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Piccolo arcipelago, grandi potenze. Tempo di elezioni nelle Salomone divise tra Usa e Cina

La prossima settimana nell’arcipelago del Pacifico si svolgeranno delle elezioni fortemente condizionate dalla politica estera. Mentre il governo uscente è schierato a favore di Pechino, le opposizioni guardano verso Washington

Le consultazioni elettorali delle Isole Salomone, previste per la prossima settimana, sono un osservato speciale da parte degli attori coinvolti nel grande gioco delle potenze. Queste elezioni infatti sono le prime da quando il primo ministro Manasseh Sogavare ha firmato un patto di sicurezza con la Repubblica Popolare Cinese, aprendo un nuovo fronte di competizione tra Pechino e Washington nel più vasto teatro indo-pacifico.

Il riavvicinamento con la Cina promosso da Sogavare da quando ha conquistato il potere quattro anni fa, che si è concretizzato nella revisione dei rapporti diplomatici con Taiwan e nell’invito rivolto alla polizia cinese ad operare nell’arcipelago (con risultati controproducenti per Pechino), è sotto i riflettori della campagna elettorale. “I servizi e l’economia sono davvero in una situazione disperata. Anche la questione della Cina e di questa nuova relazione è importante. È una fonte di rabbia nei confronti di Sogavare”, ha dichiarato il leader del Partito dell’Alleanza Democratica, nonché predecessore di Sogavare come leader dell’esecutivo, Rick Houenipwela. Mentre Peter Kenilorea, leader del Partito Unito che ha ottenuto il 10% dei voti nel 2019, ha detto che vuole che le Isole Salomone tornino ad essere un partner affidabile dell’Australia e della Nuova Zelanda e che abolirebbe il patto di sicurezza con la Cina: “Non siamo convinti che sia nell’interesse delle Isole Salomone”. I partiti dell’opposizione, compreso quello di Houenipwela e di Kenilorea, hanno dichiarato di voler eliminare il patto di sicurezza con la Cina o di voler indire un referendum nazionale su di esso. Essi vogliono inoltre ridurre l’influenza della Cina nello sviluppo del sistema infrastrutturale locale (dai porti alle strade fino alle reti di telecomunicazione), accresciutasi esponenzialmente negli ultimi anni, preferendo un maggiore sostegno da parte degli alleati statunitensi.

In particolare, l’andamento delle votazioni nella provincia di Malaita sarà seguito con un’attenzione particolare. Malaita, che è la provincia più popolosa, che da tempo critica l’approfondimento dei legami con la Cina. L’ex-governatore della provincia, Daniel Suidani, si è rifiutato di permettere alle aziende cinesi di operare nella provincia fino a quando non è stato estromesso con un voto di sfiducia lo scorso anno. Mentre il suo sostituto, Martin Fini, ha firmato accordi di cooperazione con la Cina, l’ultimo dei quali risalente alla settimana scorsa, in occasione della visita a Malaita dell’inviato speciale della Cina per il Pacifico Qian Bo.

L’Australia ha inviato quattrocento poliziotti e militari per assistere la Royal Solomon Islands Police Force nella sicurezza elettorale, insieme alle forze della Nuova Zelanda e del Pacifico. Inoltre, gruppi di osservatori elettorali provenienti da Australia, Nuova Zelanda, Paesi del Pacifico, Giappone, Europa e Stati Uniti monitoreranno le votazioni e lo spoglio.

Gli Stati Uniti e l’Australia sono preoccupati per le ambizioni navali della Cina nei Paesi del Pacifico, mentre aumentano le tensioni su Taiwan. Sogavare ha detto pubblicamente che non ospiterà una base militare cinese, che Washington e Canberra hanno definito una linea rossa. Dal canto suo, Pechino afferma che la cooperazione per la sicurezza nelle Isole Salomone è una questione sovrana per i due Paesi e ha negato di volere una base militare, ma i leader militari statunitensi non sono convinti.

“L’aumento della presenza di polizia nelle Isole Salomone è preoccupante, è un passo avanti e poi vedremo come andrà a finire”, ha dichiarato in un’intervista l’ammiraglio John Aquilino, a capo del Comando degli Stati Uniti per l’Indo-Pacifico.

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