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Cosa porta l’Iran nell’Indo Pacifico?

Teheran sta aumentando la propria attenzione all’Indo Pacifico. L’Iran cerca spazi in un quadrante in cui può muoversi, limitatamente e grazie alla sponda cinese

La notizia del possibile schieramento di un gruppo navale iraniano nell’Indo Pacifico per il momento non è confermata. Si parla comunque di un dispiegamento leggero, la fregata “IRIS Dena” e il tanker di supporto “Makran”, inviati non è chiaro in quale porzione di quella vastissima regione. Tutto è tuttavia interessante per annotare come anche Teheran inizia ad avere interesse verso quel lato di mondo.

È possibile ipotizzare qualche esercitazione congiunta, principalmente con la Cina. Ce ne sono già state in passato, alcune nel Mar Arabico, dove la regione del Mediterraneo allargato si fonde con l’Oceano Indiano (e dunque con l’Indo Pacifico). Attività che per altro sarebbero in linea con l’indicazione strategico-militare dettata dalla Guida Suprema, Ali Khamenei, che qualche anno fa disse che l’Iran avrebbe dovuto aumentare “gli scopi operativi” della marina e sviluppare “capacità preventive navali”.

La dottrina navale iraniana è cambiata da dopo la guerra con l’Iraq, e sebbene l’interesse generale resti focalizzato sul Golfo Persico (anche per ragioni di potenzialità e capacità operative), lo sviluppo è in corso. Qualche settimana fa, per esempio, Teheran aveva annunciato ufficialmente la creazione di un’unità porta-droni (uno dei prodotti tecnologicamente più sviluppati della panoplia iraniana) e che questa era in posizionamento nell’Oceano Indiano.

Teheran ha allungato gli occhi su quello che sarà il cuore pulsante delle relazioni internazionali, l’Indo Pacifico, e cerca qualche spazio oltre il Golfo dell’Oman. La fascia di interesse più diretto è certamente la Indo Ocean Region (IOR) dove la Repubblica islamica vede la sua proiezione marittima messa a rischio dal cosiddetto Middle Eastern Quad, il raggruppamento operativo I2U2 che India, Israele, Stati Uniti ed Emirati Arabi Uniti hanno creato.

La cooperazione sull’asse Nuova Delhi-Abu Dhabi-Tel Aviv comprime la sfera geopolitica marittima iraniana – anche perché gli emiratini sono piuttosto proiettati in quella fascia geografica (e dunque geopolitica).

Inoltre l’Iran nella regione ha un altro genere di interesse diretto e indiretto: la Cina. Gli Stati Uniti hanno individuato l’Indo Pacifico come primo, grande anello di contenimento della crescita di Pechino, e su questo stanno facendo ruotare una serie di dinamiche. Gli alleati americani come i Paesi europei sanno che la loro presenza nel quadrante è funzionale in parte ai propri interessi, ma in parte alla strategia statunitense. Allo stesso modo, l’Iran sa che essere nell’Indo Pacifico serve a se stesso, ma anche alle relazioni con la Cina.

Teheran sta cercando di implementare i rapporti con Pechino: tra i due Paesi c’è un grande accordo commerciale che, sebbene sia molto spinto dalla narrazione, ha dei limiti; per esempio, la Cina è un cliente del petrolio iraniano, ma attualmente sta preferendo quello russo perché viene venduto a prezzi scontati da Mosca (che ha la necessità di bypassare in qualche modo le misure restrittive imposte da Usa e Ue dopo l’invasione ucraina).

L’Iran vuole mantenere attiva il più possibile questa linea di fornitura, anche perché è l’unica di rilievo che non si cura delle sanzioni statunitensi. Contemporaneamente vuole, in senso più generale, evitare che sulla scia delle attività che gli Stati Uniti stanno implementando con i partner regionali, le esportazioni energetiche iraniane verso gli Stati dell’Indo-Pacifico vengano influenzate negativamente.

L’Iran si sente accerchiato dagli Stati Uniti e dai suoi alleati mediorientali, e quindi allinea naturalmente i suoi interessi con quelli dei rivali americani – Russia e Cina. Certe posizioni sono frutto della necessità e volontà strategica di non porre la Repubblica islamica in una posizione subordinata all’Occidente. Da qui nasce la recente giustificazione di Khamenei alla guerra russa in Ucraina (dichiarata durante una visita a Teheran di Vladimir Putin) o le dichiarazioni sulla sovranità cinese riguardo a Taiwan diffuse martedì 2 agosto, mentre a Taipei atterrava (tra polemiche e minacce cinesi) la Speaker della Camera statunitense, Nancy Pelosi.

Ancora: in risposta all’aumento delle attività del Quad (la partnership tra India, Usa, Giappone, Australia), all’inizio del 2022 ci sono state esercitazioni navali Russia-Cina-Iran, che nello storytelling ufficiale riprendevano i concetti di libera navigazione e antipirateria che Washington e alleati portano avanti. Inoltre, la Marina iraniana ha già fatto scalo nel 2013 a Zhangjiagang, un porto cinese nel Pacifico, ampliando così il suo raggio d’azione.

L’Iran vuole dimostrare di essere in grado di muoversi anche nell’Indo Pacifico. Serve anche a raccontare che nonostante le sanzioni statunitensi collegate allo stallo del Jcpoa lo limitino a livello economico (e politico-diplomatico) in Occidente, può trovare altri sbocchi. Nella regione l’influenza iraniana è piuttosto limitata, ma Teheran sta lavorando per aumentare il raggio d’azione della sua potenza – un lavoro che non può essere troppo indipendente, o competitivo, rispetto la Cina.

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