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Sulla Via della Seta l’Italia si muoverà con Ue e Usa. Le parole di Lollobrigida

Sul rinnovo del memorandum “agiremo con molta prudenza, quella che non c’è stata in passato, dove anzi – mi riferisco al governo Conte – ci sono state delle zone d’ombra”, assicura il ministro, fedelissimo di Meloni. Ecco gli scenari sul tavolo

Sul memorandum d’intesa con la Cina sulla Via della Seta “bisognerà muoversi di concerto con gli Stati europei e anche con gli Stati Uniti, con i Paesi Nato, perché un’alleanza è un’alleanza, non solo militare”. A dirlo al Messaggero è Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura e della sovranità alimentare, uno degli uomini più ascoltati del governo oltreché cognato di Giorgia Meloni, presidente del Consiglio.

Nei giorni scorsi Wang Yi, capo della diplomazia del Partito comunista cinese, è stato in tour in Europa e a Roma ha incontrato Antonio Tajani, vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri, e Sergio Mattarella, presidente della Repubblica. Due gli obiettivi della sua visita, mettendo sul piatto il tema degli scambi commerciali e ben conoscendo l’attenzione italiana verso l’export e il “made in Italy”. Primo: preparare il viaggio di Meloni a Pechino dopo l’invito di Xi Jinping in occasione del bilaterale tenutosi a margine del G20 di Bali, in Indonesia. Secondo: assicurare il futuro del memorandum d’intesa sulla Via della Seta (sul quale Meloni ha sempre avuto una posizione contraria) che scade a marzo 2024 ma si rinnova automaticamente a fine di quest’anno a meno che una delle due parti non comunichi un passo indietro (le cui modalità però non sono specificate nel documento firmato nel 2019 dal governo gialloverde presieduto da Giuseppe Conte). Dopo l’incontro, Tajani ha dichiarato che è “ancora prematuro parlare dell’accordo sulla Via della Seta, ci sono altre urgenze ed emergenze” e ha invitato Pechino a far pressioni su Mosca per fermare l’invasione dell’Ucraina.

Lollobrigida ha spiegato che “agiremo con molta prudenza, quella che non c’è stata in passato, dove anzi – mi riferisco al governo Conte – ci sono state delle zone d’ombra”. La Cina, ha continuato il ministro, “ha dei pro, essendo un partner commerciale molto importante, ma anche dei contro: un modello di sviluppo lontano dal nostro, regole diverse sul rispetto dei diritti dei lavoratori, un approccio diverso sul conflitto russo-ucraino, sul clima, sull’Africa”. Con riferimento alla Nato, ha aggiunto, “si difende il diritto internazionale, la libertà. Per noi è un dogma a salvaguardia delle nazioni democratiche”.

Rispedendo a una domanda sul rinnovato impegno sulle questioni internazionali, a pochi giorni delle visite di Meloni in India e negli Emirati Arabi Unit, Lollobrigida ha raccontato un aneddoto: “Sa cosa mi ha detto un diplomatico Usa? Che se prima parlavano solo con Francia e Germania, ora sulle grandi questioni ci siamo anche noi. E questo smentisce tutti i pregiudizi che erano stati avanzati sul nostro governo. Vale anche per l’area del Mediterraneo, nei contatti con il Maghreb: Algeria, Egitto, Libia. Vogliamo riappropriarci del nostro ruolo nel Mediterraneo. Nella Prima Repubblica era un fatto consolidato, negli ultimi 15 anni di assenza si era un po’ perso”.

Nell’agenda internazionale di Meloni ci sono anche le visita a Pechino e a Washington per incontrare il presidente statunitense Joe Biden, sulla quale stanno lavorando le diplomazie.

Il viaggio a Pechino e il futuro della Via della Seta sono correlati, secondo Enrico Fardella, professore associato all’Università di Napoli L’Orientale e direttore di ChinaMed. Una visita di Meloni “a fine anno significherebbe garantire un rinnovo del memorandum d’intesa”, ha commentato l’esperto a Formiche.net. “Al contrario, se un viaggio avvenisse prima dell’estate, il presidente del Consiglio potrebbe da garantirsi un certo margine. L’eventuale rinnovo non dovrebbe avvenire in pompa magna come la sua prima firma. Allo stesso modo il suo eventuale annullamento, se non collegato a eventi eclatanti, rischierebbe di compromettere ulteriormente i rapporti bilaterali con Pechino riducendo i margini di azione della nostra diplomazia per un eventuale recupero dei rapporti in un’ipotetica fase di disgelo con Washington”, ha aggiunto. La soluzione più pratica? Sembra essere quella di un silenzio assenso: “Potrebbe forse consentire di massimizzare i vantaggi mantenendo il memorandum d’intesa come lettera morta se necessario o riesumandolo a seconda delle eventuali convenienze”, ha concluso il professore.

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