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Primarie, come finisce la corsa dei candidati a fare i newyorchesi

Sta per concludersi la gara degli aspiranti alla nomination “a fare i newyorchesi”: che siano veraci come Donald Trump, solo di origine come Bernie Sanders – nato a Brooklyn, ma con tutta la carriera politica fatta altrove – o di risulta, come Hillary Clinton, nata a Chicago, arrivata alla politica nell’Arkansas, vissuta otto anni alla Casa Bianca e solo dal 2000 con residenza nello Stato e seggio di senatore a New York.

Al “club dei newyorchesi”, non ha neppure provato a iscriversi Ted Cruz, il senatore del Texas che, anzi, s’è fatto quasi un punto d’onore di prendere di punta la gente della Grande Mela, criticando i “valori newyorchesi”, per lui troppo liberal. Il governatore dell’Ohio John Kasich è stato, invece, tradito da una pizza: in un locale del Queens, l’ha affrontata con coltello e forchetta, mentre gli italo-americani, e di conseguenza i newyorchesi, la mangiano con le mani, come aveva già appreso a suo spese il sindaco Bill de Blasio, poco dopo essersi insediato.

I sondaggi alla vigilia delle primarie sono anche funzione dei comportamenti. Fra i democratici, Hillary ha un vantaggio in doppia cifra su Sanders in tutti i rilevamenti, dopo una campagna mai così aspra fra i due – il senatore del Vermont ha addirittura definito l’ex first lady “non qualificata””per la Casa Bianca, innescando la reazione del presidente Obama – . S’è parlato molto di soldi: quelli che Hillary riceve da ricchi sostenitori e finanziatori e quelli che Sanders ha da comuni cittadini.

Fra i repubblicani, Trump è nei sondaggi oltre il 50% delle preferenze, davanti a Kasich al 23% circa e a Cruz al 18% circa. Intanto, l’ex neuro-chirurgo ed ex aspirante alla nomination, il guru nero Ben Carson, sta facendo da scout al magnate dell’immobiliare per acquisirgli più delegati possibile: il vantaggio dello showman su Cruz è nettissimo in termini di voti ottenuti e Stati vinti, ma lo è molto meno in termini di delegati, anche a causa delle regole d’attribuzione degli stessi. Così, ad esempio, le convention statali del Colorado e del Wyoming li hanno assegnati tutti a Cruz e la Louisiana potrebbe darne più a Cruz che a Trump, nonostante quest’ultimo vi abbia vinto le primarie. Questione di regole magari strampalate, ma c’è pure l’avversione dell’establishment del partito alla candidatura Trump.

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