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Riforma degli 007 e ruolo del Parlamento. Scrive Elio Vito

Di una revisione, di modifiche, dopo 16 anni, della legge 124 del 2007 sull’intelligence si può certamente parlare ma con un dibattito pubblico, aperto, non riservato a pochi esperti. L’unico luogo che assicura tali caratteristiche è il Parlamento

Di una revisione, di modifiche, dopo 16 anni, della legge numero 124 del 2007 sui servizi per la sicurezza della Repubblica se ne può certamente parlare, discutere, è persino opportuno farlo. Ma ad alcune condizioni. La prima, la più importante di tutte, è la sede della discussione, che deve essere necessariamente il Parlamento. E non basta il pur valoroso Copasir, occorre che se ne parli e se ne discuta, con audizioni, indagini conoscitive, nelle commissioni parlamentari competenti, quelle per gli Affari costituzionali e della Presidenza del Consiglio.

Luoghi e modalità improprie di discussione non fanno bene alla democrazia in un settore nel quale la questione democratica è sempre una questione prioritaria. E naturalmente occorre un dibattito pubblico, aperto, non riservato a pochi esperti. E l’unico luogo che assicura tali caratteristiche è il Parlamento.

Se il sottosegretario Alfredo Mantovano, se il governo intende promuovere, addirittura presentare modifiche alla legge quadro sui servizi è ovviamente legittimo. Ma è necessario che lo faccia in modo proprio, non ai convegni e ai dibattiti più o meno aperti (meno, pare di aver capito). Il governo, che già espropria in ogni campo il Parlamento del suo potere legislativo, lo rispetti almeno in questo importante settore, che riguarda davvero tutti, il tessuto democratico del Paese, oltre che la sicurezza della Repubblica.

Il governo Meloni, come peraltro i suoi predecessori, occorre dirlo, ha già prodotto in questi mesi “piccole” ma significative modifiche alla legge 124 e lo ha fatto ricorrendo a decreti legge e a emendamenti a decreti. È il caso di finirla, soprattutto se vi è l’intenzione ambiziosa di modifiche di più ampia portata. E il ventilato ricorso alla via regolamentare, e non a quella legislativa, per fare tali modifiche può essere certo un modo per fare prima ma finisce anche per essere un modo per limitare le prerogative delle Camere. Non se ne sente ulteriormente il bisogno.

La legge 124 nacque in Parlamento, su iniziativa parlamentare, a cavallo di due legislature, una iniziativa che fu condivisa sino all’approvazione finale da maggioranza e opposizione. Altri tempi? Forse, ma i protagonisti di quella legge, a partire da Luciano Violante, che fu relatore alla Camera, il sottosegretario Mantovano li ha conosciuti e li conosce bene, può chiedere a loro. Ma lo ricorderà senz’altro, Mantovano era al Senato, in quella legislatura, ed era già stato sottosegretario all’Interno. Tra le proposte di legge abbinate ve ne erano presentate da tutti i gruppi parlamentari (una a prima firma di Sergio Mattarella, per dire) e nessuna del governo. Non vorrà contraddire sé stesso, Mantovano, la storia parlamentare e il metodo parlamentare, proprio adesso.

Vi è poi un’altra questione, molto importante. La legge 124 affida giustamente la responsabilità delle attività dei servizi di sicurezza al presidente del Consiglio dei ministri. Ma lo fa sulla base dell’attuale sistema costituzionale. Se il governo Meloni, come ha annunciato, intende promuovere una revisione costituzionale, in particolare per quanto riguarda la forma di governo, rafforzando i poteri dell’esecutivo, inevitabilmente il quadro cambia. E non sono più sufficienti le attuali previsioni di controllo parlamentare affidate al Copasir. E poi, che ruolo avrebbe il Parlamento nella riforma costituzionale che ha in mente il governo?

La riforma del sistema della sicurezza della Repubblica può solo seguire, come tante altre cose, e non anticipare la riforma costituzionale. Per garantire quanto meno un corretto bilanciamento dei poteri, nel nuovo quadro costituzionale.

Allora? Non si deve fare nulla? No, starei solo attento a non toccare le poche cose che funzionano nel nostro Paese, non farei esperimenti in una materia che si avvale di esperienze consolidate, ricorderei che la fretta è cattiva consigliera e che la democrazia è sì efficienza ma pure prudenza, a volte persino lentezza. E che la democrazia è soprattutto centralità del Parlamento, anche se ora non va più tanto di moda.

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