Skip to main content

Bruxelles non scarichi l’Italia sul coronavirus. Parla Alberto Quadrio Curzio

Non si può sparare a un carro armato con la cerbottana. Che la si voglia o no, il coronavirus è a tutti gli effetti una catastrofe naturale, oltre che economica, e come tale va trattata e combattuta. Di questo è più che convinto Alberto Quadrio Curzio, economista di lungo corso, professore emerito alla Cattolica di Milano (con un passato da sciatore professionista) e presidente dell’Accademia dei Lincei. A Bruxelles, qualcuno vuole fare lo struzzo e ignorare il dramma dell’economia italiana, travolta dal virus (di cui ora si intravede la fine dell’emergenza), infischiandosene persino delle richieste di flessibilità del ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri (che però hanno trovato la sponda importante di Paolo Gentiloni). No, stavolta non solo la flessibilità va usata e anche tutta. Stavolta dall’Europa dovrà arrivare qualcosa di più.

Professor Quadrio Curzio, il governo italiano chiede flessibilità sul deficit per fronteggiare l’emergenza coronavirus. Qualcuno potrà negarcela?

Partiamo da una constatazione, i danni alla nostra economia causati dal coronavirus sono sistemici e quanto meno devastanti. Ci sarà un ulteriore rallentamento, con danni settoriali su alcuni comparti, soprattutto turismo e servizi, e sistemici per l’insieme delle attività produttive. Ora, in questo caso, bisogna fare un ragionamento diverso, che va oltre la mera richiesta di flessibilità. In tutti i trattati europei e in molte legislazioni secondarie è scritto che in caso di calamità lo spirito di solidarietà deve manifestarsi concretamente. Parlo del meccanismo dell’Unione in ambito di protezione civile. Nei regolamenti europei è chiaramente scritto che in caso di calamità naturali presso Paesi membri l’Europa deve muoversi in modo solidale. E tra le calamità naturali può rientrare benissimo il coronavirus.

Dunque non solo la nostra richiesta di flessibilità è legittima. Ma l’Europa stessa è tenuta a correre in nostro soccorso…

Certamente. Le faccio un esempio. Tra le possibilità esistenti, c’è quella del Fondo di solidarietà dell’Ue, istituito con regolamento europeo n. 2012 del 2002, che inizia con questo enunciato: ‘In occasione di gravi catastrofi, la Comunità dovrebbe dimostrare la propria solidarietà alla popolazione delle regioni colpite apportando un sostegno finanziario per contribuire, a ripristinare rapidamente condizioni di vita normale in tutte le regioni sinistrate’. Ecco, questo è un chiaro esempio di quello che nessuno si ricorda: l’Europa ha un meccanismo comunitario di protezione civile, che è chiamato, anzi tenuto, a intervenire, tramite sostegno economico. Risulta evidente dunque che qui andiamo ben oltre la richiesta di una flessibilità. Noi non dobbiamo chiedere solo spazio di manovra sui nostri conti, dobbiamo ottenere i fondi europei destinati a questa calamità.

L’Europa ha stanziato 232 milioni per il coronavirus, pochi giorni fa.

Benissimo, allora voglio augurarmi che il grosso di queste risorse vada all’Italia, perché forse ci stiamo dimenticando che il Nord, il nostro Nord, prenderà una botta pazzesca da questa emergenza sanitaria. Lo ripeto, Bruxelles non può mica lavarsene le mani e scaricare l’Italia. Sempre che l’Europa, nella quale credo fermamente sia chiaro, voglia far sì che gli Stati membri siano egualmente rigorosi nei controlli sulla diffusione dei virus.

In questi giorni si è parlato molto del panico e del catastrofismo circa le sorti della nostra economia. Lei che dice?

Guardi, ora è difficile dare una cifra ma le garantisco che gli effetti e le conseguenze saranno molto pesanti. Non mi sento di quantificare, le ipotesi sono molte, dal -0,1% al -1% nello scenario peggiore, ma se pensiamo al turismo e all’indotto dei servizi allora ci facciamo un’idea. Non dimentichiamoci anche che questo Paese parte da una crescita piuttosto bassa.

Secondo lei il governo si è mosso bene fino ad ora? 

Vorrei dare una risposta partendo da questo punto: il nostro sistema sanitario nazionale. Il quale ha dimostrato, ancora una volta, di essere uno dei migliori al mondo e che ha sempre avuto la fiducia dei cittadini. Un sistema che è sbagliato delegittimare perché ha i migliori medici e i migliori infermieri. Voglio dire un’altra cosa. Appurato che il sistema sanitario italiano ha retto benissimo, ho notato in questi giorni la politica ha litigato molto, sfruttando l’emergenza con fini elettorali, ma alla fine dimostrando scarso senso di responsabilità.

Quadrio Curzio torniamo all’Europa. Pochi giorni fa è fallito il primo tentativo di accordarsi sul bilancio Ue, che dovrebbe valere intorno all’1% del Pil. Lei in passato ha suggerito di portarlo al 20%. Sembra fantascienza, visto che molti Paesi del Nord hanno un approccio filo-tedesco e rigorista. Ma le forse ci crede davvero…

Io credo che l’Europa debba emettere propri titoli di debito, titoli federali, ovvero gli eurobond. Di più, il Fondo Salva Stati, il famoso Mes, andrebbe trasformato nel ministero dell’Economia europeo, in grado di emettere quei titoli che vanno a ruba sui mercati e per giunta poco onerosi per l’emittente cioè l’Europa stessa. Con il denaro raccolto di potrebbe fare molto, anche innalzare il bilancio europeo, senza oberare di vincoli gli Stati membri. E con un bilancio più corposo si potrebbero aiutare i Paesi stessi a sopravvivere alle grandi calamità, quale il coronavirus è stato, tanto per tornare al discorso di prima. Vede, la salute dei cittadini non è meno importante. E con mini-bilanci comunitari non si andrà molto lontano su problemi globali che debordano la dimensione nazionale.

Chissà se Ursula von der Leyen se ne convincerà…

Le faccio notare che la commissione Ue ha lanciato o quanto meno immaginato un piano da mille miliardi per il Green new deal. Ma secondo lei dove li trovano mille miliardi? Curioso no, parliamo dell’equivalente del budget di sette anni dell’Unione, una cifra irraggiungibile. Se l’Europa vuole cambiare marcia non deve farlo a parole ma con fatti concreti. Cominciando dal bilancio, perché no.

Exit mobile version