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La sfida del cattolicesimo politico tra gnosticismo e populismo. Scrive D’Ambrosio

Di Rocco D’Ambrosio

“Le ideologie – come ricorda il Papa – seducono, ma portano ad annegare”. L’ignoranza e la mancanza di formazione sembrano soffiare nel flauto che attira i cattolici di ogni Paese, conducendo conduce pastori e laici sul carro del vincitore, di destra o di sinistra che sia, nella convinzione che la conquista del potere sia indispensabile per la sopravvivenza economica e culturale della Chiesa cattolica. La riflessione di D’Ambrosio

Mi ha lasciato un po’ perplesso l’analisi di Riccardo Cristiano sull’uscita di scena di Biden e la fine del cattolicesimo conciliare. Per quanto ricca e argomentata, la sua analisi andrebbe collocata in un quadro storico più ampio e più generale. Negli Stati Uniti, come in diversi Paesi con una significativa presenza cattolica (Italia inclusa), troviamo un cattolicesimo conciliare – serio, maturo, accogliente e solidale verso gli ultimi, impegnato civicamente e politicamente, non fanatico e rispettoso della laicità dello Stato e delle sue istituzioni – ma anche uno (pseudo) cattolicesimo reazionario, bigotto, fanatico, ideologico, interessato al potere, spesso asservito a logiche utilitaristiche, razziste, omofobe e chiuse.

Il confronto, spesso scontro, tra queste due visioni genera, negli Stati Uniti e in altri Paesi, un disagio ecclesiale, culturale e politico costante, su cui i pastori hanno il dovere di intervenire per insegnare e formare, perché l’ignoranza e la malafede sono origine di mali peggiori.

Provo a fare una sintesi. Seguendo Eric Voegelin si può dire che i vari populisti sulla scena (Trump, Putin, Netanyahu, Orban, Le Pen, Salvini, Meloni e diversi altri), pur nella diversità di storie, formazione, sensibilità e collocazione politica, siano accomunati da un uso strumentale della religione (che prescinde dal loro essere credenti o meno; elemento che appartiene alla sfera intima della coscienza e non può mai essere oggetto di analisi e giudizio).

Non l’intimità va giudicata ma alcune caratteristiche che si ripetono in spazi e tempi diversi. Questi leader professano:

1. l’insoddisfazione per lo status quo e per tutta la storia che li ha preceduti, senza assumere mai nettamente le distanze da quella storia orribilmente antidemocratica e totalitaria (fascista, nazista o comunista sovietica che sia).

2. La convinzione che le difficoltà presenti si devono attribuire alla struttura intrinsecamente deficiente di questo mondo, su cui solo altri hanno responsabilità e non essi.

3. La convinzione che è possibile salvarsi dal male di questo mondo purché ci si affidi totalmente al nuovo capo o premier o presidente che dir si voglia.

4. L’emergere, nel processo storico, di un mondo buono da uno cattivo, da realizzare basandosi su promesse vane e nessuna visione strategica.

5. Il richiamo costante a un “popolo” generalmente preso, ma mai individuato nelle sue forme istituzionali di rappresentanza;

6. Il dovere del politico di cercare le soluzioni per determinare tale mutamento, in genere senza rispetto delle regole costituzionali e delle prassi politiche e istituzionali vigenti.

7. La religione ridotta a ideologia funzionale al progetto politico, poco rispettosa della Rivelazione, della sua trascendenza e capacità di illuminare menti e cuori di tutti. Anzi questi populisti hanno la pretesa di essere gli unici interpreti della volontà divina, che praticamente coincide con la loro: si pensi al “Dio” che scende in guerra dalla “nostra parte”, che ci “salva” dal male che minaccia il mondo, che “decreta” l’inferiorità di stranieri, etnie specifiche, donne, poveri, Lgbt e via discorrendo).

Questi sintetici elementi sono gli ingredienti principali dello gnosticismo politico; tentazione, e a volte realtà, mai scomparsa nella storia cattolica. Andrebbero approfondite anche le forme di gnosticismo politico, ideologico e fondamentalista, presenti nelle altre religioni.

Se è difficile comprendere cosa sia oggi lo gnosticismo politico, ancor più lo è comprendere la reazione cattolica, specie di preti, vescovi, cardinali e fedeli laici impegnati.

Soprattutto fanno riflettere quei cattolici che, sbandierando rosari o posizioni contro aborto ed eutanasia, si autoiscrivono a tradizioni culturali e religiose da cui sono lontani miglia. Ci sono anche i cattolici, pastori e laici, che corrompono e si fanno corrompere, che imprecano contro i migranti, trascurano giustizia e pace, vanno a braccetto con i potentati economici, specie quelli generosi con pingui offerte per diocesi, parrocchie e gruppi vari.

Semplicemente dovremmo dire che non sono cattolici, piuttosto sono figli e nipoti degli “atei devoti” (descritti da Beniamino Andreatta) e che trattano la fede come un’ideologia. Ma le ideologie, ha ricordato il Papa, “sono seduttrici. Qualcuno le comparava a quello che a Hamelin suonava il flauto; seducono, ma ti portano ad annegare”. L’ignoranza e la mancanza di formazione sembrano soffiare molto nel flauto che attira i cattolici di ogni Paese.

Non sorprende, inoltre, che la carenza di cultura solida e formazione costante porti molti pastori e fedeli laici a salire sul carro del vincitore, di destra o di sinistra che sia, perché si crede che la conquista del potere sia indispensabile per la sopravvivenza economica e culturale della Chiesa cattolica.

Il rischio è sempre lo stesso: quello descritto da Ilario di Poitiers nel IV secolo. “Noi non abbiamo più un imperatore anticristiano che ci perseguita, ma dobbiamo lottare contro un persecutore ancora più insidioso, un nemico che lusinga; non ci flagella la schiena ma ci accarezza il ventre; non ci confisca i beni (dandoci così la vita), ma ci arricchisce per darci la morte; non ci spinge verso la libertà mettendoci in carcere, ma verso la schiavitù invitandoci e onorandoci nel palazzo; non ci colpisce il corpo, ma prende possesso del cuore; non ci taglia la testa con la spada, ma ci uccide l’anima con il denaro, il potere, il successo, i primi posti nella nostra società”.



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