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Dal Congresso del Popolo arriva lo stop ai cantieri cinesi. Troppo debito

taiwan

Primi effetti all’indomani del Congresso del Popolo che ha certificato la crisi del debito cinese. Da Pechino un messaggio ai governi locali: basta fare debiti per finanziare opere e infrastrutture. Non è un cigno nero, ma un Rinoceronte grigio

E se la Cina fermasse i suoi immensi cantieri per colpa del troppo debito, sovrano o privato che sia? A qualcuno potrà sembrare fantascienza, ad altri no. Ma a leggera tra le righe le conclusioni dell’ultimo Congresso del Popolo, c’è da prendere la cosa molto seriamente. Al punto che il governo centrale della Repubblica Popolare ha preso il toro per le corna, invitando caldamente le amministrazioni locali a centellinare i finanziamenti destinati alle infrastrutture sul territorio.

Il messaggio arrivato da Pechino, racconta l’autorevole quotidiano South China Morning Post, è chiaro: basta con le spese allegre per ponti, centrali, gallerie a strade. Da questo momento serve oculatezza nello sblocco della spesa in conto capitale per gli investimenti in infrastrutture. Non è un mistero, infatti, che le amministrazioni locali siano alle prese con una fortissima esposizione debitoria, senza considerare l’altissimo tasso di sofferenze bancarie nei bilanci di molti istituti di territorio.

“Alcuni governi regionali stanno affrontando pesanti oneri di debito, mentre ci sono stati ancora nuovi aumenti di passività implicite”, aveva chiarito il Comitato per gli affari finanziari ed economici in seno al Congresso nazionale del popolo, in occasione dell’ultima assise. “Crediamo sia arrivato il momento di spingere per la compilazione e la pubblicazione dei bilanci delle amministrazioni locali, in modo da garantire la massima trasparenza possibile”.

Ad oggi il debito pubblico in Cina ammonta a 46,55 trilioni di yuan (7,1 trilioni di dollari Usa) alla fine del 2020. Di questi, 20,89 trilioni sono in pancia al governo centrale mentre i restanti 25,66 trilioni si annidano nei bilanci delle amministrazioni periferiche. Motivo per cui ai governi locali cinesi è stato detto di astenersi dal finanziare progetti infrastrutturali troppo impegnativi.

A Pechino insomma c’è una certa apprensione.  Gli economisti lo chiamano Rinoceronte grigio: un aumento esponenziale del debito, frutto dell’azione dei governi locali che hanno investito denaro in progetti infrastrutturali per rilanciare l’economia dopo l’impatto economico iniziale della pandemia. Un gioco pericoloso, però, anche perché si tratta di qualcosa di molto di verso dal meglio conosciuto cigno nero. Per dirla con le parole dell’economista svizzero, Yves Longchamp, “a differenza del cigno nero, che si manifesta inaspettatamente, il rinoceronte grigio è un evento estremamente probabile con un effetto straordinario, il cui potenziale di rischio viene comunque sottovalutato.”

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