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Ripartire dal Titolo V. Per non sprecare la legislatura

Non si può chiedere alle forze politiche di rinunciare alle polemiche, alle distinzioni, ai doveri di governo (per la maggioranza) e di opposizione (per la minoranza). Questo però non vuol dire assumersi responsabilità di fronte al Paese. La stessa Seconda Repubblica è nata con l´idea di semplificare il processo politico (svecchiando la classe dirigente) e modernizzare il sistema Italia, con il risanamento finanziario e con riforme istituzionali. Dobbiamo ammettere che, ad oggi, il bottino è magro. Il ricambio generazionale è avvenuto solo in parte e sembra essersi nuovamente bloccato. Il debito pubblico è senz´altro diminuito anche se mancano ancora all´appello importanti riforme strutturali. Ma è sul versante istituzionale che si registra il fallimento più grande. Sono cambiate le leggi elettorali ma quel cantiere è ancora aperto, con sommo scandalo da parte dei cittadini. Quanto alla Costituzione, sia i tentativi fatti con la Bicamerale che con l´idea di un´ampia riforma a maggioranza non sono andati a buon fine. Resta agli atti la sola riforma del Titolo V fatta nel 2001 dal centrosinistra. Poiché il tema che sta davanti a questo Parlamento è come non sprecare una legislatura, l´interrogativo è: come fare? Modificare la legge elettorale è fondamentale ma non sufficiente (soprattutto dal punto di vista del Paese). Intervenire sull´intera II parte della Costituzione (bicameralismo e forma di governo) sarebbe giusto, anzi giustissimo, ma abbiamo il dovere di riconoscere che si tratta di un obiettivo talmente ambizioso da rischiare di essere velleitario. Meglio forse ripartire dall´unico punto fermo, il federalismo, ovvero il titolo V della Costituzione.
 
La riforma del centrosinistra ha avuto il merito di individuare nel rapporto fra Stato ed enti locali un elemento centrale dello sviluppo italiano. Ha avuto anche, non lo nascondiamo, il demerito politico di essere stata una riforma approvata a maggioranza, senza intesa con l´opposizione, anche se approvata dal referendum popolare. Il punto però non è evidentemente il giudizio politico su quella riforma. La questione sta nel fatto che quella revisione del titolo V si è dimostrata poco efficace nella sua applicazione. Aver privato lo Stato di alcune competenze e aver introdotto una concorrenza non virtuosa fra i diversi livelli della pubblica amministrazione, non ha migliorato la vita dei cittadini e delle imprese. La scorsa legislatura il Parlamento aveva definito una ulteriore proposta di riforma. Si era riusciti a trovare una larga intesa sul testo preparato dal centrodestra. Quella convergenza riguardava però solo il titolo V. La Cdl volle però non stralciare quel pezzo di riforma dal progetto più largo di modifica dell´intera parte seconda della Costituzione ed il risultato è stato quello che ben conosciamo: il referendum ha bocciato tutto. Gettati via il bambino e l´acqua sporca. Forse, è venuto il momento di recuperare il bambino.
 
Il testo di riforma predisposto dall´allora maggioranza può rappresentare il più naturale e corretto punto di partenza. Quella riforma fa infatti chiarezza fra i compiti dello Stato e quello delle Regioni, riportando al primo fondamentali competenze (energia e grandi reti infrastrutturali, per esempio), sancisce il principio della prevalenza dell´interesse nazionale e valorizza ulteriormente il principio cardine della sussidiarietà. Sono previsti riferimenti al Senato federale che andranno ovviamente modificati. La sostanza però c´è ed è positiva. Il nostro auspicio è quello che le commissioni Affari Costituzionali di Camera e Senato mettano all´ordine del giorno quella proposta di revisione costituzionale e che una ragionevole intesa fra maggioranza e opposizione consenta una rapida approvazione (pur nei tempi fissati dalla Costituzione, e cioè in due anni) a larga maggioranza, senza dover ricorrere ad un successivo referendum. Questo percorso potrebbe impegnare utilmente il Parlamento fino al 2009 e consentire nel frattempo alle forze politiche di lavorare sulla legge elettorale e su quelle riforme economiche da troppo tempo vanamente invocate. Pensiamo di andare troppo distanti dal vero se indichiamo in questi obiettivi, e non in incomprensibili e astruse formule politiche (novelli inciuci), il modo in cui la politica può tornare protagonista positiva nella vita dei cittadini. Abbiamo ancora un´occasione, forse l´ultima, non sprechiamola.
 
L’articolo è stato pubblicato sulla Stampa il 12 marzo del 2007.
 
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