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I conti salati dell’Italia del no, le bollette e la solidarietà europea. Scrive Clini

In molti hanno osservato che le tensioni sul prezzo del gas sono precedenti alla guerra in Ucraina, ma non c’è dubbio che con una elevata capacità di produzione nazionale e con EastMed il costo della bolletta per gli italiani sarebbe diverso. L’intervento di Corrado Clini, già ministro dell’Ambiente

“L’inaffidabilità e l’ambientalismo ideologico hanno un costo salato. Lo dimostra la penale di 190 milioni che lo Stato italiano, cioè tutti noi cittadini, dovremo pagare alla società titolare dal 2014 della concessione di Ombrina Mare, in Abruzzo, che avrebbe dovuto sfruttare un giacimento di gas ma che è stata fermata”. Ha ragione Vannia Gava, sottosegretario del ministero della Transizione Ecologica. Ma 190 milioni sono una “bazzecola” nei confronti dei danni provocati dal blocco di Ombrina e delle attività estrattive.

Quando nel gennaio 2013 il ministero dell’Ambiente aveva formulato il giudizio positivo di compatibilità ambientale, dando il via alla procedura per la concessione di Ombrina Mare, ero stato accusato di essere complice delle società petrolifere e denunciato al Tribunale dei ministri. La valutazione ambientale era stata finalizzata ad assicurare il rispetto delle rigorose misure di precauzione per le attività di esplorazione petrolifere nel mare previste dalla legge italiana, la più restrittiva al mondo, e di quanto stabilito dal “Decreto Sviluppo” (legge 134 del 2012). La decisione su Ombrina faceva dunque convergere due esigenze prioritarie per l’Italia: da un lato proteggere l’ambiente marino, e dall’altro riprendere l’attività estrattiva per accrescere la produzione nazionale di idrocarburi e gas in particolare.

Insomma un modello di “sviluppo sostenibile” replicabile ai progetti necessari per recuperare la capacità estrattiva di gas naturale scesa da 21 miliardi di metri cubi nel 1992 a circa 6 miliardi nel 2011.

Il gas naturale era considerato il “combustibile di transizione” verso le emissioni zero, e il necessario back-up di supporto alla crescita delle fonti rinnovabili per garantire la continuazione della produzione di elettricità, come avevamo previsto nella Strategia Energetica Nazionale del marzo 2013. L’aumento della produzione di gas avrebbe inoltre consentito all’Italia una maggiore indipendenza energetica e comunque una più elevata capacità contrattuale nei confronti dei fornitori esteri. Il blocco delle attività estrattive ha messo l’Italia in una condizione di grande dipendenza dalla Russia, aggravata dalla decisione del governo Conte 1 di uscire dal consorzio europeo e il conseguente blocco di EastMed, il gasdotto destinato a rifornire la rete europea – attraverso la Grecia e l’Italia – con 20 miliardi di metri cubi dai giacimenti offshore di Israele e Cipro.

In molti hanno osservato che le tensioni sul prezzo del gas sono precedenti alla guerra in Ucraina, ma non c’è dubbio che con una elevata capacità di produzione nazionale e con EastMed il costo della bolletta per gli italiani sarebbe diverso. E questo è il prezzo salato che stiamo pagando all’Italia del NO senza alcun vantaggio ambientale, anzi con i danni ambientali connessi alla ripresa dell’uso del carbone. Ma va anche rilevato che l’Italia del NO è l’azionista “inconsapevole” degli extraprofitti delle compagnie energetiche dello Stato che traggono vantaggio dalla speculazione internazionale sul prezzo del gas.

Un altro conto salato dell’Italia del NO è quello che paghiamo per l’incredibile gestione dei rifiuti di mezza Italia. Non solo perché dal 2015 abbiamo pagato alla Commissione europea una multa di 450 milioni€ per la malagestione dei rifiuti della Campania, ma anche perché i nostri rifiuti sono esportati a caro prezzo (fino a 300€/tonnellata) in Paesi europei che li utilizzano per produrre elettricità e calore, perché in mezza Italia l’uso energetico dei rifiuti non sarebbe sostenibile.

Gli italiani pagano il prezzo di questa follia, mentre crescono i profitti della speculazione nel mercato del “turismo europeo” dei rifiuti. Qualche suggerimento su un percorso per la sicurezza energetica e la riduzione dei costi nei tempi brevi:

• È urgente fare chiarezza sul costo del gas, ed è necessaria la trasparenza dei conti delle compagnie energetiche partecipate compresi quelli delle intermediazioni sui mercati esteri.
• Il costo dell’elettricità va separato dal costo del gas, per dare evidenza e trasparenza ai costi effettivi legati alle diverse fonti di energia. E’ una scelta nazionale, che può essere condivisa in sede europea. Ma la mancanza di una decisione europea non può essere il motivo per evitare una decisione nazionale.
• I rigassificatori devono essere realizzati con procedura semplificata.
• La ripresa delle attività estrattive è il segnale del cambio di passo che l’Italia deve dare all’Europa e al mercato del gas. Rispetto rigoroso delle normative ambientali e procedure chiare sono la condizione necessaria. A questo fine è opportuna una revisione o “interpretazione autentica” del PITESAI, per superare incertezze e contraddizioni che limitano la ripresa delle attività.
Avendo sempre presente che senza il nucleare il gas naturale è attualmente l’unico back-up a basse emissioni per lo sviluppo delle fonti rinnovabili in Italia.

• Considerando sia le difficoltà della rete elettrica ad assorbire l’aumento di produzione di elettricità da fonti rinnovabili sia la ancora bassa capacità di accumulo, è opportuno incentivare prioritariamente sia l’autoconsumo sia le comunità energetiche rinnovabili per una generazione diffusa con ridotta dipendenza dalla rete.
• L’utilizzazione energetica dei rifiuti deve diventare un obbligo nazionale senza deroghe, per contribuire alla sicurezza energetica dell’Italia ed alla eliminazione dei danni all’ambiente provocati da discariche e contaminazioni dei suoli.

• Va data concretezza alla solidarietà europea per dare attuazione al “pacchetto” REPowerEU”, con priorità per alcune misure urgenti:

– la piattaforma per gli acquisti comuni di gas, ovvero l’assunzione da parte dell’Europa del ruolo di cliente unico per l’acquisto del gas destinato ai singoli Stati Membri. Questa è la condizione per un effettivo “price cap”;
– la programmazione coordinata delle misure di efficienza energetica e di riduzione dell’erogazione dell’elettricità negli Stati Membri, in aggiunta a quanto già stabilito, assicurando in tutti i paesi la priorità della continuità delle forniture alle attività produttive, agli ospedali, alle università ed alle scuole, ai trasporti ferroviari.

• EastMed dovrebbe essere nell’agenda delle misure urgenti per la sicurezza energetica dell’Europa, pur consapevoli delle diverse valutazioni di Usa e Turchia.

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