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Sotto l’ombrello del Ppe

Alla crisi dell’Europa risponderemo con più Europa. All’antipolitica offriremo più buona politica. Solo una leadership visionaria può far uscire il Paese dallo stallo, ma sarebbe sbagliato pensare di farlo da soli. È la partita giusta per unire e far scendere in campo i moderati. Obiettivo: una casa comune modello Ppe, in vista delle elezioni 2013.
 
L’attuale stagione della politica italiana, indiscutibilmente obbligata ad agire con responsabilità dinanzi alla crisi che sta scuotendo l’Europa, ha già fatto emergere una verità. Quella di accertare che le anime moderate, se riescono a liberarsi delle ali estremiste, possono agire con grande visione per il bene del Paese e con un più libero e costruttivo spirito di iniziativa parlamentare. La maggioranza che siede oggi in Parlamento – quella che molti hanno etichettato come “strana” – non è una sintesi politica. Certo, non si può negare un’innovazione.
 
Dopo anni di antagonismi e protagonismi, i moderati italiani son prossimi a un patto di responsabilità che, lungi da interessi particolari, ha come orizzonte il rilancio della politica: pilastro insostituibile per la democrazia e la libertà. Bisogna camminare più uniti e motivati di prima. Perché, per parafrasare Alcide De Gasperi, una delle figure politiche più rilevanti della storia europea del XX secolo, “solo se uniti saremo forti”. E il risultato emerso dalle urne non fa che rafforzare questa convinzione.
 
C’è un nuovo fenomeno che ha debuttato nelle ultime elezioni amministrative e di cui bisogna prender nota: il vento dell’antipolitica e il voto antisistema. La crisi ha aumentato il disagio sociale. Le attuali forze politiche, da molti giudicate appannate e poco soddisfacenti, sono state incalzate dal fuoco della demagogia e del populismo. Con una precisazione: populismo non inteso come terreno di costruzione di una nuova politica più fresca e vicina alla gente, bensì come corto circuito tra istituzioni e popolo. Proteste senza proposte: una ricetta che non contiene molte sostanze nutritive per il Paese e che come tale difficilmente potrà essere in grado di rappresentare una prospettiva seria di governabilità e stabilità. Quale risposta dare a questa emergenza?
 
I veggenti sono i veri realisti, mi verrebbe da dire. Penso alla fotografia dei primi anni ‘90. La presa soffocante e autoreferenziale della politica, distante dalle esigenze dei cittadini. La palude partitocratica e inconcludente. Gli slogan e le parole d’ordine indirizzate solo agli amici di partito. Le false promesse. Atomi di un sistema che è imploso, sancendo la fine della I Repubblica e obbligando i partiti a ricomporre i cocci nell’interesse pubblico. Fare politica diventò allora una grande conquista e allo stesso tempo una grande sfida. Nacquero i moderati di Forza Italia: sino ad allora nessuna tradizione politica e culturale era riuscita a trovare una prospettiva organica e unitaria in cui liberali, cattolici, laici, socialisti riformisti, repubblicani, avevano la possibilità di incontrarsi e di riconoscersi in valori comuni. Intuimmo il senso di un grande partito popolare capace di ereditare e portare a compimento le grandi tradizioni democratiche del nostro Paese. Il Pdl rafforzò in seguito questa visione.
 
Ma oggi non è più sufficiente. Lo scenario politico e sociale è nuovamente mutato. Per cui occorre andare oltre il Pdl: che vuol dire far rinascere la motivazione, la speranza e l’offerta di opportunità. La più grande novità nel panorama politico italiano sarebbe oggi quella di concretizzare l’idea di una costituente popolare in cui a contare non siano solo il leader, il nome, o un logo. Ma quell’energia e quella comunanza di valori che riuniscono sotto l’ombrello del Ppe tutti i partiti e i politici italiani di area moderata.
 
I tempi sono maturi ed è la prima volta che i segnali provenienti dai moderati del Terzo polo e da quelli del Pdl convergono su un dialogo possibile. Il centrodestra così come l’Udc non devono lanciare un’Opa. Non è questione di fare i conti col vecchio pallottoliere. Ma di allinearci a un cammino che i nostri fratelli del Ppe hanno già compiuto in altri Paesi. Il viaggio nei partiti dell’Europa popolare porta alla Cdu in Germania, al Partido popular in Spagna, all’Ump in Francia, per fare alcuni esempi di partiti che hanno imposto modelli di successo. E che anche l’Italia oggi è in grado di proporre. Un cantiere dei moderati che renderebbe, peraltro, più ordinario anche il confronto con una socialdemocrazia italiana che è anch’essa in fase di riflessione e che – di fronte all’evoluzione della partecipazione e percezione della politica – sta promuovendo nuove forme e iniziative.
 
Qualche giorno fa il presidente Berlusconi ha rilanciato la necessità di una “grande confederazione di tutti i moderati che non si riconoscono nella sinistra”. Auspicio che ho colto anche nelle dichiarazioni del presidente Casini all’indomani delle amministrative, quando, nel prendere atto che i moderati sono stati penalizzati per la scelta di essere andati frammentati alle urne, ha teso una mano ai responsabili del Pdl invitando tutti a “una riflessione”. Oggi abbiamo l’opportunità di favorire questa fusione. Senza staccare dei pezzi, inteso. Bensì aggregandone altri.
 
I moderati devono saper cogliere nell’appoggio responsabile al governo Monti l’occasione per lavorare a una nuova aggregazione di consensi: una forza capace di arginare i disegni disgregatori provenienti da sinistra come da destra, e di avviare un graduale processo di rinnovamento della politica. Tanto più ora che il Pd ha deciso di riproporre un vecchio schema di alleanze come quello di Vasto.
La natura sistemica della crisi richiede una risposta politica completa e coraggiosa. E non demagogie o populismi.
 
Mi auguro, quindi, che i moderati accettino questa sfida e inizino a ragionare in termini di unità su tutte quelle riforme cui più volte il presidente Napolitano ha richiamato i partiti: una legge elettorale che restituisca la parola scelta e dica basta a un Parlamento di designati, una disciplina che dia più trasparenza e nuove norme nel finanziamento ai partiti. Dopo questa prova, il passo verso la creazione della casa dei moderati sarà breve. Se invece questa intuizione dovesse essere accantonata, allora, ne sono certo, la politica resterà ancora fortemente limitata.
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