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Il Pentagono taglia le psy-ops mentre Cina e Russia spingono sulla propaganda

Mentre Russia e Cina accelerano sull’info-war, Washington segue il percorso opposto, nel tentativo di tutelare reparti più “cinetici”. Ma trascurando questa dimensione (che in passato ha già portato risultati concreti) si rischia di esporre il fianco al nemico

Nella complessa realtà odierna, così come con altri mezzi nel passato, le cosiddette operazioni di information warfare (infowar) rappresentano uno strumento estremamente efficace nel perorare i propri obiettivi all’interno dell’arena internazionale. Questo lo sanno bene “attori revisionisti” come la Federazione Russa e la Repubblica Popolare Cinese, i quali negli ultimi anni hanno accresciuto notevolmente i mezzi relativi a questo tipo di operazioni, traendone vantaggi concreti. La Russia ricorre alle cosiddette “troll farms” per plasmare le discussioni sulle piattaforme di social media americane, oltre che per convincere le popolazioni locali a rivoltarsi contro le truppe della Nato attribuendo false responsabilità per attacchi sul campo di battaglia e creando ad hoc notizie false. Ma anche la Cina dispone di un sofisticato sistema di guerra dell’informazione, che non ha esitato a sfruttare in occasione delle elezioni a Taiwan. Tuttavia, mentre Pechino e Mosca espandono il proprio arsenale di strumenti legati all’ambito dell’info-war, Washington sembra andare nella direzione opposta.

Secondo quanto riportato da una fonte anonima a DefenseOne, i vertici del Pentagono starebbero valutando tagli alle operazioni di supporto informativo militare, comunemente note col termine di psychological operations (o psy-ops, ancora più in gergo), al fine di risparmiare preziose risorse da destinare a reparti “cinetici” d’élite come i Berretti Verdi o i Ranger. Il dibattito sui tagli sarebbe in corso da almeno un anno, precisamente quando l’ufficio del Pentagono per la valutazione dei costi e dei programmi ha raccomandato una riduzione nel numero di operatori speciali in mansioni di supporto, logistica e comunicazioni. Reparti come l’8° Gruppo per le Operazioni, che costituiscono la maggior parte delle truppe di prima linea del Pentagono per la guerra d’influenza e d’informazione, sarebbero colpiti dai tagli. Secondo le stime, fino a 3.000 operatori speciali potrebbero essere oggetto della “revisione”.

“Tutti i nostri avversari hanno investito molto in questo spazio perché si considerano avvantaggiati rispetto a noi. E si tratta di una barriera all’ingresso poco costosa rispetto ad altre tradizionali forze militari di cui continuiamo a godere” ha dichiarato a DefenseOne un alto funzionario del dipartimento della Difesa statunitense. Che sottolinea anche come nel caso statunitense tali operazioni siano molto più piccole e abbiano obiettivi molto più limitati. “All’interno del nostro stesso governo, in alcuni casi c’è apprensione per i militari che si occupano delle operazioni di informazione, perché sembra che gestiscano un ‘Grande Fratello’. E sembra anche qualcosa che non è particolarmente legato alle operazioni militari”.

Questa branca rappresenta una porzione minuscola all’interno delle forze armate di Washington, ma gioca un ruolo di rilievo dei campi di battaglia dove gli Stati Uniti sono impegnati. Esemplare quanto avvenuto nel 2017 in Africa centrale, quando i soldati delle operazioni psicologiche hanno convinto molti combattenti dell’Esercito di Resistenza del Signore ad abbandonare la loro causa, rendendo possibile la neutralizzazione del gruppo ribelle a costi inferiori sia sul lato umano che su quello economico. Oggi le operazioni psicologiche degli Stati Uniti giocano un ruolo importante in Medio Oriente, in concomitanza ad altre operazioni come gli attacchi missilistici di rappresaglia o gli sforzi nelle pubbliche relazioni.

Il funzionario contattato da DefenseOne ha affermato che sono proprio questo tipo di operazioni siano la causa, diretta o indiretta, della riduzione negli attacchi delle milizie filo-iraniane contro avamposti e navi da guerra statunitensi.

Sebbene resta evidente che la scelta sia stata ponderata, ridurre le proprie capacità in una dimensione così importante in scenari più o meno convenzionali (innegabile il suo ruolo anche all’interno del conflitto ucraino), mentre i principali competitor incrementano i mezzi a loro disposizione, potrebbe rivelarsi una scelta pericolosa per Washington – che potrebbe rendersi più vulnerabile ad azioni rivolte contro il territorio Usa e la sua popolazione.

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