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Decolla il caccia di Francia e Germania. Via libera dal Bundestag

Non c’è solo la volontà di riportare Vladimir Putin a Bruxelles nel rilancio dei rapporti tra Francia e Germania in sede europea. Ieri, il progetto per il caccia di sesta generazione (Fcas) ha ottenuto l’atteso via libera del Bundestag. Soddisfazione da Florence Parly e Annegret Kramp-Karrenbauer…

Il caccia di sesta generazione di Francia, Germania e Spagna ha superato la prova più difficile dell’estate. La commissione Bilancio del Bundestag ha approvato ieri, in extremis, alla vigilia della pausa estiva (che si protrarrà fino a dopo le elezioni), i fondi necessari allo sviluppo del dimostratore. Non era scontato, considerando che proprio al Bundestag il programma ha trovato in passato le maggiori difficoltà, facendo emergere la tradizionale cautela tedesca quando si parla di finanziamenti militari e la conseguente insofferenza dei più determinati transalpini.

I FONDI

A dare l’idea dell’attesa sull’approvazione al Bundestag sono state le reazioni di “soddisfazione”, arrivate tra gli altri dalla ministra francese Florence Parly e dal numero uno di Airbus Defence and Space Dirk Hoke. L’approvazione della commissione Bilancio ha riguardato un pacchetto di 27 programmi per circa 20 miliardi di euro, per la gioia della cancelliera Angela Merkel e soprattutto della ministra della Difesa Annegret Kramp-Karrenbauer, che ha predisposto per il 2022 un bilancio da 50 miliardi di euro (poi in ulteriore crescita fino al 2025) che dovrà essere confermato dal nuovo governo (con l’incognita sull’effetto della “onda verde”). Tutta l’attenzione era per il Fcas (o Scaf), il sistema di sesta generazione che unisce Germania, Francia e Spagna.

IL VALORE

I fondi in questione riguardano le fasi 1B e 2, quelle oggetto di accordo tra i ministeri della Difesa a metà maggio scorso, accolto positivamente dalla nota congiunta delle tre ministre Florence Parly, Annegret Kramp-Karrenbauer e Margarita Robles. Oltre a sancire l’ingresso di Madrid in pari status rispetto agli altri due partner, l’intesa ha ufficializzato l’accordo tra le rispettive industrie (Dassault, Airbus e Indra) che hanno a lungo dibattuto tra divisione del lavoro e proprietà intellettuale. Le fasi 1B e 2 sono necessarie ad avere un dimostratore nel giro di sei anni. Per questo si stimavano inizialmente 2,5 miliardi di euro. A maggio, un portavoce del ministero della Difesa francese ha poi parlato di 3,5 miliardi per l’intero sviluppo del dimostratore, divisi equamente tra i tre partecipanti. A Berlino, funzionari del ministero avevano raccontato invece di “oltre 4 miliardi di euro” per la sola Germania. Secondo AFP (che ha visionato un documento della Difesa), per la Germania si tratterebbe di 4,5 miliardi in sei anni.

LE DATE

Per ora, l’ingresso in servizio dell’Fcas resta fissato al 2040 per sostituire Rafale e Eurofighter. Lo scorso anno è stata avviata la Fase 1A, con i primi 150 milioni di euro assegnati alle aziende per iniziare i lavori sul dimostratore; contratti assegnati a Dassault e Airbus insieme alle altre protagoniste dei vari segmenti: la tedesca MTU Aero Engines e la transalpina Safran per la parte motoristica, MBDA per la missilistica e l’altro big francese Thales per i sistemi.

UN SISTEMA DI SISTEMI

Si parla d’altra parte di “sistema di sistemi”. Il cuore sarà costituito dal velivolo principale, il “New generation fighter” (Ngf). Sarà affiancato da piattaforme a pilotaggio remoto (Rcs) e messo in connessione da un “Combat cloud”, progettato per ottenere “la superiorità a livello informativo”. Nel complesso, il Fcas (o Ngws) sarà “completamente integrato nei diversi sistemi nazionali di combattimento aereo del futuro nazionali, in grado di raggiungere la superiorità operativa in ambienti altamente contestati”. L’intesa tra i dicasteri cita poi diversi ambiti di sviluppo parallelo: propulsione, radaristica, guerra elettronica, intelligenza artificiale. Tutto dovrà essere “integrato per fornire ai militari il livello di prestazioni atteso”.

IL DIBATTITO

Per quanto riguarda la collaborazione industriale (oggetto id lunghi negoziati) vale quanto sancito con l’accordo di maggio. La nota congiunta parla di un’organizzazione “strutturata adeguatamente per garantire la coerenza e l’efficacia del progetto, approfittando delle migliori capacità dell’industria di ogni nazione nel quadro di un partenariato equilibrato, ampio e profondo”. Sembrerebbe dunque prevalsa la linea sostenuta dalla Germania e da Airbus, che premeva per un rapporto più equilibrato tra i soggetti industriali coinvolti, superando il ruolo di prime contractor e appaltatori che piaceva a Francia e Dassault.

IL PROGRAMMA

Il dibattito industriale, relativo a una diversa idea di divisione del lavoro era andato in scena al Senato francese, coinvolgendo anche i diritti di proprietà, nonché l’intesa da trovare con i partner spagnoli. Airbus (che ha sede anche nella Penisola iberica) puntava a guidare il raggruppamento nazionale (rispetto a Indra), ma questo non piaceva a Dassault, che avrebbe visto ridursi il proprio ruolo di un ulteriore terzo. Tutto questo è approdato alla commissione Bilancio del Bundestag. La stampa tedesca riporta il dibattito, citando le posizioni di Verdi e liberaldemocratici (Fdp) che invitano a cautela e attenta valutazione sul programma, riprendendo anche quanto messo nero su bianco dall’Ufficio federale per il procurement militare circa i rischi sui costi in aumento. Il programma resta al momento alternativo al Tempest, il progetto promosso dal Regno Unito, al quale hanno aderito Italia e Svezia. Per il futuro non si esclude però una possibile (per taluni auspicabile) convergenza.

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