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Io ballo da sola. Potenze in ordine sparso nella visione di Pelanda

Dieci anni fa i ricercatori scenarizzarono un confronto crescente tra sinosfera e amerosfera, cioè una nuova Guerra fredda tra America e Cina, e la sua evoluzione come competizione per espandere le sfere di influenza nell’area grigia che stava in mezzo ai due blocchi: circa cinque miliardi di persone in molteplici Stati non allineati a fronte di circa tre miliardi di abitanti collocati nei due blocchi. L’analisi di Carlo Pelanda, professore di Economia e politica economica, Università Guglielmo Marconi di Roma e membro dell’Oxford institute of economic policy

Il programma di ricerca “deglobalizzazione conflittuale e riglobalizzazione selettiva” fu avviato nel 2013 dal team di ricerca (Stratematica) guidato da chi scrive quando l’amministrazione Obama propose due aree di mercato, nel Pacifico e nell’Atlantico, che escludevano Cina e Russia. Pechino rispose in modo simmetrico lanciando il progetto globale “Via della seta”, precorso nel 2007 dalla penetrazione cinese in Africa e America Latina.

Già un decennio fa i ricercatori scenarizzarono un confronto crescente tra sinosfera e amerosfera, cioè una nuova Guerra fredda tra America e Cina, e la sua evoluzione come competizione per espandere le sfere di influenza nell’area grigia che stava in mezzo ai due blocchi: circa cinque miliardi di persone in molteplici Stati non allineati a fronte di circa tre miliardi di abitanti collocati nei due blocchi.

Nel 2023 è confermabile, nonostante la postura multipolare di Parigi, sia la tendenza bipolare (consolidamento di un blocco sinorusso e di uno del G7) sia la competizione per conquistare l’area grigia da parte dei blocchi. Oggi quali tendenze permettono di dare probabilità (con metodo soggettivista) allo scenario futuro? L’America ha una strategia di forte compressione del potere cinese, il cui obiettivo è renderlo regionale, circondato e sorvegliato.

Sta calibrando tale pressione per non compromettere i flussi commerciali globali di materie non strategiche, cioè ponendo un limite alla “deglobalizzazione conflittuale”, ma con gli alleati sta anche creando una sfera geoeconomica decinesizzata più grande della sinosfera, cioè una “riglobalizzazione selettiva” centrata sugli Stati Uniti e sul dollaro. Ma tale calibratura è difficile perché vuole allo stesso tempo evitare un confronto diretto con Pechino e comprimerla, per esempio negandole l’accesso all’alta tecnologia e bonificando la presenza di aziende cinesi in America, Europa e altrove.

Infatti Pechino sta denunciando come falsa la rinuncia alleata al concetto di “disaccoppiamento”, cioè di riduzione dei flussi commerciali tra amerosfera, in cui è inclusa la pur riluttante eurosfera, e sinosfera, sostituito da quello di “de-risking”. In effetti è falso: il “de-risking” blocca gli investimenti stranieri in Cina, tende a ridurre l’import di materie strategiche, in generale comprime la Cina più di un “disaccoppiamento”.

Pechino sta cercando di ridurre i danni con una diplomazia più accomodante, ma la tendenza compressiva è forte. Alcune nazioni dell’area grigia, che mesi fa stavano pensando di monetizzare il corteggiamento dell’uno e altro blocco, si stanno rendendo conto che difficilmente quello sinorusso sarà vincente e si stanno spostando di più verso il G7, per esempio l’India che ha ridotto il non allineamento.

Il Brasile sta valutando. L’Arabia cerca ancora di restare in equilibrio tra i due blocchi. In Africa alcune nazioni non possono staccarsi dalla Cina, ma altre – circa una decina – stanno concordando con l’America una convergenza. I Brics non riusciranno a consolidarsi come blocco né a guidare un “Global south” come terzo attore mondiale.

Ovviamente la probabilità di tale scenario dipende dagli esiti delle elezioni presidenziali statunitensi nel novembre 2024. Qualcuno teme che un esito americanista potrebbe portare a un accordo tra Cina e Stati Uniti per spartirsi il pianeta: molto improbabile anche se non escludibile. Più probabile, invece, che lo sforzo per consolidare ed espandere l’amerosfera, includendo molte nazioni dell’area grigia, ecceda le capacità di Washington.

In tal caso servirebbe l’aiuto integrativo delle nazioni europee, oltre che delle democrazie del Pacifico, e un’azione di convergenza euroamericana più forte. Tale considerazione intravede l’opportunità di un’Italia globale, anche necessaria per i rifornimenti strategici e per estendere l’export, che contribuisce all’espansione del G7 nell’area grigia sia con proiezione nazionale sia con spinta per una Ue più estroversa.

*Questo articolo è stato pubblicato sul numero 193 (luglio 2023) della rivista Formiche

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