Skip to main content

La Cina si è arresa sulla Via della Seta. Ora attacca Meloni e gli Usa

Uno dei giornali della propaganda del Partito comunista loda il governo Conte (“in grado di resistere alle pressioni degli Stati Uniti”) e attacca quello attuale (“ha difficoltà a resistere all’influenza di Washington”). Sembra una conferma che ormai la discussione in corso non è “se” ma “come” uscire dal memorandum

La Via della Seta? Tra pochi mesi, solo in fotografia, almeno per l’Italia. La Cina, infatti, sembra essersi arresa alla decisione italiana di non rinnovare il memorandum.

Il Global Times, organo “falco” della propaganda del Partito comunista cinese in lingua inglese, loda il governo gialloverde presieduto da Giuseppe Conte per la firma del memorandum della Via della Seta nel 2019 e critica il governo di Giorgia Meloni che sembra deciso a non rinnovare l’intesa. Il primo “era retto da un partito politico non mainstream in grado di resistere alle pressioni degli Stati Uniti” , dice Cui Hongjian, direttore del dipartimento per gli sudi europei del China Institute of International Studies (istituto sotto il controllo del ministero degli Esteri di Pechino), parlando dell’esecutivo di quello che l’allora presidente statunitense Donald Trump chiamava affettuosamente “Giuseppi”. Il secondo, invece, “ha difficoltà a resistere all’influenza di Washington”.

Il Global Times sottolinea le parole di Meloni in Senato: si possono avere “ottime relazioni con la Cina senza far parte di un piano strategico” come la Via della Seta. E ricorda la recente visita a Milano e Roma e gli eventi di Liu Jianchao, capo del dipartimento per le relazioni internazionali del Partito comunista cinese, che parlando di “fiducia” ha auspicato che il governo Meloni faccia la scelta “corretta” – un messaggio di avvertimento/minaccia che segue quello dell’ambasciatore Jia Guide. Non viene citata, invece, la visita a Roma di un mese e mezzo fa – rivelata da Formiche.net – di Wang Lutong, capo del dipartimento Affari europei del ministero degli Esteri cinese.

Il giornale cinese dà la parola anche a Wang Yiwei, direttore dell’Istituto di affari internazionali dell’Università Renmin. L’Italia, spiega, “si trova di fronte al dilemma di preservare relazioni amichevoli e vantaggiose con la Cina a causa delle pressioni degli Stati Uniti e dell’impatto causato dalle lotte politiche interne e dal populismo”. Una sottolineatura, quella del populismo, che stona con le lodi cantante al governo Conte, sintesi del populismo essendosi retto sulla fiducia di due partiti come Movimento 5 Stelle e Lega.

Stamattina Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ai microfoni di 24 Mattino su Radio24 ha dichiarato che il governo Meloni “non sta subendo pressioni né dagli Usa né dalle Cina sul Memorandum sulla Via della Seta. Da quando è stato firmato l’accordo il nostro interscambio con la Cina è notevolmente peggiorato, a differenze con quanto accaduto con Francia o Germania che hanno invece implementato gli affari con la Cina. Questo ci deve far riflettere”, ha aggiunto.

L’articolo e i toni del Global Times (Roma debole, Washington detta la linea) raccontano di un Partito comunista cinese e di un governo che sembrano essersi arresi alla decisione italiana di non rinnovare il memorandum. La discussione in corso non è “se” ma “come” uscire evitando ripercussioni per entrambi (anche per la Cina, che sta per perdere l’unico Paese G7 ad aver aderito alla Via della Seta nell’anno del decennale del lancio del progetto da parte del leader Xi Jinping). Nei prossimi mesi potrebbero esserci visite di alto livello a Pechino.

Come raccontato ieri su queste pagine, la senatrice Stefania Craxi di Forza Italia ha annunciato la volontà di “sostenere il pieno coinvolgimento del Parlamento” auspicato da Meloni, facendosi “promotrice, come da tempo annunciato, di una risoluzione che verrà presentata in commissione Affari esteri e difesa”, che presiede. Ecco cosa scrivevamo ieri.

Se il governo Meloni, come pare, è deciso a non rinnovare il memorandum d’intesa dovrà comunicarlo entro fine anno alla Cina. Infatti, per evitare il rinnovo quinquennale serve “un preavviso scritto”, recita il documento senza però fornire altri dettagli. Come raccontato nelle scorse settimane su Formiche.net, è questa assenza che sta creando qualche grattacapo al governo e alla maggioranza: c’è chi, come i senatori [Giulio] Terzi di Sant’Agata e Craxi, auspica un passaggio parlamentare, e chi invece spera che la decisione possa passare sotto silenzio, o quantomeno non far troppo rumore (cosa che inevitabilmente farebbe in caso di un sostegno parlamentare che si preannuncia schiacciante), facendo leva sul fatto che nel 2019 non ci fu alcun passaggio parlamentare.

Exit mobile version