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La nostalgia per la serietà della Dc e l’occasione (da non perdere) per Meloni. Parla Adornato

Secondo un sondaggio gli italiani sarebbero nostalgici della Democrazia cristiana. Ma non si tratta di una latitanza in termini valoriali, bensì della nostalgia di avere una classe politica seria e preparata. Meloni deve avviare il percorso per creare un grande partito conservatore e creare classe dirigente. Colloquio con l’ex parlamentare Ferdinando Adornato

Gli italiani rimpiangono la Dc. Sembrerebbe proprio così: dopo l’ondata anti-politica, che in qualche misura richiama i giorni immediatamente successivi a Mani Pulite, è tornata voglia di politica. O meglio c’è voglia del “meccanismo di selezione dei politici che caratterizzava la Democrazia cristiana”. È la lettura che Ferdinando Adornato, ex parlamentare e giornalista dà al sondaggio uscito negli scorsi giorni su Repubblica.

Adornato, cosa sta accadendo al popolo italiano: una voglia di tornare alla politica?

Partirei, più che altro, da ciò che non viene rimpianto. Da ciò per il quale non ci può essere nostalgia. E mi riferisco in particolare ai valori cristiani: mi sembrano che siano molto ben rappresentati nell’ambito del centrodestra tra Forza Italia e Fratelli d’Itali. Tra l’altro, quando accusano Meloni di essere fascista per aver ripetuto il motto “Dio, Patria e Famiglia” i suoi detrattori dimostrano una totale assenza di argomenti e una grande ignoranza. Erano infatti i motti mazziniani, risorgimentali.

Forse, tra gli italiani, c’è “nostalgia” dell’anelito pacifista che erroneamente si attribuisce alla Dc.

Anche questo è un grandissimo errore storico. Nessun democristiano, infatti, si sarebbe mai sognato di collocarsi al di fuori della Nato. E, comunque, i pacifisti sono molto ben rappresentanti in seno al centrosinistra.

Quindi, insomma, cosa si rimpiange della tradizione democristiana?

La nostalgia esiste ed è molto forte per quanto attiene alla serietà incarnata dai politici democristiani. Tutti i quanti selezionati sulla base di un’esperienza molto profonda. Ci si accostava alla politica, pur con le debite eccezioni negative in questo senso, in maniera quasi sacrale. L’impegno politico era assunto in maniera assolutamente seria. Oggi, per dirla con una battuta, la frittata si è ribaltata.

Com’è accaduto?

Sono venuti a mancare i meccanismi di selezione dei politici. Non essendoci più i partiti, non ci sono più luoghi di formazione della classe dirigente e non è stata creata, in questi anni, un’alternativa. Tutto questo, ha portato un decadimento assoluto della classe politica. Teniamo presente, peraltro, che l’Italia dal 1993 ha avuto solo sette anni in cui è stata governata da un premier espresso dalla politica. Uno dei motivi per i quali, adesso, Giorgia Meloni piace: rappresenta il ritorno della politica e della volontà popolare.

Però a Meloni spesso si contesta l’assenza di classe dirigente…

Su questo non si può esprimere un giudizio. È troppo presto. Tuttavia, non deve perdere tempo per fare il grande salto di qualità.

A cosa fa riferimento?

Occorre avviare seriamente un processo di definizione identitaria del partito. L’esame sulla politica estera l’ha già superato a pieni voti. Ora si deve concentrare sui suoi: va perfezionato un consolidamento istituzionale, senza spostarsi al centro ma creando i presupposti per creare un grande partito conservatore. Il passaggio chiave, in questo senso, è quello di scrivere una carta dei valori che sia il frutto di una riflessione – magari allargata anche ad altri al di fuori del suo partito – molto profonda.

Anche a sinistra, la classe dirigente non eccelle.

No e in più la sinistra non ha Giorgia Meloni. Infatti, Elly Schlein pur rappresentando perfettamente il movimentismo non ha il pedigree politico della premier.

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