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Come sarà il mondo se vince Obama. O Romney

È cominciata la fase finale della corsa verso la Casa Bianca. Quasi tutte le carte che si giocano i candidati alla presidenza degli Stati Uniti sono scoperte e il risultato non è di competenza esclusiva degli elettori statunitensi. L’elezione del presidente americano ha una rilevanza globale. L’Iran, la Russia e la Cina, per esempio, sono nodi di tensione che determinano equilibri internazionali.
 
Per questo motivo l’Istituto di Studi Politici Internazionali (Ispi) ha preparato un completo dossier sulla situazione degli Stati Uniti: “L’ombra del declino USA sulla sfida Obama-Romney”.
 
Il rapporto è diviso in due parti: gli scenari, se vincesse il candidato democratico o quello repubblicano, e il background, con tutti i precedenti da tenere in conto per capire il contesto mondiale attuale. In più, sono correlati una serie di articoli di analisi e approfondimento che hanno come protagonista la potenza americana.
 
Gli scenari: Cosa accadrebbe in materia di politica estera se vince Obama? “Una riconferma di Obama potrebbe consentire al Presidente uscente di avere mano libera in alcuni settori, e generalmente, di rischiare di più per ottenere di più”, spiega l’Ispi. Secondo l’analisi, in merito al tema della lotta al terrorismo internazionale, sebbene l’avvio del ritiro dall’Afghanistan nasconda diverse incertezze circa la futura tenuta del governo Karzai e le possibili ripercussioni sul Pakistan, l’esperienza nel Paese potrebbe tornare utile per costituire una sorta di forza internazionale anti-terrorismo per combattere al-Qaeda.
 
Se vince Romney, invece, il focus si sposterebbe sulla Russia e la Cina come le minacce geopolitiche da neutralizzare. “Romney molto probabilmente impronterà la sua politica estera sul rilancio del ruolo degli Stati Uniti come potenza stabilizzatrice o quanto meno impegnata a difendere i valori e gli interessi dell’Occidente, un accento piuttosto sfumato nella politica dell’amministrazione Obama”, spiega il rapporto. In qualsiasi caso, sarà molto difficile un ritorno all’unilateralismo dell’amministrazione George W. Bush.
 
r.m
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