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Droni iraniani e missili sovietici. Radiografia dell’arsenale Houthi

La campagna che Ansar Allah sta portando avanti nel Mar Rosso si fonda su un equilibrato mix di missili e droni kamikaze di origine iraniana, russa e cinese. Ecco quali sono e perché sono utilizzati

Un mix letale di loitering munitions e di missili anti-nave. È questa la ricetta seguita da Ansar Allah (il nome ufficiale dell’organizzazione dei ribelli yemeniti comunemente noti come Houthi) nella sua opera di interdizione dello stretto del Bab e-Mandeb, finalizzata a costringere i vascelli legati a Israele ad una costosa circumnavigazione del continente africano anziché transitare attraverso il più comodo ed economico canale di Suez.

L’arsenale missilistico a disposizione degli Houthi è alquanto variegato, essendosi ampliato costantemente durante l’ultima decade. Un report dell’International Institute of Strategic Studies fornisce una panoramica dell’evoluzione delle capacità missilistiche di Ansar Allah. A partire dal 2015, quando, a seguito all’occupazione della regione settentrionale dello Yemen (dove è locata anche la capitale Sanaa), il gruppo ha ottenuto l’accesso ai depositi di armi delle forze armate regolari. All’interno di questi depositi erano conservati vecchi vettori da crociera di manifattura straniera, come i modelli sovietici P-21 e P-22 Rubezh (versione da esportazione, rispettivamente a guida radar e a guida infrarossi, del sistema conosciuto come SS-N-2 Styx) e i cinesi C-801 (versione da esportazione a guida radar dell’YJ-8, Ch-Ss-N-4 Sardine nella nomenclatura Nato, e rinominati Al-Mandab 1 dalle forze di Ansar Allah). Questi modelli vengono ancora esibiti dalle milizie Houthi in occasione delle parate militari; tuttavia, permangono dubbi sia sul numero effettivo di testate a disposizione che sulla loro effettiva operatività. Inoltre, le caratteristiche tecniche di questi specifici modelli, come la limitata portata (ottanta chilometri per i missili russi, quarantasei per quelli cinesi), le rendono una minaccia relativamente rilevante.

Ma negli anni successivi, a questi sistemi se ne sono aggiunti altri. Fonte di questi preziosi rifornimenti era ed è tutt’ora, ovviamente, Teheran. Ansar Allah rappresenta infatti una delle componenti più rilevanti dell’axis of resistance, il network di proxies costituito attraverso l’intera regione mediorientale dall’Iran degli Ayatollah durante gli ultimi anni. Tra i sistemi forniti agli Houthi dai propri alleati rientrano l’Al-Mandab 2 (nome yemenita della versione iraniana del cinese YJ-82/Ch-Ss-N-6 Saccade, prodotto in più sottoversioni con una portata che varia dai cento ai trecento chilometri; quest’ultima sembrerebbe essere quella in dotazione alle forze Houthi) e il Quds-1 (nome yemenita dell’iraniano Paveh/351), sia nella sua versione a guida radar (nota come Sayyad, con circa ottocento chilometri di portata) che in quella a guida infrarossi (Quds Z-0, con una portata equivalente alla versione radar).

Ma oltre ai missili cruise, sembra che l’Iran abbia fornito alla propria longa manus yemenita anche sistemi balistici. In questa categoria rientrano l’Asef (Fateh 313 nella originale denominazione iraniana, con una portata di 450 chilometri) e il Tankil (versione anti-nave dello Zohayr in forza alle Irgc, con una portata di circa cinquecento chilometri). Quest’ultimo sembra tuttavia essere soltanto una riproduzione priva di capacità operative, così come sembra esserlo anche l’Hateem, simile al Kheibar Shekan iraniano, che ha un raggio d’azione dichiarato di 1.450 km. Entrambi i modelli sono stati mostrati in occasione di parate militari, ma non si hanno notizie di un loro effettivo impiego.

Sempre di origine persiana sono le loitering munitions impiegate da Ansar Allah. Secondo quanto riportato dalle forze armate britanniche, gli Houthi starebbero impiegando in funzione anti-nave gli Shahed-136 che tanto si stanno facendo conoscere all’interno del conflitto ucraino. Rispetto ai missili, sono più facilmente intercettabili dai sistema di difesa avversari; al contempo però vantano una portata di millecinquecento chilometri (superiore a quella di tutti i sistemi apparentemente disponibili alle milizie Houthi) e di un costo decisamente inferiore, che si aggira intorno ai ventimila dollari.

L’ampia varietà dei sistemi d’arma a cui Ansar Allah può ricorrere nel perseguimento della sua campagna d’interdizione è fonte di dubbio: le armi sono state infatti fornite dall’Iran ben prima dell’ottobre del 2023. Ciò suggerisce un forte interesse iraniano per il rafforzamento delle capacità antinave degli Houthi nel lungo periodo, assieme a un potenziale tentativo di esportare il modello iraniano di coercizione navale dal Golfo Persico e dallo Stretto di Hormuz agli altrettanto cruciali Mar Rosso e Bab el-Mandeb. Considerarlo una prova fondante della consapevolezza (se non della complicità) iraniana dei preparativi in corso per l’attacco poi messo effettivamente in atto da Hamas il 7 ottobre sarebbe sbagliato. Ma rimane un fattore da tenere comunque a mente.

E oltre la dimensione politica, è interessante considerare anche quella economica, soprattutto in un’ottica relativa. I sistemi d’arma impiegati dagli Houthi sono caratterizzati da un costo particolarmente basso: il più moderno dei missili apparentemente disponibili agli houthi ha un costo stimato di centocinquanta mila dollari, mentre quello delle loitering munitions si attesta, come già specificato in precedenza, sui ventimila dollari. Ma l’impiego di questi mezzi potrebbe permettere ad Ansar Allah di esaurire rapidamente le riserve dei molto più costosi e preziosi sistemi di difesa disponibili sui vascelli militari schierati nell’area; allo stesso tempo, un arsenale così “economico” rischia di avere un impatto enorme sul sistema globale.

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