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Da Gaza a Kyiv, Natale di guerre e presepi di macerie. La riflessione di D’Anna

Festività di fine anno con poche o nessuna prospettiva di pace. Dal Medio Oriente al cuore dell’Europa per ragioni contrapposte sembra prevalere l’interesse a proseguire i combattimenti

Nel presepe di guerra di Gaza tutti parlano di tregue e di trattative, ma contemporaneamente bombardano e compiono attentati. Dopo i giorni delle liberazioni degli ostaggi e dello scambio di prigionieri, la rottura della tregua da parte delle fazioni più oltranziste di Hamas ha provocato la ripresa della massiccia offensiva dell’esercito israeliano verso il sud della striscia, brulicante di palestinesi.

Secondo The Guardian, Israele “ha informato diversi Stati arabi che vuole ritagliare una zona cuscinetto per prevenire futuri attacchi” . Il quotidiano britannico riporta una dichiarazione di Ophir Falk, consigliere per la politica estera del Premier Netanyahu , il quale ha precisato che il piano oltre alla zona cuscinetto prevede tre livelli: la totale distruzione di Hamas, la smilitarizzazione di Gaza e la deradicalizzazione del territorio.

Ma come ha sottolineato a Gerusalemme il segretario di Stato americano Antony Blinken, per Washington qualsiasi piano post-bellico deve includere un chiaro orizzonte politico per il popolo palestinese e garantire la riunificazione sotto un’unica entità di Gaza con la Cisgiordania.

Per ragioni contrapposte, nonostante il proseguimento delle trattative in Qatar, sia Hamas quanto Israele non sembrano avere interesse a fermare nuovamente i combattimenti. Decimata e dilaniata al suo interno, per evitare che si scateni una faida fratricida, Hamas non ha alternative alla guerriglia mentre Israele non ha ancora concordato un piano strategico per gestire la fine delle ostilità.

Il traballante governo Netanyahu indugia su una soluzione modello “Libano1982” quando Yasser Arafat e i capi palestinesi andarono in esilio a Tunisi ed è molto dubbiosa che l’Autorità nazionale palestinese di Abu Mazen sia in grado di assumere il controllo di Gaza.

Intanto, all’obiettivo di individuare e smantellare i bunker sotterranei del gruppo terroristico nel sud della striscia, il Governo di Tel Aviv – scrive il Wall Street Journal – ha aggiunto la pianificazione dell’individuazione e dell’eliminazione di tutti i leader di Hamas che vivono in Libano, Turchia e Qatar e nel resto del mondo. Una caccia ai capi terroristi affidata ai reparti speciali ed ai servizi d’intelligence di Israele.
Dal Medio Oriente all’Ucraina l’orizzonte non lascia intravedere alternative alle distruzioni e ai massacri di militari e civili-
Diversi gli scenari della guerra nel cuore dell’Europa, dove il gelo invernale ha apparentemente inchiodato nelle trincee l’armata russa e le forze ucraine.

Per molti versi, le elezioni presidenziali russe in programma nel marzo 2024 potrebbero offrire una doppia chance a Kyiv. Per evitare di amplificare il già notevole malcontento popolare causato dall’inflazione galoppante e dal dirottamento della spesa sociale verso l’esercito, il Cremlino ha dovuto ridimensionare al minimo l’ulteriore mobilitazione per inviare rinforzi alle già provate e decimate truppe al fonte.
Criticità che potrebbe essere sfruttata dalle forze ucraine per un’improvvisa avanzata con conseguente ritirata anche parziale delle linee russe. Quanto baste per rovinare la campagna elettorale per l’ennesimo mandato presidenziale di Vladimir Putin.

Una ricandidatura obbligata quella del già quattro volte Presidente. Difficile immaginare un passo indietro di Putin in un momento così delicato per la Russia, in balia di una guerra scatenata come se dovesse concludersi in pochi giorni e che invece si sta rivelando disastrosa, con oltre 200 mila soldati morti.

In attesa di un blitz ucraino, l’Europa si interroga intanto sulla sconcertante mancanza di una visione strategica che rischia di penalizzare Kyiv.

Bruxelles potrebbe fare molto di più per sostenere l’Ucraina. “Se lo volesse – ha recentemente analizzato The Economist – potrebbe impiegare risorse industriali e finanziarie che fanno impallidire quelle della Russia. L’Europa e l’Occidente hanno urgentemente bisogno di scrollarsi di dosso il letargo”. E non lasciare che Putin alla lunga prevalga perché in grado di resistere di più sulla pelle dei soldati dell’armata russa, decimati al ritmo di mille caduti al giorno nelle fasi più cruenti del conflitto.
“Il modo migliore per scoraggiare Putin – scrive The Economist – é quello che l’Europa dimostri la propria risolutezza, mostrando fin da ora di essere pienamente impegnata a favore di un’Ucraina prospera, democratica e rivolta a ovest. Le armi contano, in particolare le difese aeree e i missili a lungo raggio per colpire le linee di rifornimento russe”.

Tanto a occidente quanto in Medio Oriente si prospettano un Natale di guerra e presepi di rovine, con le scie dei missili al posto della stella cometa.

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