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Roma ha ragione, sugli aiuti di Stato l’Europa avanzi unita. Parla Cipolletta

Intervista all’economista, già presidente di Assonime. Per rispondere al piano americano l’unica strada è predisporre una politica industriale europea. Giorgetti ha ragione, i sussidi alle imprese debbono essere uguali per tutti, altrimenti si rischia l’ennesima spaccatura tra gli Stati membri. La Bce? Temo che la politica monetaria abbia smesso di dominare l’inflazione

Tra Stati Uniti ed Europa la sfida è nel nome della competitività. Ursula von der Leyen, nel suo discorso a Davos, è stata chiara: l’8 febbraio prossimo, giorno del Consiglio europeo, il Vecchio continente batterà un colpo. Come?

Con il Net-Zero Industry Act. Questo il nome del pacchetto di misure con cui l’Ue intende rispondere ai 369 miliardi di dollari di incentivi dal sapore protezionista a sostegno della transizione verde previsti dall’Inflation Reduction Act statunitense. La Commissione presenterà ufficialmente il piano tra meno di tre settimane, ma già se ne conosce l’impalcatura: una semplificazione delle autorizzazioni per i nuovi siti di produzione di tecnologie pulite e sgravi fiscali per l’industria verde.

Parallelamente, la vicepresidente della Commissione, Margrethe Vestager, sta lavorando a una proposta di alleggerimento delle norme sugli aiuti di Stato. Un tema che però sta creando più di una divisione, dal momento che Paesi con i conti decisamente più sani dell’Italia e poco indebitati, come l’Italia, potranno mettere in campo una rete di aiuti e sovvenzioni decisamente più ampia dell’Italia, il cui debito pubblico impedisce grandi manovre. E questo potrebbe riportare in auge la mai risolta diatriba tra Paesi frugali e Paesi dalle finanze fragili, oltre a creare i presupposti per un’Europa a due velocità, con conseguenti, ingiusti, squilibri. Di tutto questo Formiche.net ha parlato con Innocenzo Cipolletta, economista di lungo corso ed ex presidente di Assonime.

Gli Usa hanno messo in campo un piano di aiuti all’industria dall’evidente caratura protezionista. Perché l’Europa dovrebbe preoccuparsi?

Per un motivo molto semplice, quella con gli Stati Uniti è molto più di una sfida per la competitività, siamo dinnanzi a un provvedimento dal chiaro sapore di protezionismo, che impone l’acquisto di prodotti nazionali. Mi pare un modo un po’ discutibile di attirare investimenti e imprese, affinché lascino l’Europa per produrre negli Stati Uniti. Il che è molto poco in linea con le regole del Wto.

Dunque una risposta europea deve arrivare e anche presto…

Assolutamente. Una risposta teorica sarebbe stata quella di tirare in ballo lo stesso Wto. Ma sappiamo bene che gli organismi internazionali funzionano bene solo con i Paesi piccoli. Dunque, l’alternativa, scartando le ritorsioni, è fare dei provvedimenti simili a quelli decisi dalla Casa Bianca. Andiamo verso forme di protezionismo a blocchi, non che sia la migliore soluzione ai problemi del mondo, ma non c’è alternativa, onestamente.

I capisaldi del piano europeo sembrano essere aiuti di Stato e green economy. Può funzionare?

Questi sono solo slogan, quello che farà la differenza sarà analizzare i dettagli del piano americano e farne tesoro in casa propria. La sostanza è nel dare aiuti alle imprese esattamente così come faranno gli Stati Uniti, questa è la risposta giusta da dare.

Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, però, ha sollevato una questione. Semplificare gli aiuti di Stato vorrebbe dire consentire ai Paesi con i conti in ordine di mettere più risorse sul piatto. Viene in mente subito la Germania…

Sì, è così. Rischiamo uno scontro interno all’Europa, l’Italia infatti non a caso propende per una soluzione comune, per mezzo di un fondo da alimentare con debito comune. In questa maniera tutte le imprese europee avrebbero gli stessi vantaggi, lo stesso trattamento. La strada indicata dall’Italia è corretta. Faccio notare come anche la Germania stessa, per mezzo del cancelliere Scholz abbia proposto un fondo europeo. Ecco, questa è la via.

Christine Lagarde ha ancora una volta ribadito l’intenzione di proseguire con il rialzo dei tassi. Non è accanimento terapeutico?

Guardi, la politica monetaria insegue l’inflazione invece che dominarla. Oggi i tassi sono a livelli più bassi dell’inflazione, che i primi si adeguino alla seconda è giusto, ma che questo serva a contrastare il costo della vita, ho i miei dubbi. Mettiamola così, la politica monetaria potrebbe aver perso la sua capacità di controllare l’inflazione.

Scusi ma non suona granché rassicurante…

Vede, l’inflazione è esplosa con la guerra e la crisi delle materie prime. E se ne andrà quando la guerra finirà.

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