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Covfefe, che succede nelle comunicazioni della Casa Bianca?

Ieri sera, poco dopo la mezzanotte ora di Washington, l’account Twitter personale da oltre 31 milioni di follower di Donald Trump ha tenuto online per alcune ore un tweet contenente una parola inesistente, un refuso di battitura, un acronimo incomprensibile, qualcosa che comunque ha attirato l’attenzione del mondo intero – proprio perché è stato lì per diverse ore, senza che nessuno si premurasse di toglierlo come si fa con un errore (e già nelle scorse settimane era successo lo stesso per altri errori commessi da DT nei tweet).

L’articolo col titolo più bello sulla vicenda ce l’ha il Guardian, “What is covfefe? Trump baffles with night Twitter post”, e raccoglie una serie di reazioni ironiche.

TRUMP LONTANO DALLO SMARTPHONE

Trump scrive la gran parte dei suoi messaggi da solo. Ed è noto per aver utilizzato in passato Twitter in modo compulsivo e a volte aggressivo, tanto che la cosa è diventata pure un problema per il suo staff. Il 25 maggio Mike Allen, fondatore di Politico e giornalista americano con rapporti eccellenti tra gli insider di Washington, ha raccontato nella sua newsletter di aver ricevuto informazioni dagli assistenti del presidente a proposito della decisione di limitare il tempo che il Commander-in-chief può passare davanti allo schermo dello smartphone. Anche per questo, hanno spiegato gli insider, nel tour internazionale della scorsa settimana Trump è sembrato più presidenziale – forse anche perché aveva calendarizzati impegni intesi e ritmi serrati, o anche perché era continuamente circondando dai suoi collaboratori. Curiosità: le fonti di Allen gli hanno raccontato che Trump ha ormai un solo device in mano, un iPhone con una sola App, Twitter.

MA APPENA TORNATO A CASA…

Appena rientrato a Washington poi si era scatenato contro la stampa, con dichiarazioni durissime che accusavano i media, come al solito (e come sembrava voler far nel tweet monco di stanotte), di diffondere notizie false contro di lui – l’occasione era l’uscita delle informazioni sul back-channel cercato da Jared Kushner con i russi – e di essere parte di un complotto ordito dai democratici, perché ancora rancorosi per la sconfitta. E il tutto non è proprio l’atteggiamento ponderato che di solito un capo di stato usa nelle sue dichiarazioni pubbliche.

IL NUMERO PRIVATO DI TRUMP

Intanto è uscito un articolo in cui alcuni funzionari governativi hanno detto alla Associated Press che Trump ha lasciato il suo numero telefonico privato ad altri leader mondiali (tra cui quello canadese, messicano e francese), chiedendogli di chiamarlo ‘per qualsiasi cosa’ in via diretta, rompendo dunque il normale protocollo diplomatico che vuole che le chiamate tra capi di stato e governo passino per le segreterie e vie ufficiali. Le comunicazioni del presidente, e in generale tutte quelle diplomatiche, sono filtrate da reti iper protette perché normalmente contengono informazioni potenzialmente sensibili che non devono essere esposte a rischi di intercettazioni. Inoltre, di solito sono preparate da planning del dipartimento di Stato o del National Security Council che individuano gli argomenti importanti e soprattutto i modi e tasti dolenti che è meglio non affrontare; si chiama diplomazia.

COME HILLARY?

Tra l’altro: l’Fbi, quando concluse l’analisi sulle mail di lavoro gestite con un server privato da Hillary Clinton i tempi in cui era segretario di Stato, il famoso Emailgate, ha accusato la democratica di “negligenza”, proprio perché aveva esposto a rischi potenziali comunicazioni riservate del capo della diplomazia americana. Trump ha usato la vicenda in termini elettorali, sia per attaccare l’incompetenza di HRC, sia per sobillare il dubbio che Clinton avesse usato quella gestione delle comunicazioni per nascondere qualche malefatta al governo.

SCENARIO KUSHNER

In più: la polemica su Kushner che cercava vie riservate e lontane dai controlli di sicurezza americani per parlare con i russi in modo più libero è ancora in piedi e ben piantata nel Russiagate (l’enorme indagine che cerca di capire se c’è stata collusione tra l’ingerenza russa nelle presidenziali e ala campagna Trump-2016). La possibilità che Trump intavoli conversazioni off-the-record con altri leader si può inquadrare anche in questo scenario? Tirando le cose, forse sì.

STA PARTENDO UN RIMPASTO DELLO STAFF DALLE COMUNICAZIONI?

Bonus, a proposito di comunicazioni: martedì, dopo soli tre mesi, s’è dimesso Mike Dubke, il direttore della comunicazione della Casa Bianca. Ufficialmente si parla di motivi personali, ma in diversi ritengono che possa essere l’inizio di un riassetto interno nel West Wing. Era stato assunto a marzo per dare spinta alla sfera comunicativa del 1600 di Pennsylvania Ave dopo alcune uscite ingloriose nei primissimi mesi di presidenza: il suo compito era rendere più disciplinate le comunicazioni. Dubke però non ha mai avuto presa sul presidente, ed è stato sommerso dai leak usciti sull’inchiesta Russiagate, quelli che hanno portato Trump a pensare a una revisione sui briefing stampa giornalieri. Probabilmente Dubke ha pagato per il “covfefe”, che continua a mancare.

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