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Il Mir perde pezzi. Come si sta sgretolando il sistema di pagamenti russo

​Le sanzioni contro Mosca continuano a fare terra bruciata e dopo il fronte cinese si apre anche quello dei pagamenti elettronici. Il Kirghizistan, alleato di ferro del Cremlino, si chiama fuori dalla piattaforma nata per salvare le banche russe, una volta buttate fuori dallo Swift. E non è il primo caso

Doveva essere la risposta russa all’Occidente. E invece il rischio di un colossale flop è dietro l’angolo. Le sanzioni continuano a fare terra bruciata intorno alla Russia. Non solo la Cina, non solo la Turchia, che hanno smesso di pagare nei tempi previsti il petrolio acquistato da Mosca. Stavolta l’oro nero c’entra fino a un certo punto. Stavolta è Mir, il sistema di pagamenti su carta elettronica concepito per salvare le banche della Federazione una volta buttate fuori dal ben più articolato e robusto Swift, a presentare crepe piuttosto evidenti.

E così, dopo quello cinese, per il Cremlino si apre il fronte delle transazioni su carta di credito. Premessa. A febbraio gli Stati Uniti hanno sanzionato la società che gestisce il Mir, per tentare di tirare un altro fendente al cuore finanziario della Russia. Ora, come noto le sanzioni di ultima generazione, prevedono la possibilità di colpire anche banche o istituzioni esterne alla Russia ma che in un modo o nell’altro intrattengono rapporti con Mosca. E allora ecco spiegato come il centro di elaborazione interbancaria del Kirghizistan abbia appena dichiarato di voler “cessare di servire le carte bancarie Mir dal 5 aprile” al fine di “minimizzare il rischio di sanzioni secondarie”.

Tradotto, stop, basta, niente più carte che spostano soldi da e per la Russia. E pensare che non si tratta di un Paese qualunque. Kirghizistan è un alleato della Russia e che per giunta fa parte di un’alleanza di sicurezza e di un’unione doganale guidata da Mosca, fino a poco fa una porta di servizio per l’ingresso delle merci e capitali in Russia. E lo stesso vale per l’Armenia, le cui banche hanno interrotto l’elaborazione dei pagamenti tramite carte Mir  proprio durante il fine settimana.

Insomma, forse è tempo anche per il Cremlino di ammettere il fallimento del progetto Mir. D’altronde, già pochi mesi dopo l’aggressione all’Ucraina c’erano state delle avvisaglie. Prima la Turchia, poi le ex repubbliche sovietiche, nessuno o quasi sembrava più volerne sapere di accettare transazioni con carte che poggiano sul network messo in piedi dall’ex Urss per tentare di aggirare i circuiti occidentali. Alcuni avevano fatto marcia indietro, altri no.

Mosca aveva bussato alla porta dell’India. Come? Semplice, spalancando i battenti alla rupia, la moneta indiana. Al fine di facilitare il commercio estero di rupie, le due principali banche russe, Sberbank e Vtb Bank avevano aperto uno speciale conto in rupie presso le rispettive filiali a Delhi, proponendosi come i primi istituti di credito stranieri a ricevere questa tipologia di approvazione da parte delle autorità indiane. L’obiettivo non dichiarato era cercare di incamerare le commissioni legate ai movimenti di denaro in rupie, gestiti presso le due banche russe. Sarà servito?

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