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La guerra in Ucraina riduce l’antiamericanismo in Europa

Sentimento assai diffuso in ampi settori delle società europee, è in forte diminuzione dal 2022. Di fronte a potenze autocratiche, molti smettono di concentrarsi sulle differenze e riscoprono valori comuni quali la libertà individuale e il pluralismo democratico. Un fenomeno di lungo termine? Lo studio del Financial Times

La reazione alla guerra in Ucraina ha notevolmente ridotto i sentimenti anti-americani che spesso caratterizzano parti consistenti delle società europee. Questo è il risultato di un articolo apparso sul Financial Times che fa luce sul fenomeno, mettendo ordine tra i risultati di autorevoli sondaggi tra cui quelli di Eurobarometer, Cambridge University, e London School of Economics.

Un’ostilità, quella verso gli Usa, che affonderebbe le proprie radici non nel tempo della guerra in Vietnam e nemmeno negli anni ’30 del Novecento, ma nell’età dell’Illuminismo. Dottrina che, tra l’altro, dipingeva la civilizzazione europea (leggi: francese) come spinta da valori alternativi e contrapposti alla democrazia di massa statunitense e alla loro società atomizzata e guidata dal mercato.

Nei sondaggi condotti fino al 2020 lo sguardo europeo sull’America si concentrava sulle divergenze su temi quali il controllo delle armi, l’accesso al welfare pubblico, l’economia capitalistica dei grandi gruppi. In ultima analisi sulle differenze nel modo di intendere l’organizzazione della comunità politica, e sulle alternative declinazioni del concetto di libertà della persona. Diversità esemplificate dall’ex presidente Donald Trump, incarnazione degli stereotipi più lontani dal modello europeo.

L’invasione russa ha cambiato qualcosa. Davanti a società autoritarie, le opinioni pubbliche del Vecchio Continente sembrano riscoprire valori comuni con l’altra sponda dell’Atlantico, in primis il pluralismo democratico. Gli atteggiamenti positivi verso la Federazione Russa in Paesi tradizionalmente amichevoli sono crollati: in Italia al 14% dal 38%; in Ungheria 25% dal 45%; in Grecia 30% dal 69%. Inoltre, è aumentata la volontà di un coinvolgimento degli Stati Uniti nella difesa dell’Europa.

I dati si fanno ancora più significativi se disaggregati per fazione politica. I partiti europei di destra sono stati tradizionalmente entusiasti dei vent’anni di governo di Vladimir Putin, ma i numeri mostrano riduzioni alquanto drastiche dei fan di Mosca tra gli elettori della Lega italiana, del Rassemblement National francese e di Vox in Spagna.

È interessante notare che, al contrario, Paesi come la Malesia, il Pakistan e l’Arabia Saudita guardano con favore alla Russia. “Le società democratiche sono molto più negative nei confronti di Russia e Cina, mentre il contrario è vero per le società più autoritarie. Questa associazione non esisteva un decennio fa, ma oggi è piuttosto evidente”, si legge nell’articolo.

Questo non significa che l’astio nei confronti degli Usa sia sparito. In un’inchiesta del The New European si legge che in Germania “l’antiamericanismo ha raggiunto i conservatori liberali della classe media”. E nel Regno Unito la sinistra radicale porta avanti un orgoglioso sentimento anti-statunitense.

D’altra parte è forse significativo che, in un Paese tradizionalmente poco amichevole verso gli Usa come la Repubblica Ceca, un ex generale della Nato abbia vinto le elezioni presidenziali.

Il punto è capire se questo sia un fenomeno temporaneo, dettato dalla reazione emotiva all’aggressione contro l’Ucraina, o una trasformazione più profonda. Oggi per Washington il mondo si sta dividendo tra democrazie e autocrazie, si vedrà se l’Europa (come insieme delle sue comunità) vorrà raccontarsi come un polo culturale e politico alternativo o abbraccerà pienamente il campo atlantico.

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