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Montezemolo e Giannino, non fatevi incantare da Berlusconi

“Tìmeo Dànaos et dona ferentes”, dice Laocoonte nell’Eineide. Il personaggio virgiliano invitava i troiani a non fidarsi dei greci, anche se questi apparivano ben disposti al punto da regalare ai loro avversari un enorme cavallo di legno. Le cose andarono diversamente, i troiani accettarono il dono e la loro città fu distrutta. È bene ricordarsi dei miti quando qualcuno ci lascia alla porta un dono apparente.
 
Non c’è nessuna responsabilità nella supposta apertura di Silvio Berlusconi in favore di una ipotetica ricostruzione dell’area dei moderati. Posto che il termine “moderati” non vuol dire molto, e che il Cav. passa il tempo in crociate anti-euro e anti-Europa molto poco “montiane” , quello del leader del Pdl appare come un tentativo di mascariare gli avversari – per dirla alla siciliana – cioè di trascinare tutti nel passato, al vecchio bipolarismo sì-Cav. e no-Cav.
 
Le indiscrezioni che si leggono sulla Rete parlano di un Angelino Alfano costantemente al telefono, intento a convincere questo e quello che la proposta di Berlusconi è sincera. Il problema – per dirla tutta – è che se Berlusconi c’è, non c’è “alleabilità”. Se esce di scena, non esiste più il Pdl: a quel punto, quell’area politica riformatrice e liberale che ci si impegna a costruire può benissimo fare da sola, rivolgendosi a quell´elettorato produttivo che negli anni ha cercato nel Pdl (e quasi mai ha trovato) una risposta alle sue istanze di uno Stato più serio ed efficiente e di un fisco più leggero.
C’è forse chi pensa che vi sia un confronto possibile con Sacconi, Santanché, La Russa, Gasparri, Cosentino, Cesaro e via discorrendo? Ci sono tante personalità di valore nel Pdl, ma uti singuli. Per il resto, ognuno dovrebbe essere responsabile delle proprie azioni: come si può dialogare con i principali – non unici – artefici del disastro politico ed economico dell’ultimo decennio?
 
Con o senza Berlusconi, il Pdl è il partito che ha bloccato per anni ogni tentativo di riforma del mercato del lavoro e del welfare. E’ la forza politica delle norme salva-Ruby, della piattaforma valoriale solo a parole, delle crociate contro il riconoscimento della cittadinanza italiana ai figli di immigrati nati in Italia e di tante altre ritrosie all’innovazione economica, istituzionale e civile del Paese. E’ il partito che ha espulso Gianfranco Fini e quanti rivendicavano il dibattito interno e la necessità che un grande partito a vocazione maggioritaria fosse culturalmente plurale. Da ultimo: è il partito dal cui interno stanno emergendo le peggiori vicende di malaffare, corruzione e commistione tra politica e criminalità. Senza generalizzare, e nemmeno assolvere il resto del quadro partitico attuale, pare però evidente che il Pdl non ha in sé gli anticorpi per una guarigione.
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