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Ecco la vera leadership di Kamala Harris. La riflessione di Elvira Frojo

La candidata democratica porta avanti una battaglia che è delle donne e della società. “Potrai essere la prima, ma assicurati di non essere l’ultima”, è il suo motto. Un monito trasmesso dalla madre sin da giovanissima. Da allora, ha infranto stereotipi diventando modello per le donne

Mancano meno di 70 giorni alle elezioni presidenziali americane. C’è attesa per il confronto televisivo Harris-Trump del 10 settembre, inizialmente reso incerto per mancanza di accordo su alcuni dettagli organizzativi.

Gli analisti guardano al “duello” con interesse non solo politico.

Nella corsa alla Casa Bianca, gioia, gentilezza, condivisione, valori possono essere armi vincenti, oltre competenza e determinazione?

Kamala Harris, prima di essere nominata vicepresidente, è stata senatrice degli Stati Uniti e procuratrice generale della California e distrettuale di San Francisco. Ma, forse, il curriculum professionale non è la sua maggiore forza.

Pragmatica e sicura, è soprattutto gioiosa. Il sorriso della candidata democratica si è rivelata un’arma in grado di spezzare le frecce avvelenate del suo rivale. Dietro quella gioia, c’è desiderio di confronto e positività, con ironia e leggerezza.

E mentre non si fermano gli insulti razziali e sessisti da parte dell’ex presidente repubblicano, l’avversaria che punta a conquistare il ceto medio e gli Stati ‘in bilico’ continua ad aumentare consensi. Soprattutto, tra giovani, laureati, donne.

Secondo alcuni sondaggi, infatti, Harris, sarebbe già in sia pur leggero vantaggio su Trump e in netto recupero sulla precedente posizione di Biden.

Harris, “la più bella procuratrice del Paese”, come è stata definita dall’amico Barack Obama, poi scusatosi, ha risentito nella sua formazione dell’influenza del nonno, diplomatico. Il nome Kamala, in sanscrito “fiore di loto”, nella cultura indiana è simbolo di bellezza, prosperità e fertilità. Meno alta di quanto sembri (un metro e sessantatré), ama cucinare e, nel 2019, ha pubblicato un video con l’attrice Mindy Kaling con oltre sei milioni di visualizzazioni. Esperta ballerina, nel 50° anniversario dell’hip hop, i suoi video, con una banda musicale di bambini, sono diventati virali sui social media. Amante di calzature e collezionista di sneaker Converse, Harris si allena per mezz’ora al mattino presto.

Kamala è anche la donna di colore che, in caso di successo, sarebbe la prima presidente degli Stati Uniti. Accettando formalmente la nomination, nel giorno del suo decimo anniversario di matrimonio, in abito scuro come se fosse già in carica, si è dichiarata onorata dell’investitura di Joe Biden e ne ha elogiato il mandato. Nella prima intervista concessa alla Cnn, ha affermato, tuttavia, che “è ora di voltare pagina”.

In un contesto che registra un aumento dell’inflazione del 20% dal 2021 e difficoltà economiche per le famiglie, promette riforme a favore del ceto medio per ridurre il costo della casa e dell’assistenza sanitaria, descrivendo gli Stati Uniti come il più grande Paese del mondo, convinta che essere americani sia il maggiore privilegio. Affermazioni forti, dopo che il mondo intero ha assistito persino all’attacco del Campidoglio, simbolo della democrazia americana, e alla contestazione di risultati elettorali. O dopo l’annullamento di un diritto giudicato costituzionale, come l’aborto, che in circa venti stati ha determinato divieti di interruzione della gravidanza. Generando ansia anche per altri diritti.

In un drammatico periodo segnato dalle guerre, Harris dichiara di mirare, in politica estera, a mantenere la leadership degli Usa nel mondo e agire per una possibile tregua dei conflitti in Ucraina e Medio Oriente.

Indifferente alle accuse di alcune posizioni assunte nel passato, in particolare su immigrazione e fracking per l’estrazione di idrocarburi, ha spiegato, durante l’intervista alla Cnn che non sono cambiati i suoi valori ma di avere acquisito nuove prospettive su alcune questioni urgenti del Paese.

Nell’approssimarsi del 2026, 250° anniversario della fondazione del Paese, è possibile credere nel sogno americano, per una società che appare sempre più imperfetta e fragile?

Harris non si presenta come lady d’acciaio né le si attribuiscono attributi maschili. Sostiene la propria unicità. Ed è tutto.

Alla convention di Chicago, ha promesso di governare per il popolo americano, non solo per i propri elettori. Convinta della ricchezza della diversità di opinioni e esperienze, annuncia anzi che, ove eletta, nominerà un repubblicano per il suo gabinetto.

La prospettiva Harris, dunque, è l’immagine positiva di fiducia e energia che suscita entusiasmo, dopo un lungo periodo di incertezze e negatività.

La candidata democratica porta avanti una battaglia che è delle donne e della società. “Potrai essere la prima, ma assicurati di non essere l’ultima”, è il suo motto. Un monito trasmesso dalla madre sin da giovanissima. Da allora, ha infranto stereotipi diventando modello per le donne.

Nella sua battaglia non è sola. Insieme, per la prima volta, le donne sono protagoniste di una voce corale per una nuova leadership. Hillary Clinton, che non è riuscita ad avere accesso allo Studio Ovale come presidente, è sua alleata, e così tante figure femminili come l’influente Nancy Pelosi, la rappresentante del partito democratico Alexandria Ocasio-Cortez, la senatrice Elizabeth Warren e la carismatica Michelle Obama che non ha esitato a pronunciare, nel potente discorso alla Convention, “yes, she can”. “Qualcosa di magico sta accadendo, non solo in questo stadio ma fuori da qui. La speranza sta tornando”.

Una riflessione viene, tuttavia, dagli uomini, nella competizione americana. Nei loro interventi, hanno manifestato apertamente emozioni e sentimenti, mostrato ammirazione per le mogli. Scendendo in profondità, per la prima volta, anche in dettagli privati e domestici.

Impeccabile nella sua vicinanza a Kamala, il marito Douglas Emhoff, che potrebbe diventare il primo ‘first gentleman’ della storia americana. Harris ha vissuto l’inclusività sulla propria identità. La sua nuova famiglia è multietnica e multireligiosa. Emhoff è bianco ed ebreo, lei appartiene alla Chiesa battista nera. I figli del compagno di vita sono diventati suoi figli.

Il governatore del Minnesota Tim Waltz, compagno di corsa della Harris designato come vicepresidente, ha parlato non solo di “diritti riproduttivi” ma anche del dolore personale di infertilità e della gioia di avere figli. Esemplare la sua condotta e le parole per il figlio Gus, commosso durante il discorso del padre alla nomination, mentre gli avversari politici goffamente lo deridevano. Ma quando l’occasione lo richiede, Waltz e Harris non lesinano colpi decisi. Con umorismo.

È la forza delle donne del “fare”. Senza vittimismo, affermano capacità, solidarietà, valori e sentimenti non solo individuali. Possiedono e manifestano capacità considerate “maschili” sulla base di stereotipi di genere esaltando, tuttavia, le qualità “femminili”. In un attento equilibrio di comportamento, per non essere considerate aggressive, se decise e autoritarie, o inadeguate, se troppo empatiche. Un campo minato per giudizi facilmente negativi. Autenticità, flessibilità e una rete di solidarietà femminile sono fattori vincenti. Forse, convincenti anche per molti uomini.

Sono risposte universali di speranza, per un mondo alla ricerca di una nuova umanità. Una prospettiva che definisce una fisionomia etica in cui maschile e femminile condividono spazi inediti per i diritti di tutti affermando valori e sentimenti collettivi.

Una leadership “femminile” vincente, al di là dell’esito delle elezioni americane del 5 novembre. Una donna potrebbe diventare riferimento non solo per le altre donne, in ruoli di potere. Una donna che ha già vinto se, al di là dell’efficacia della politica, ha saputo guardare al cambiamento delle vite reali immaginando orizzonti che sembravano irraggiungibili. È la storia, da sempre, delle donne.

 

 



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