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Giorgio Napolitano, Presidente primus senza pares

Oltre al cordoglio della politica nazionale per l’esempio di leader illuminato, la scomparsa del 97enne Presidente emerito della Repubblica, Giorgio Napolitano, innesca una sorta di autoanalisi storica dell’Italia dal dopoguerra fino ai nostri giorni. Il ricordo di Gianfranco D’Anna

Primo fra tutti e prima di tutto. Giorgio Napolitano merita pienamente la definizione di primus senza pares.

Primo esponente storico del partito comunista a essere eletto nel 2006 Presidente della Repubblica ed il primo inquilino del Quirinale ad essere rieletto per un secondo mandato. Primo esponente del Pci ammesso negli Stati Uniti nel 1978, non soltanto in piena guerra fredda ma soprattutto nei giorni del sequestro Moro ed infine il Primo ministro dell’Interno non democristiano.

La biografia, la passione politica e l’impegno civile di Napolitano si intrecciano con la storia dell’Italia fra il dopoguerra e i primi venti anni del XXI secolo.

Protagonista in Parlamento e nelle istituzioni oltre che deputato, senatore ed europarlamentare, è stato anche presidente della Camera e senatore a vita.

Considerato più amendoliano di Giorgio Amendola, l’ideologo dell’area liberal riformista del Pci, Napolitano é stato certamente anche il comunista europeo più british.

Componente di spicco nelle storiche direzioni centrali di Botteghe Oscure, assieme a leader del calibro di Berlinguer, Natta, D’Alema, Pajetta, Macaluso, Ingrao, Occhetto e Cossutta, la corrente di Napolitano venne definita migliorista in riferimento all’azione politica volta a migliorare le condizioni di vita della classe lavoratrice, senza tuttavia rivoluzionare strutturalmente il Paese.

L’eredità di Amendola per i miglioristi è la base per sviluppare il riformismo che determina la differenziazione dall’Unione Sovietica e la caratterizzazione europeista del Pci, evidenziata dalla candidatura al parlamento europeo di Altiero Spinelli.

Transizione verso la socialdemocrazia europea, essenzialità del riformismo e confronto col Psi evidenziati da Napolitano nel libro del 1988 “Oltre i vecchi confini” nel quale affronta le problematiche emerse negli anni del disgelo tra Est e Ovest, durante la presidenza Reagan negli Usa e la leadership di Gorbaciov nell’Urss.

Alla morte di Enrico Berlinguer sfiora la segreteria del partito, alla quale viene tuttavia eletto Alessandro Natta.

Come Presidente della Repubblica ha nominato cinque senatori a vita: Mario Monti il 9 novembre 2011, Renzo Piano, Carlo Rubbia, Elena Cattaneo e Claudio Abbado il 30 agosto 2013. Ha conferito l’incarico a cinque presidenti del Consiglio dei ministri: Romano Prodi (2006-2008), Silvio Berlusconi (2008-2011), Mario Monti (2011-2013), Enrico Letta (2013-2014) e Matteo Renzi (2014-2016) ed ha nominato cinque giudici della Corte costituzionale: Paolo Grossi nel 2009, Marta Cartabia nel 2011, Giuliano Amato nel 2013, infine Daria de Pretis e Nicolò Zanon nel 2014.

La storia delineerà l’incidenza della 11° Presidenza della Repubblica. Ma fra i tanti particolari leggendari, se non addirittura politicamente mitologici, più svolte smentiti oltre che dai diretti interessati soprattutto dai riscontri anagrafici, vi era il persistente riferimento alla somiglianza fra Giorgio Napolitano e Re Umberto II di Savoia. Tanto che nel marzo del 2011, il più battagliero e controcorrente dei protagonisti della politica italiana, il leader radicale Marco Pannella, dopo la visita che l’allora Capo dello Stato fece al Pantheon e che culminò con l’omaggio ai Savoia, si rivolse a Napolitano con queste parole: “La storia del nostro Presidente della Repubblica è la storia di chi sarebbe potuto diventare Re”.

Ancor più che con i se, la storia non si fa con le somiglianze e gli slogan politici, anche se tuttavia in questo caso resta la constatazione dell’eventuale singolarità della coincidenza del Quirinale… Una leggenda nella leggenda che conferisce a Giorgio Napolitano l’aurea storica di un primus davvero senza pares.

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