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Se la crisi in Israele destabilizza il Medio Oriente, cosa aspettarsi con l’Imec?

Pubblichiamo l’intervento di Emanuele Rossi, giornalista di Formiche.net, in audizione al Comitato Indo Pacifico della Commissione Esteri della Camera mercoledì 18 ottobre. I piani su Imec, uno dei grandi progetti di connettività strategica a cui partecipa l’Italia, potrebbero essere alterati dalla crisi in Medio Oriente. Ecco perché il valore del Corridoi supera le difficoltà attuali

Per lungo tempo, l’attenzione geostrategica dell’Italia si è concentrata principalmente nella regione del Mediterraneo allargato, che come noto include il Medio Oriente, il Nordafrica, il Sahel e Hormuz, fino al taglio latitudinale dal Golfo di Guinea a quello di Somalia. (È un perimetro da tenere a mente, perché ci sarà utile per ragionare di Indo Pacifico). Quest’area continua a essere in cima alle priorità degli interessi strategici dell’Italia, come dimostra il recente sforzo del governo nel promuovere forme di dialogo e stabilizzazione della crisi tra Israele e Hamas, oppure le iniziative riguardanti il cosiddetto Piano Mattei. Tuttavia, l’importanza crescente dell’Indo-Pacifico, sia dal punto di vista economico che geopolitico, e la continuità con il nostro naturale quadrante di proiezione, ci impongono il dovere di una riflessione strategica molto ampia.

L’Italia, sottolineando l’importanza dell’ordine basato sulle regole e la promozione di iniziative multilaterali allineate con le priorità dell’Unione Europea tanto quanto il suo interesse nazionale, sta sviluppando una propria visione strategica per la regione, come l’esistenza stessa di questo Comitato all’interno di questa Commissione testimonia.

Al centro di questa visione dovrebbe esserci il riconoscimento del valore dell’interconnessione tra quel Mediterraneo allargato che abbiamo prima perimetrato e l’Indo-Pacifico, poiché è in queste zone di continuità e fusione che l’Italia può essere più efficace nel perseguire i suoi interessi. Non a caso, la presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni, ha sottolineato che “il Mar Mediterraneo e l’Indo-Pacifico sono interconnessi e noi vogliamo rafforzare sempre di più questa interconnessione” nel suo discorso a Nuova Delhi, durante la visita ufficiale in India a marzo. È stato un momento che ho trovato particolarmente significativo, e credo che la traiettoria strategica da seguire sia proprio lungo quegli assi.

Per fare questo, l’Italia dovrebbe elevare a vettori di politica internazionale priorità comuni alle due regioni, come per esempio lo sviluppo dei Paesi più in difficoltà (il cosiddetto Global South a cui appartengono Paesi di entrambi i quadranti geostrategici), la sicurezza marittima, la sicurezza alimentare, la sicurezza sanitaria, la sicurezza energetica e il controllo degli impatti climatici sulle collettività, la connettività infine (attraverso infrastrutture sia fisiche che digitali) che recentemente — al G20 di New Delhi — si è materializzata nell’India Middle East Europe Corridor, più noto con l’acronimo Imec, su cui vorrei focalizzare parte della mia audizione.

Quelli appena citati, compreso quest’ultimo della connettività, sono temi che a quanto pare Roma intende promuovere come base strutturale del G7 che ospiterà il prossimo anno. Temi che daranno continuità alle visioni del G20 del 2021, quando la presidenza italiana andava sotto il titolo ‘Persone, pianeta, prosperità’, e all’idea indiana di ‘Vaisudhaiva Kutumbakam’ (l’interconnessione del mondo come un’unica famiglia) che ha fatto da motto del G20 di settembre 2023.

Non a caso, l’India è uno dei partner strategici con cui l’Italia sta rinforzando la collaborazione, anche nell’ottica di quella che l’ambasciatore italiano Vincenza De Luca ha definito la principale area di cooperazione tra Roma e Nuova Delhi: lo sviluppo del Global South. Area di mondo per cui l’Italia è terra di confine, ponte di collegamento (anche in questo IMEC avrà un ruolo). È su questi temi che gli interessi mediterranei e indo-pacifici italiani si fondono, mentre l’Italia è già attiva militarmente nel fornire sicurezza nelle aree geografiche e geomorfologiche di fusione dei due quadranti – come il Golfo di Somalia, il Mar Arabico, il Mar Rosso e lo stretto di Bab el Mandab.

Oltre alla partnership con l’India, l’Italia sta rafforzando le cooperazioni strategiche con Giappone e Vietnam, è partner per lo sviluppo dell’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico (ASEAN), sta costruendo i presupposti per allargare la collaborazione con il Bangladesh. Da notare che i leader di Vietnam e Bangladesh sono stati ricevuti a Palazzo Chigi recentemente, a latere del vertice dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) — anch’esso ospitato a Roma e con la food security al centro dell’agenda, anche considerando le destabilizzazioni prodotte al mercato del grano dalla guerra russa in Ucraina.

Queste con alcuni partner storici sono le relazioni fondamentali per promuovere gli interessi italiani nel commercio, nella sicurezza e nella cooperazione (anche industriale) in materia di difesa. Queste collaborazioni sono essenziali anche per costruire catene di approvvigionamento resilienti basate sui concetti di de-risking e friendshoring, nonché per rafforzare i piani per lo sviluppo del Global South.

Imec assume in questo quadro un valore essenziale: il progetto diventa un corridoio di scorrimento di catene di approvvigionamento e collegamenti e soprattutto disegna il concetto geostrategico che potremmo definire “Indo Mediterraneo”.

Dunque, sebbene una strategia ufficiale dell’Italia per l’Indo-Pacifico non sia stata ancora completamente sviluppata, appare già disegnata la dimensione su cui potrebbe essa basarsi: continuità – e connessione –tra i due quadranti, Indo Pacifico e Mediterraneo.

Resta da valutare in futuro l’evoluzione delle relazione con la Cina, maggiore sfida e complessità per l’Italia sia nell’impegno nell’Indo Pacifico sia per i riflessi sul Mediterraneo allargato – dove si muove come rivale sistemico e competitivo. L’evoluzione delle relazioni tra Roma e Pechino si lega soprattutto alla decisione italiana sulla Belt and Road Initiative (BRI). È noto che il governo Meloni stia valutando con profondità le scelte riguardo al rinnovo del MoU sulla Bri e le possibili conseguenze, considerando anche il rischio di possibili rappresaglie sotto forma di coercizioni economiche (sebbene va tenuto conto che l’Italia è un Paese del G7, il quale si è già impegnato pubblicamente per combattere le forme di coercizione cinesi). Anche in questo, IMEC ha il suo valore.

A questo punto vorrei ricordare alcuni punti chiave del progetto, perché essi stessi contribuiscono ad evidenziare il valore sia tecnico-pratico, che geostrategico secondo quel costrutto teorico che abbiamo precedentemente definito Indo Mediterraneo lungo cui scorre il cosiddetto “asse abramitico” delle relazioni (ossia l’insieme dei rapporti politici e geopolitici tra ebraismo, cristianesimo e islam).

A questo punto vorrei ricordare alcuni punti chiave del progetto, perché essi stessi contribuiscono ad evidenziare il valore sia tecnico-pratico, che geostrategico secondo quel costrutto teorico che abbiamo precedentemente definito Indo Mediterraneo lungo cui scorre il cosiddetto “asse abramitico” delle relazioni (ossia l’insieme dei rapporti politici e geopolitici tra ebraismo, cristianesimo e islam).

Il Corridoio economico India-Medio Oriente-Europa (Imec) è stato lanciato in occasione del vertice del G-20 a Nuova Delhi. La scelta di tale palcoscenico già di per sé racconta ambizioni e aspirazione su un potenziale che punta a essere parte significativa della strategia indo-pacifica dell’Europa, con particolare attenzione all’India.

L’Imec è in linea con le priorità strategiche europee nella regione indo-pacifica e può tradurre le iniziative diplomatiche dell’Ue in azioni concrete. Completa inoltre l’iniziativa Global Gateway e contribuisce a riequilibrare le relazioni commerciali tra l’Ue e la Cina.

Il cambiamento di strategia dell’Ue nei confronti della Cina è dovuto a diversi fattori, tra cui la politica cinese degli Stati Uniti e l’invasione russa dell’Ucraina. La cooperazione con l’India e gli Stati Uniti nel Golfo può creare catene di approvvigionamento alternative e rafforzare i legami economici.

L’impegno europeo con l’India è cresciuto, con leader come Ursula von der Leyen e i principali Stati membri dell’Ue che hanno dato priorità alle relazioni con l’India in vari settori, tra cui il commercio e la difesa.

L’Italia dovrebbe vedere l’Imec come parte integrante della sua strategia indo-pacifica in quanto si allinea con gli obiettivi masionali in termini di interessi marittimi e relazioni con gli attori mediorientali.

L’Imec giunge in un momento cruciale per il nostro Paese, che sta rivalutando la cooperazione con la Cina nell’ambito della Belt and Road Initiative e cerca opportunità nei settori dell’energia, dei trasporti e delle telecomunicazioni.

Il corridoio enfatizza l’interconnettività energetica e l’Italia è particolarmente interessata a questo aspetto. L’attenzione dell’Italia per la transizione energetica e l’Asia meridionale si allinea con la Global Biofuel Alliance, che include l’India, per esempio.

Il coinvolgimento degli Emirati Arabi Uniti e dell’Arabia Saudita nell’Imec rafforza le relazioni geoeconomiche sia per l’Europa che per l’India.

Le sfide includono lo squilibrio economico e commerciale tra le relazioni Ue-India e Ue-Cina, le diverse priorità politiche tra gli attori coinvolti e i potenziali rallentamenti economici nell’UE. La volontà politica è fondamentale per il successo dello sviluppo del segmento europeo dell’Imec.

E ancora, occorre valutare che: L’Occidente vede l’Imec come un modo per contrastare l’influenza cinese nella regione e offrire un’alternativa alla BRI. Tuttavia, gli attori del Golfo vedono questo progetto nel contesto di un nuovo ordine globale in cui possono bilanciare i legami sia con la Cina che con l’Occidente per i propri vantaggi.

Le monarchie del Golfo non sono preoccupate come le nazioni occidentali della dipendenza economica dalla Cina e dei legami energetici con la Russia. Esse si considerano degli hub globali grazie alla loro posizione strategica tra Asia, Africa ed Europa e mirano a migliorare la connettività.

Gli Stati del CCG si stanno avvicinando sempre di più alla Russia e alla Cina, soprattutto dopo la guerra in Ucraina, e resistono alle pressioni occidentali per allontanarsi da questi partenariati. Questi Paesi vedono nell’attuale panorama geopolitico un’opportunità per avanzare richieste agli Stati Uniti e procedere con le loro attività di multi-allineamento. Tra l’altro, va ricordato che questi Stati condividono l’avversione alle sanzioni occidentali e stanno esplorando misure di de-dollarizzazione, tra cui il petro-yuan e le criptovalute, che potrebbero sfidare il dominio del dollaro statunitense.

L’Imec si inserisce nel solco della crescente influenza della Cina nella regione mediorientale però, in quanto la Cina è il principale acquirente di petrolio e gas del CCG e ha investimenti significativi nelle infrastrutture digitali e nei porti regionali strategici. Per Pechino è essenziale promuovere la BRI (che festeggia oggi i dieci anni dal suo lancio), di cui l’Imec diventa alternativa e dunque competitor.

L’Imecnon invertirà di colpo le dinamiche che si sono innescate nell’ultimo decennio almeno, ma può servire gli interessi europei cementando i partenariati economici e creando un effetto leva per incoraggiare il Golfo a rinunciare al rischio (percepito soprattutto dall’Occidente) dell’eccessiva esposizione a Pechino in alcuni settori.

Questo significa che l’Imec può portare a un aumento dell’influenza dell’Europa accanto a quella della Cina, anziché sostituirla. Questo potrebbe essere un bene pubblico condiviso, a beneficio di più attori nella regione, e promuovere una crescita economica inclusiva e stabilizzante.

Per avere successo, i partecipanti all’Imec devono impegnarsi ad affrontare le sfide logistiche e garantire che il progetto sia abbastanza allettante da incentivare gli attori regionali. Dovrebbe inoltre rimanere aperto a estensioni per coinvolgere altri attori regionali, promuovendo una più ampia integrazione regionale e la de-escalation.

In sintesi, l’Imec è un’iniziativa complessa con implicazioni geopolitiche ed economiche per il Medio Oriente, per l’Europa e per l’Indo Pacifico. Riflette il cambiamento dell’ordine globale, in cui gli attori regionali bilanciano i legami con le grandi potenze. Il successo dipenderà da aspettative realistiche, dall’impegno e da una visione di integrazione economica regionale inclusiva. Ma nell’immediato, c’è un grande problema da affrontare: il procedere del conflitto tra Israele e Hamas. Il rischio è che un rallentamento produca i presupposti per un’alterazione dei piani in futuro. Anche per questo la frenesia diplomatica di queste ore, proprio queste in cui ci parliamo, è fondamentale per evitare tanto una preoccupante espansione regionale del conflitto, quanto di alterare piani strategici a lunga gittata.

La mia opinione è che il quadro generale di stabilizzazione mediorientale, su cui le varie “Vision” dei grandi Paesi della regione, nonché gli interessi messi in piedi dall’India, dagli Stati Uniti e dall’Europa, siano ben più forti della crisi militare in Israele. E dunque, sebbene esiste attualmente una pausa nel dialogo per la normalizzazione tra Israele e Arabia Saudita (e un raffreddamento dei rapporti negli Accordi di Abramo), progetti come Imec e le varie connettività collegate resteranno in piedi, e una volta superata la crisi torneranno in marcia. Anche per questo è importante essere presenti, per un Paese come l’Italia, nelle dinamiche regionali che si stanno dipanando in questo momento.

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