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Stato di diritto, fondi europei e chimere da realizzare. Lo zibaldone polacco

Von der Leyen comunica un anticipo di 5 miliardi di euro alla Polonia. Tusk garantisce il ripristino dello Stato di diritto senza citare lo scoglio Duda. Tra l’altro, Diritto e Giustizia controlla ancora il Tribunale Costituzionale, il Consiglio della magistratura,  la Banca nazionale polacca, il Consiglio nazionale della radiodiffusione…

“La Commissione è pronta a trasferire 5 miliardi di euro alla Polonia come prefinanziamento, cioè come anticipo”. È la promessa di Ursula von der Leyen, a seguito del colloquio con Donald Tusk. “Conto su una stretta collaborazione per raggiungere gli obiettivi fondamentali relativi all’indipendenza della magistratura, in modo da poter effettuare il primo pagamento”, prosegue la presidente della Commissione europea. In Polonia cambia il governo, e cambiano i lineamenti della “matrigna d’Europa”, secondo il dizionario sovranista. Più distesi, più clementi. La sintonia tra il nuovo premier polacco e von der Leyen è tangibile. In un attimo, la semantica ipercostituzionalista del PiS viene scavalcata dal sovrastatalismo necessario di Donald Tusk. Per quest’ultimo, i cinque miliardi annunciati all’esito dell’incontro di ieri rappresentano una duplice vittoria, sul piano interno e su quello estero.

Dopo anni di tira e molla, di barricate a difesa del primato della costituzione contro “le interferenze delle oligarchie di Bruxelles”, il leader di Piattaforma civica (Platforma Obywatelska) accetta le condizioni dettate dalla Commissione. “Tutti coloro che conoscono la realtà europea e polacca sanno che è passato molto tempo dall’ultima volta che abbiamo avuto a Bruxelles un alleato così leale e cordiale per gli affari polacchi come la presidente della Commissione europea”, conclude Tusk.

Ma il mare di ottimismo dispensato dall’ex presidente del Consiglio europeo, riguardo il ripristino dello Stato di diritto, potrebbe essere arginato da alcuni scogli. Ad esempio, il PiS continuerà a mantenere la propria rete di controllo sul Consiglio nazionale della magistratura; sul Consiglio nazionale della radiodiffusione, sull’Autorità polacca di vigilanza finanziaria, sul Consiglio nazionale dei media, e sulla Banca Nazionale Polacca (Narodowy Bank Polski) attraverso il presidente Adam Glapiński, il quale detiene un mandato costituzionalmente garantito, che scadrà solo nel 2028, ergo gestirà la banca centrale per l’intero mandato del nuovo Parlamento, e presiede il Consiglio di politica monetaria, con potere decisionale sui tassi di interesse e con una maggioranza di provata fedeltà al partito di Kaczynski. Senza tralasciare il Tribunale costituzionale, nodo gordiano delle disgrazie e delle resistenze messe in atto dal PiS tramite le riforme che hanno inaugurato le trasformazioni del sistema giudiziario dal 2015 in poi.

Circa un mese fa, dopo l’annuncio da parte dell’attuale coalizione di maggioranza in merito alle risoluzioni verso una modifica della composizione del Tribunale costituzionale, la presidente Julia Przyłębska, la cui carriera è organica all’egemonia del sistema kaczynskiano, ha osservato: “Chi fa costantemente riferimento allo Stato di diritto e vuole ripristinarlo, pianifica anche un’azione illegale”. Perché la vera quaestio è la seguente: secondo la legge adottata dal PiS, il mandato del presidente del Trybunał Konstytucyjny copre un arco temporale di sei anni, quindi Przyłębska avrebbe dovuto congedarsi dal suo incarico il 20 dicembre 2022.

Oggi, tenendo conto che i 15 giudici restano lealmente vicini al “sovrano destituito”, sarà arduo per Tusk rivoluzionare l’apparato giudiziario, poiché per ottenere la maggioranza è necessario eleggere 8 dei 15 magistrati. Cosicché Przyłębska chiosa: “Nel Tribunale costituzionale non ci sono giudici eletti illegalmente. Tutti i giudici sono stati eletti in conformità con la legge vigente”.

Il Tribunale Costituzionale è un tassello fondamentale per l’iter legislativo indicato dall’esecutivo, poiché conferma la validità delle leggi coerentemente con le disposizioni e i principi costituzionali. Il Presidente della Repubblica di Polonia, conserva la facoltà di deferire le norme al Tribunale. Un jolly per il primo partito polacco. Infatti, in questo modo, Andrzej Duda potrebbe impedire l’attuazione delle promesse elettorali di Tusk.

Non finisce qui. Dal 2016 il ministro della Giustizia funge da procuratore generale delegando, in realtà, tutte le attività investigative al procuratore nazionale. Non c’è da stupirsi, se dal 18 marzo 2022 il procuratore nazionale è Dariusz Barski, braccio destro di Ziobro (ex guardasigilli di Morawiecki) e suo testimone di nozze. Se è vero che il premier può nominare e destituire il procuratore nazionale, altrettanto vero è che, a partire dallo scorso anno, senza il parere del Presidente è impossibile sostituire il procuratore nazionale.

A scontrarsi sono le correnti del post- Solidarność. Nel corso del tempo, la distanza delle due formazioni (PiS e KO), accomunate dalla medesima radice, è stata dilatata da approcci eterogenei nell’interpretare la presenza polacca in Ue. Il ritorno in Europa ostentato da Tusk è molto più lontano di quanto possa sembrare. L’avvenire del nuovo governo non così luminoso. E l’ombra di Kaczynski tutt’altro che uno spettro.

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