È circa una settimana che il processo di riunificazione in Libia è fermo: il generale Khalifa Haftar, che comanda la sfera militare e soprattutto quella politica nell’Est, ha detto apertamente (qualora ce ne fosse stato bisogno) che non riconosce il percorso politico veicolato dall’Onu e guidato dal futuro premier Fayez Serraj e ha liquidato un incontro con il delegato delle Nazioni Unite Martin Kobler con un secco “ho altro da fare”.
IL PIANO DI HAFTAR
L’altro da fare, per stesse parole di Haftar, è “combattere i terroristi”, che nella logica semplificata del generalissimo sono sia gli uomini dello Stato islamico sia tutte le altre milizie che non stanno con lui (ha un po’ di rispetto formale per le fazioni tripoline che sono diventate fedeli a Serraj, ma è solo questione semantica, ideologicamente le ritiene ancora i nemici giurati che combatteva con l’operazione “Dignità”). In una logica più ampia, invece, la guerra al terrorismo è il modo con cui Haftar traveste le sue mire di potere. L’uomo forte della Cirenaica in questo momento non va verso Sirte, però, dove l’Is ha piantato la sua “fiorente roccaforte” (citazione dall’analista Aaron Zelin): la missione era stata annunciata con ampi fiati di trombe, ma qualcuno ha messo un freno, probabilmente gli sponsor esterni, come l’Egitto e gli Stati del Golfo. (Anche le forze di Misurata, fedeli a Serraj, avevano annunciato in risposta l’inizio di una campagna militare contro i baghdadisti, ma pure lì c’è stato qualche freno, anche quello legato con ogni probabilità alle pressioni esterne occidentali che hanno chiesto calma, perché sanno che i misuratini da soli non possono farcela, hanno bisogno di supporto militare e addestramento, e tutto s’è chiuso con la costituzione di un’altra, immobile, operation room a Tripoli per coordinare l’attacco). Haftar, che s’è avvantaggiato comunque verso Sirte, s’è ora concentrato su Derna, la prima città in cui è entrato lo Stato islamico in Libia e che adesso è guidata da un Consiglio della Shura composto da milizie essenzialmente filo-qaediste, che sono riuscite a scacciare l’Is, ma che per Haftar sono sullo stesso piano ideologico del Califfato. Se le forze del cosiddetto Libyan National Army, la compagnia paramilitare che ama darsi peso da esercito nazionale guidata dal generale filo-egiziano, riuscissero a prendere Derna, allora significherebbe che Haftar può controllare tutta la Cirenaica (Bengasi, la città più importante è quasi definitivamente liberata da un altro raggruppamento di milizie simile a quello che si trova a Derna, solo che alcune aree nella città che fece da tomba al console americano Chris Stevens durante una rivolta islamista nel 2012 erano occupate dal Califfato, che le forze di Haftar, pare con l’aiuto delle forze speciali francesi, sono riuscite a liberare). Presa Derna tutta la parte orientale della Libia potrebbe essere pronta al progetto finale federalista/indipendentista protetto dal generale, su cui da sempre si dice si siano posate le mire egiziane.
I NUOVI SOLDI STAMPATI DAI RUSSI
Mercoledì, una banca parallela alla Libyan Central Bank che ha sede a Beida, in Cirenaica, ha fatto sapere che dal primo di giugno saranno messe in
CONTATTI DIPLOMATICI
La diplomazia occidentale è preoccupata che le conseguenze di questo ennesimo passaggio divisivo possano intaccare la flebile fiducia che la popolazione ha nel governo insediatosi a Tripoli. Dopo il vertice tenutosi a Vienna la scorsa settimana i paesi europei, gli Stati Uniti e l’Onu, hanno fatto ulteriori passi avanti nel sostegno a Serraj. Una forza di addestramento per il neonato corpo della Guardia presidenziale è stata assicurata e lo stesso dicasi per la Guardia costiera, che riceverà istruzioni sul controllo dei mari (attenzione: non si tratta della missione in grande stile, a guida italiana, annunciata nei mesi precedenti per proteggere i punti sensibili in Libia, ma di un piano di addestramento per le forze libiche che potrebbe pure avvenire fuori dal Paese, anche se per il momento non ci sono dettagli) . L’interesse dell’Europa è tutto nel controllare che l’embargo sulle armi, forse sospeso solo per la nuova unità costituita dal governo di Tripoli, resti in piedi tenendo contemporaneamente d’occhio i flussi migratori (in crescita), per questo, accogliendo le richieste dirette fatte da Serraj domenica scorsa, Bruxelles ha previsto l’allargamento di “Sophia”, la missione navale già in atto nel Mediterraneo. Spetta di nuovo agli attori interni cercare la quadra definitiva annunciata per imminente ormai da più di due mesi: martedì Serraj è volato in Arabia Saudita, per cercare l’intercessione di Riad (e dei paesi del Golfo), che hanno influenza in Cirenaica. Il giorno successivo Haftar è andato al Cairo dove pare abbia ricevuto istruzioni da parte del suo più grosso sponsor esterno, l’Egitto, di avviare i contatti di collaborazione per combattere l’Is in modo congiunto con il governo occidentale.