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Accordi di Abramo e Iran. Si lavora a un Cyber Iron Dome

Di Gabriele Carrer ed Emanuele Rossi

I vertici cyber di Israele, Bahrein, Emirati Arabi Uniti e Marocco si sono riuniti per la prima volta. Presenti anche i rappresentanti di Oman e Kuwait. È la prima volta che una riunione simile vede coinvolti assieme i quattro. Ecco i temi sul tavolo

Israele e i Paesi arabi che hanno firmato gli Accordi di Abramo hanno iniziato a discutere una piattaforma di cooperazione contro le minacce in campo cibernetico. I vertici della cybersicurezza di Israele, Bahrein, Emirati Arabi Uniti e Marocco si sono riuniti la scorsa settimana in Bahrein (che spesso opera anche per conto dell’Arabia Saudita) per affrontare il tema del cosiddetto Cyber Iron Dome. È la prima volta che una riunione del genere vede coinvolti assieme i quattro. Un’occasione che sembra nascere dalla già importante cooperazione in materia tra Israele ed Emirati Arabi Uniti. Presenti anche i vertici cyber di Oman e Kuwait, due Paesi che spesso — soprattutto il Kuwait — vengono menzionati tra i potenziali nuovi firmatari degli Accordi di Abramo.

Il punto di partenza potrebbe essere una piattaforma tecnologica congiunta per consentire la condivisione di informazioni su minacce, attacchi e strumenti di difesa, nonché su programmi di formazione. Gaby Portnoy, direttore generale dell’Israel National Cyber Directorate, ha spiegato all’emittente Kan: “Si tratta di un incontro storico, una dichiarazione delle parti sulla cooperazione in campo cibernetico contro i nemici comuni. Un’altra pietra miliare nello sviluppo di un Cyber Iron Dome regionale”. I quattro funzionari dovrebbero incontrarsi nuovamente a breve, probabilmente in Israele.

Israele e Iran sono impegnati da anni in una guerra informatica in gran parte clandestina che di tanto in tanto viene alla luce. I funzionari israeliani hanno accusato l’Iran di aver tentato di hackerare il sistema idrico israeliano nel 2020, mentre Teheran ha puntato il dito contro Gerusalemme per gli attacchi informatici alle infrastrutture del Paese. A inizio mese, Israele e gli Stati Uniti hanno tenuto la settima e più grande esercitazione cyber mai condotta insieme a fronte anche della minaccia iraniana.

È possibile che anche gli altri Paesi degli Accordi di Abramo chiedano cooperazione in materia cibernetica davanti alla minaccia iraniana. Ma è anche possibile che questo forte accento sull’Iran sia stato posto proprio da Israele per forzare la mano agli altri Stati coinvolti. Infatti, a due anni dalla firma gli Accordi di Abramo stanno dando frutti per quanto riguarda economia, commercio, investimenti e sicurezza, in particolare. Ma rimangono distanze che impediscono il salto di qualità politico. Una è la questione israelo-palestinese. L’altra è proprio l’Iran.

Come raccontato nei mesi scorsi su Formiche.net, parlando per ipotesi, anche se Israele fosse pronto a uno scontro frontale con l’Iran, Emirati e Bahrein (ma anche Arabia Saudita e Kuwait) cercano invece forme di distensione tattica, perché sono consapevoli di non avere forza difensiva (o offensiva) davanti a una guerra con l’Iran e temono il rischio di sommosse sciite all’interno alle proprie collettività che potrebbero destabilizzare quelle monarchie.

D’altronde, dell’importanza di “portare gli Accordi da una fase iniziale a una vera e propria operatività” ha parlato anche Tom Nides, ambasciatore statunitense a Gerusalemme, annunciando che a gennaio si terranno a Tel Aviv i primi Abraham Accords Esports Peace Games. Il diplomatico, co-presidente dei giochi, ha definito gli Accordi di Abramo “fondamentali per la stabilità e la prosperità della regione” e uno dei modi per farli avanzare è “la creazione di legami interpersonali: più le persone si capiscono, più è facile risolvere i problemi. Soprattutto tra i giovani”.

Il tema tecnologico, a cui si collega strettamente la cyber-security e la protezione del cyber-warfare, è uno di quelli dove la cooperazione può essere più spinta, sia per interesse statunitense — che vogliono costruire standard condivisi con gli alleati anche per tenerli lontani dalle tentazioni dei rivali, come la Cina — sia perché quei Paesi sono particolarmente lanciati verso i settori hi-tech e forme di sviluppo digitale. Vale per lo Start-Up State israeliano, ma anche per gli Emirati — che puntano a essere un hub dell’AI nel giro dei prossimi dieci anni — e del Marocco.

Sviluppare questi sistemi condivisi sarà cruciale per rendere maggiormente resilienti i processi di digitalizzazione in corso in quei Paesi. Ma sarà anche fondamentale come base per implementare scambi di informazioni e processi di command&control connessi a temi securitari come la Middle East Air Defense Alliance, dove i Paesi degli Accordi di Abramo — e probabilmente l’Arabia Saudita, forse il Qatar — si troveranno a condividere la protezione dei cieli, che passa inevitabilmente dalla protezione dei sistemi dati che comandano le batterie anti-aeree.

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