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Chi mente sul 5G: Conte o l’ambasciatore cinese?

Pochi minuti fa, la Camera dei Deputati ha approvato formalmente, con 282 favorevoli contro 227 contrari, la sottoscrizione di un memoradum d’intesa (MoU) con la Cina nell’ambito del progetto Belt & Road Initiative (la Bri).

Stamane, mentre il premier italiano Giuseppe Conte riferiva in aula su Italia e Cina, e rassicurava critici interni ed esterni sull’assenza di rischi per la sicurezza nazionale legati all’adesione italiana, il sito in cinese della Xinhua, agenzia di stampa di Pechino, pubblicava un’intervista all’ambasciatore in Italia Li Ruiyu che dice testualmente: “Le due parti (Italia e Cina, ndr) stanno accelerando il ritmo della cooperazione nella costruzione di infrastrutture portuali, nelle comunicazioni 5G e nella cooperazione in mercati terzi”, sostenendo che l’adesione avrebbe migliorato quel ritmo.

Il 5G, la connessione dati di nuova generazione, è però proprio uno dei punti più delicati e contestati dietro al MoU sulla Bri. Gli americani – e con loro diverse altre intelligence internazionali, tra cui quella italiana – hanno messo in guardia per i rischi della penetrazione cinese in questo settore altamente nevralgico. Conte continua a dire che tutto resterà nel perimetro dell’interesse nazionale e il 5G non sarà toccato da quella che giuridicamente non è un’intesa internazionale, ma soltanto programmatica dal sapore economico-commerciale.

E dunque o Li, profondo conoscitore del mondo italiano, usa le sue dichiarazioni per creare divisioni – perché sa che il tema è uno dei più controversi sull’adesione anche all’interno dell’esecutivo gialloverde – oppure parla più liberamente del governo italiano e dà per scontato un ventaglio di collaborazioni su cui invece Roma preferisce stare più coperta.

La questione 5G è però centrale, perché dagli americani sono partiti prima i moniti, poi le minacce. Le intelligence statunitensi dicono che avere la Cina – attraverso aziende come Huawei, contro cui Washington ha alzato un ban coinvolgendo alcuni alleati, perché è difficile scindere la ditta dal governo di Pechino – all’interno del sistema è un rischio, in quanto nelle apparecchiature e nei gestionali potrebbero essere inserite delle backdoor per permettere allo spionaggio del Dragone di accedere a tutti i dati scambiati.

Per esempio: il 13 marzo, il comandante Nato in Europa, Curtis Scaparrotti, è stato piuttosto chiaro quando ha detto che potrebbe interrompere le comunicazioni di sicurezza con la Germania se Berlino dovesse firmare un’intesa con Huawei. Quello di Scaparrotti è solo uno degli ultimi messaggi in ordine temporale inviati sul tema. È forse inutile dire che interrompere le comunicazioni di intelligence con gli Stati Uniti, o con la Nato, per la Germania come per l’Italia sarebbe una questione dannosissima: le informazioni, come vengono chiamate in gergo, sono l’elemento che permette a un paese di progettare e muovere una strategia interna ed esterna.

Una settimana fa, quando la polemica sull’adesione italiana alla Bri stava esplodendo, erano stati il vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, entrambi quota Lega, a mettere in primo piano queste preoccupazioni sul fronte del “trattamento dei dati sensibili”, aspetti di sicurezza nazionale (diceva Salvini), sottolineando che il MoU non avrebbe dovuto intaccare “gli interessi strategici del paese” (aggiungeva Giorgetti).

Dal Mise, motore dell’avvicinamento a Pechino tramite il sottosegretario Michele Geraci, replicava l’altro vicepremier, il grillino Luigi Di Maio, il quale aveva fatto uscire un comunicato di replica muovendo addirittura il suo ministero per rispondere a Salvini e sottolineare che il 5G era fuori dal memorandum.

Poi era circolata una bozza del documento da firmare, in cui era riportato che la collaborazione avrebbe interessato anche le “telecomunicazioni”. Aspetto che oggi l’ambasciatore cinese in Italia ha ribadito pubblicamente su una delle principali pubblicazioni di Pechino, mentre il governo italiano nega. Chi ha ragione?

 

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