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Hitler, Stalin e Teddy Bear. Dentro alla casa della spia russa a Berlino

David Smith è l’uomo inglese arrestato a Berlino con l’accusa di spionaggio per Mosca, vendeva segreti agli 007 di Putin in cambio di cash. Da fuori un impiegato modello, ma il suo appartamento è un inno a “Mamma Mosca”. Dai libri su Stalin e Hitler ai romanzi di Le Carre, ecco la casa del più improbabile dei James Bond

Con un personaggio di John Le Carre c’entra poco e nulla, eppure un suo libro svetta nella libreria del salotto, “Un delitto di classe”. Riesce difficile credere che David Smith, 57 anni, operatore di sicurezza dell’ambasciata inglese a Berlino, sia una pericolosa spia al servizio dell’intelligence russa.

Questa però è l’accusa che lo tiene in custodia cautelare da ieri mattina, quando un blitz della polizia tedesca, al termine di un’indagine condotta insieme all’MI5, ha portato al suo arresto a Postdam, vicino alla capitale.

Secondo la procura di Berlino, Smith, cittadino britannico residente da quattro anni in Germania, vendeva “in cambio di cash” informazioni riservate a un agente dei Servizi segreti di Vladimir Putin. Gli 007 inglesi e tedeschi erano sulle sue tracce da mesi, “almeno da novembre”, fa sapere la procura.

Man mano che vengono a galla le prime informazioni sulla spia al centro di un nuovo casus belli fra Regno Unito e Russia si delinea l’immagine del più improbabile degli agenti segreti. “Il grassoccio traditore di Putin non è esattamente James Bond”, titola l’irreverente Daily Mail.

Un impiegato modello, discreto, un ottimo vicino di casa, iniziano a raccontare alla stampa tedesca le persone che hanno conosciuto Smith in tempi recenti. Non manca neanche il più inflazionato dei cliché: “Salutava sempre”, “era amichevole, sorridente, educato”, ha sussurrato al Times un vicino ancora scosso dal maxi-blitz, con tanto di sirene spiegate, dentro all’appartamento di Smith.

Non è ancora chiaro il livello di segretezza delle informazioni passate da Smith ai russi nella sua permanenza a Berlino, città confermatasi crocevia di spie negli ultimi anni, fra avvelenamenti, omicidi e sparizioni. Né le motivazioni che hanno spinto un impiegato di mezza età a lanciarsi nelle braccia degli 007 di Mosca. Dalle prime foto che iniziano a circolare in rete è difficile tracciare un ritratto chiaro. Una inquadra Smith a sorridere e discorrere di fronte all’ambasciata con un collega della sicurezza. Altre invece arrivano dal raid che ha messo sotto sopra la sua abitazione.

Il soggiorno è un vero e proprio inno alla Madre Russia. La bandiera tricolore è riposta con cura in un angolo, dietro il divano. La libreria, in cima alla quale svetta un cappello con lo stemma sovietico, è piena zeppa di libri in cirillico e di stendardi della Marina Russa nel Baltico, nel Pacifico, nel Mar Nero. Fra i libri, oltre a qualche volume del maestro delle spie Le Carrè, in bella vista una collezione sulla Seconda Guerra Mondiale e la resistenza sovietica contro i nazisti. Una vista che poco si concilia con il resto della sala, dove fra un cappello dell’Urss e un altro spunta una play-station e una curiosa collezione di peluche Teddy-bear.

Del resto si sa ancora poco. La routine di Smith, a prima vista, non aveva nulla di sospetto. Tutte le mattine si presentava al lavoro con una Ford Fiesta di seconda mano, per rientrare in serata. Resta da capire come sia stato avvicinato dalla spia russa. La sintonia è stata spontanea, forse, ipotizza la stampa inglese, facilitata da una certa passione di Smith per gli ambienti di estrema destra, testimoniata dalla sua collezione di letture sulla storia del nazismo e dai libri complottisti (uno sull’11 settembre, un inside job) in bella vista nel suo appartamento.

Quanto allo scambio di denaro, le prime indagini parlano di un accordo in perfetto stile da Guerra Fredda: cartella con documenti in cambio di contanti. Finora l’ambasciata russa a Berlino si è limitata a dire di non essere a conoscenza delle indagini e ha negato qualsiasi responsabilità.

A Londra intanto l’ennesimo caso di spionaggio da parte di Mosca ha riscaldato il dibattito politico. Si sono già mossi i parlamentari rimasti a Westminster con una proposta di legge, firmata dal Labour Chris Bryant, per “una revisione di sicurezza dei contractors nelle ambasciate inglesi”.

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