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La Russia cerca la Cina. Quanto sono vicine Mosca e Pechino

Russia, putin

Per la Russia sono giorni di forcing politico internazionale, con il presidente Vladimir Putin che cerca di allontanare lo spettro della crisi economica giocando le sue carte su diversi tavoli diplomatici.

Oggi a Vladivostok c’è stato l’incontro con Kim Jong-un: il dittatore nordcoreano non ha niente da offrire alla Russia (semmai ha qualcosa da guadagnarci), ma per Mosca il meeting significa ufficialmente sedersi al tavolo del più delicato dossier geopolitico globale, su cui gli Stati Uniti hanno riversato a fasi alterne il proprio peso diplomatico e dove la Cina vuol condurre il gioco. La possibilità di anticipare Washington e allietare Pechino è di per sé un piatto goloso per la Russia.

Ed è proprio sulla sponda cinese che si muove la gran parte degli impegni di Mosca in questo momento. Mentre il presidente incontra Kim sul Mar del Giappone, nella capitale – Russia europea – è in corso la conferenza internazionale sulla sicurezza di Mosca (Mcis). Oggi il panel più atteso: parlano i cinesi, sul palco sale il generale Wei Fenghe, ministro della Difesa.

Se, come ha detto Putin in un messaggio inviato ieri per l’apertura della manifestazione, l’obiettivo delle discussioni moscovite è la stabilizzazione del Medio Oriente e lo sviluppo in Africa, allora tutto appare più chiaro su quanto diventa importante il ruolo del Dragone – che ai due quadranti è assolutamente interessata – e quanto la Russia possa voler cercare cooperazione con la Cina.

Altro incrocio: giovedì Putin sarà a Pechino, dove avrà il ruolo di potente simbolo internazionale al secondo Forum sulla Nuova Via della Seta per la Cooperazione Internazionale organizzato nella capitale cinese. È la riunione più importante sulla Belt & Road Initiative, la Bri: i cinesi fanno il punto sul maxi processo infrastrutturale e geopolitico. Sarà presente anche l’Italia, con la delegazione guidata dal premier Giuseppe Conte: Roma è fresca firmataria del protocollo d’adesione alla Bri.

A latere dell’incontro il leader russo avrà un faccia a faccia riservato con Xi Jinping in cui discutere l’ampio partenariato bilaterale, nell’ottica “dell’integrazione eurasiatica”. I ragionamenti tra i due saranno basati anche su ambiti consistenti: uno di questi, su cui il Cremlino spera dal protocollo congiunto del 2015, è l’integrazione della Bri e dell’Unione economica eurasiatica, Eaeu. Ma si parlerà anche di allargamento verso l’Organizzazione per la cooperazione di Shangai (Sco) e l’Asean.

Basta capire la dimensione delle tre aree – che si estende dai limiti orientali dell’Europa fino al Pacifico – per comprendere che la dimensione della cooperazione sino-russa può coprire mezzo mondo. Aspetto che dà il peso dell’avvicinamento tra Russia e Cina e motiva la ragione per cui questo macro-spostamento è considerato un’enorme negatività strategica a Washington, dove i due Paesi sono stati indicati come “rival powers” nell’ultima National Security Strategy resa pubblica due anni fa.

Uno dei grandi temi della presidenza americana è infatti evitare che la Russia, potenza in grossa crisi economica, scivoli verso la Cina, potenza nascente con grosse disponibilità economiche, e le due “potenze rivali” si fondino insieme in un quadro di cooperazione strategica.

Di questo allineamento ha parlato Sergei Mikhailov direttore della Tass su Xinhua. Notare i simboli: il direttore della principale agenzia stampa russa completamente detenuta dal governo, parla alla Xinhua principale agenzia cinese di proprietà statale. Altri incroci importanti per il ruolo che i due media hanno nella diffusione dell’informazione governativa. “Sono fiducioso che il secondo forum sulla Belt and Road consentirà alla Russia e alla Cina di trovare nuovi punti di integrazione per realizzare una serie di nuovi progetti comuni”, ha detto Mikhailov.

Ancora sui simboli: ad annunciare gli ultimi sino-passaggi di Putin non è stato Dmitri Peskov, portavoce del Cremlino che di solito ha ampio campo di azione in certe situazioni, ma Yuri Ushakov, consigliere del presidente Putin sui dossier più delicati di politica estera, che ultimamente sta gestendo personalmente la pratica stampa che riguarda faccende strategiche.

Contemporaneamente c’è un altro incrocio sul China Daily sempre un media di Stato cinese: l’ambasciatore in Russia, Liu Hui, ha sottolineato come sia proprio la Bri l’elemento che contribuisce alla saldatura tra Russia e Cina sotto un “allineamento strategico”. Ha parlato di cooperazione sulla “Brieaeu”, ossia la sommatoria della Bri e dell’unione formata da Russia, Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Kyrgyzstan, l’Eaeu, tutti Paesi coperti dall’infrastruttura geopolitica progettata dalla Nuova Via della Seta.

C’è anche un peso propagandistico, un messaggio per sottolineare certe posizioni e situazioni che possono mettere in difficoltà gli Stati Uniti (che hanno da tempo creato qualcosa di simile, ma soffrono una fase di allentamento sull’asse transatlantico). Un lavoro congiunto per sostenere la narrazione su un’alleanza.

Per finire: a giugno, con ogni probabilità, Putin ricambierà il favore concessogli da Xi, con il cinese che viaggerà verso Mosca e poi prenderà parte al Forum economico di San Pietroburgo come ospite d’onore. Xi aveva già accettato di partecipare al forum di San Pietroburgo a dicembre dello scorso anno, quando il russo lo invitò a margine del G20 di Buenos Aires – pochi mesi prima, a settembre 2018, i due avevano cucinato insieme blinis in occasione dell’Eastern Economic Forum di Vladivostok.

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