 15 mesi dopo la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale europea, quindi non prima del 2024. Sono solo tre delle novità delle ultime settimane, che confermano quanto le regole dell’ecosistema digitale siano prioritarie per il futuro del pianeta e delle comunità e quanto sia repentino l’aggiornamento del quadro regolatorio nell’ambito della Rete.

L’iniziativa di Elon Musk è di certo la più sorprendente delle tre notizie, perché le altre due erano prevedibili e figlie di un’attività preparatoria che dura da anni. Invece il capo di Tesla e di SpaceX è uscito allo scoperto più o meno all’improvviso dimostrandosi interessato ad acquistare la piattaforma e ora si sente ancora più forte perché può contare sul robusto finanziamento di Morgan Stanley. Sarebbe pari a 44 miliardi di dollari il costo dell’operazione, che però deve ancora ottenere il sostegno degli azionisti e il via libera dell’autorità di regolamentazione. Il modello di business che la persona più ricca al mondo vorrebbe adottare è imperniato sugli abbonamenti (anziché sulla raccolta pubblicitaria) e sulla riduzione della moderazione dei contenuti a un minimo legale. Più libertà di parola, quindi, secondo alcuni. Tanto più che nei piani del capo di Tesla ci sarebbe anche l’idea di rendere open source il software e consentire alle persone di vedere come vengono gestiti i post e perfino di consigliare modifiche. Ma questa visione liberale spinta di Elon Musk è compatibile con l’esigenza di un sano bilanciamento tra esercizio della libertà d’espressione e tutela dei diritti della personalità e contenimento dei fenomeni di hate speech e diffusione di fake news?

Un ecosistema digitale a briglie sciolte non rischia di far crescere il livello di tossicità dei contenuti pubblicati e diffusi, provocando devastanti violazioni della dignità delle persone e moltiplicando reati, abusi e soprusi? Il rischio c’è ed è per questo che la sfida più avvincente per il diritto dell’informazione rimane quella della definizione di un quadro regolatorio equilibrato, in grado di disegnare il perimetro virtuoso di un nuovo umanesimo digitale, fatto di diritti, doveri, autodisciplina, cultura, educazione, consapevolezza. La Rete, anche grazie a norme incisive e illuminate, può diventare più inclusiva, democratica, al servizio di cittadini, imprese e istituzioni, declinando con prudente consapevolezza i concetti di libertà e responsabilità.

I segnali incoraggianti in questo senso non mancano. Dopo l’emanazione, tre anni fa, della direttiva 2019/790 sul copyright, che sta conoscendo una graduale attuazione nei singoli Stati a seguito dell’emanazione di norme di recepimento, si avvicina l’approvazione definitiva del Digital markets act (Dma) e del Digital services act (Dsa), che combattono le posizioni dominanti e ampliano le tutele per gli utenti e i vincoli per le piattaforme web e social, chiamate a operare in maniera più efficace e risoluta nelle azioni di contrasto alla disinformazione, all’hate speech e alla diffusione di contenuti dannosi on line. I colossi della Rete dovranno rendere più facile per gli utenti segnalare i problemi e saranno chiamati a supportare le autorità di regolamentazione nel punire l’inosservanza delle norme. Una sorta di “Santa Alleanza” per il bene di tutti gli internauti e per la crescita della democrazia digitale.

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