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L’arma vincente dell’Ucraina contro la Russia. La versione di Jean

È probabile che la controffensiva ucraina riesca a ottenere un parziale successo, recuperando parte dei territori perduti. Non avrà però un esito decisivo sulla fine del conflitto, che continuerà ancora per un tempo imprevedibile. L’analisi del generale Carlo Jean

Il conflitto in Ucraina è in una situazione di stallo. Stancamente, si susseguono le invocazioni alla pace o, almeno, a una tregua. Esse riempiono le pagine dei media, i talk show televisivi e le scritte sulle bandiere sventolate con speranza e incoscienza durante i sempre più numerosi cortei per la pace. In mancanza di notizie sulle operazioni di logoramento in corso sui 1.300 km del fronte, ci si getta sulle congetture o su marginali fatti di cronaca, del tutto irrilevanti per comprendere quanto stia accadendo. Talvolta, si ricorre anche a manipolazioni, inventandosi scenari spesso del tutto improbabili o “vendendo”, come inconfutabili, le opinioni di responsabili o di esperti politici e militari, selezionati fra quelli che sostengono le proprie tesi preconcette.

Di fatto, tutti ne sanno poco. Si sa qualcosa sulle capacità materiali dei due contendenti, ma quasi nulla sulle loro intenzioni strategiche e tattiche. Gli ucraini mantengono uno stretto segreto. Lo hanno fatto sin dall’inizio. È parte essenziale della loro superiorità nel campo dell’informazione, che gli ha consentito di resistere contro forze superiori. Poco si sa sulle contromisure che certamente i russi hanno adottato in quel settore. Sembra addirittura che anche gli americani ignorino la situazione nei suoi dettagli, inclusi i piani dell’annunciata controffensiva ucraina che Kiev continua ad annunciare come prossima e decisiva, capace cioè di rioccupare tutti i territori perduti. Al riguardo, sta ripetendosi un fatto analogo a quello della fine della scorsa estate, quando Kiev, dopo aver annunciato per mesi il prossimo inizio di una potente controffensiva, ha spostato segretamente le sue forze da Kherson a Kharkiv, travolgendo le difese russe che avevano concentrato le loro forze a Sud, dove pensavano di essere attaccati. Certamente, gli ucraini cercano di realizzare una nuova sorpresa, che consenta loro di non attaccare frontalmente le linee fortificate predisposte dai russi e di creare una piccola breccia, attraverso cui proseguire in profondità.

Se effettueranno il loro sforzo principale a Sud o nel Donbas o, anche, a Sud di Kharkiv è impossibile dirlo. La creazione di una testa di ponte a Est del fiume Dnepr e l’ammassamento di forze a Kherson costituiscono verosimilmente azioni diversive. Esse stanno aumentando le polemiche fra il capo del Gruppo Wagner, concentrato a Bakhmut, e lo Stato Maggiore russo, che sta rafforzando le fortificazioni lungo la direttrice Zaporizhzhya-Melitopol. Il primo protesta che non gli vengono date le munizioni necessarie, per “punirlo” delle pesanti critiche rivolte ai generali. Putin ha chiaramente difficoltà a far cessare le polemiche. Esse dimostrano che qualcosa non funziona nel campo russo.

In un certo senso, paradossalmente, la Nato, pur sperando in un successo ucraino, auspica che non sia troppo completo, per evitare l’escalation del conflitto. Zelensky è forse convinto che esso è del tutto improbabile. Ciò spiega l’entusiasmo dimostrato per la telefonata di Xi Jinping, il quale non ha fatto certamente molto piacere agli Usa. È pronto a iniziare la controffensiva, avendo ricevuto il 98% delle armi promesse dall’Occidente e preparato almeno 18 Brigate e 40.000 uomini nei reparti d’assalto destinati a creare la breccia nelle difese russe. Afferma che la controffensiva dovrebbe rifare all’Ucraina almeno l’accesso al Mar d’Azov, interrompendo il “ponte terrestre” fra la Russia e la Crimea. La penisola è obiettivo di continui attacchi da parte di drones e di guerriglieri ucraini. Colpiti sono soprattutto i depositi di carburante e di munizioni.

A parer mio, gli ucraini possono concentrare le loro forze manovrando per linee interne da Kherson a Kharkiv, ma non dispongono delle forze necessarie per ottenere una vittoria decisiva, che possa indurre Putin a trattare. Lo riconosce la stessa intelligence militare americana. Essa ritiene che in caso di grave insuccesso fra le due opzioni disponibili – quella di trattare e quella di effettuare una nuova mobilitazione – Putin sceglierà la seconda. Non può permettersi, senza perdere il suo potere, di “tornare a casa a mani vuote”. Anche eventuali pressioni cinesi non gli farebbero cambiare idea. Il “cerchio magico” dei suoi fedelissimi del Cremlino si è ormai troppo compromesso per indurlo a trattare. Il conflitto in Ucraina non cesserà. Si trasformerà nuovamente in una guerra di logoramento, che durerà fino a quando Cina e Usa decideranno di intervenire congiuntamente per trasformarla in una “guerra congelata” sul modello coreano. Centrali diverranno le garanzie di sicurezza fornite dall’Occidente all’Ucraina. Non dovranno essere solo credibili per Kiev, ma anche accettabili per Mosca.

In sostanza, è probabile che la controffensiva ucraina riesca a ottenere un parziale successo, recuperando parte dei territori perduti. Non avrà però un esito decisivo sulla fine del conflitto, che continuerà ancora per un tempo imprevedibile.

Anche le migliaia di documenti dell’ultimo “leak” dal Pentagono sono di scarso aiuto a comprendere quanto avverrà. In particolare, non lasciano trapelare nulla su quali siano gli obiettivi reali della controffensiva ucraina né sui recuperi territoriali che Kiev potrebbe considerare sufficienti per dichiararne il successo. Nessuna idea è stata formulata su quelle che potrebbero essere le garanzie alla sicurezza ucraina da parte occidentale che potrebbe indurre Kiev a trattative, in vista di giungere a una tregua. Molti dei “soloni nazionali” continuano a ripetere che l’Ucraina deve accettare la neutralità, dimenticando che essa era già prevista a Budapest nel 1994, nel Memorandum con cui consegnava a Mosca le quasi 2.000 armi nucleari ex-sovietiche rimaste sul suo territorio, in cambio di garanzie di sicurezza date da Usa, Uk e Russia.

A parer mio, si tratta di argomento ancora più importante di un compromesso territoriale e ancor più difficile da concordare fra Mosca e Kiev, per giungere al congelamento del conflitto, soluzione per me inevitabile, data l’impossibilità e i costi di infliggere una sconfitta sul campo.

Molti sperano che gli esiti delle operazioni russe e ucraine siano tali da permettere l’inizio di trattative. Per ora i combattimenti continuano. L’esito della controffensiva ucraina sarà importante, ma non potrà essere decisiva sulla sorte del conflitto. Il superamento delle linee fortificate russe comporterà per gli ucraini consistenti perdite. Le sei brigate d’assalto destinate a creare una breccia – per consentire alle altre 6 con armi occidentali e alle altre 18, che risultano preparate per la controffensiva, di riconquistare il massimo del territorio possibile (al massimo di tagliare il “ponte terrestre” fra la Russia e la Crimea) – non saranno più in condizioni di effettuare nuovi attacchi per rompere le difese russe in profondità. Come già accennato, è presumibile che anche un rilevante successo della controffensiva ucraina non indurrà Putin a ritirarsi e aprire un negoziato. Non può mantenere il suo potere al Cremlino dopo una sconfitta. Le operazioni continueranno, forse più stancamente di quanto lo siano ora.

Del tutto improbabile sarà lo sfaldamento del blocco occidentale. Sempre più evidente è il fatto che dall’esito del conflitto in Ucraina dipenderà la futura influenza dell’Occidente nel mondo e che gli Usa sono saldamente al comando e sono sempre più in grado di sanzionare eventuali defezioni. Al massimo, possono sorridere quando qualche burlone italico chiama gli alleati degli Usa “i soldatini di Biden”. Con quasi un terzo del debito pubblico nazionale nelle mani dei “Fondi” americani vi è poco da fare gli “spiritosi”. Non lo fa neppure la Cina, che rispetta le regole del regime sanzionatorio nei riguardi della Russia. L’unico vero punto debole occidentale è costituito dai ritardi con cui sta mobilitando la sua industria bellica per fornire munizionamento all’Ucraina. È un’ulteriore conferma – ammesso che ve ne sia bisogno –  del fatto che l’ultima cosa che l’Occidente pensasse possibile dopo il collasso dell’Urss era una pressione militare sulla Russia e che l’allargamento della Nato – per inciso mai promesso, come affermato dallo stesso Gorbaciov, e che rappresenta un “leitmotiv” della propaganda di Mosca – costituisse una minaccia per la Russia. Ci si deve rendere conto che la vera minaccia per Putin non è la Nato (che può neutralizzare con il suo grande arsenale nucleare), ma l’Unione europea, contro cui la cleptocrazia putiniana non ha difese.

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