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Così l’Occidente può battere Omicron. Parla Rasi

L’ex direttore dell’Ema: i vaccini sviluppati in Usa ed Europa hanno già vinto la sfida contro le varianti, ma troppi errori di comunicazione. Omicron? Veloce ma poco pericolosa, può comunque intasare gli ospedali. Cina e Russia? I vaccini non hanno passato il test. E sui no-vax…

Una partita non è un campionato, ma è un inizio. L’Occidente ha già vinto la prima sfida contro la variante Omicron e la nuova ondata del virus. Russia e Cina non possono dire lo stesso. Guido Rasi, microbiologo già direttore dell’Ema (European medicines agency) e consulente del Commissario straordinario Francesco Paolo Figliuolo, è convinto che Europa e Stati Uniti abbiano i mezzi per fare i conti con una pandemia con cui, piaccia o no, bisognerà convivere.

Rasi, la paura per Omicron è motivata?

C’è stato un allarme eccessivo. Come al solito invece che aspettare i numeri e porsi le domande giuste si esasperano i toni.

I numeri non scherzano: in Italia ottantamila contagi al giorno, più di duecento morti.

È una variante molto aggressiva, non c’è dubbio. Fa paura l’onda d’urto: i sintomi sui vaccinati sembrano evidentemente meno gravi, ma il grande numero di contagi rischia comunque di mettere sotto pressione il sistema sanitario.

Come se ne esce?

Tra quarantene e isolamenti c’è una paralisi in corso. È fondamentale uno switch dalla gestione della Delta ad Omicron.

Quanto manca prima che la pandemia diventi endemica?

Difficile prevederlo. Tornando ad Omicron, possiamo immaginare una diretta correlazione tra velocità di arrivo del virus e velocità di stabilizzazione della curva di infezione.

Sui vaccini troppi dietrofront. Cosa si è sbagliato?

Tutto. Non c’è stata una comunicazione istituzionale autorevole, ferma. Un Anthony Fauci investito dalle istituzioni della responsabilità di comunicare la campagna vaccinale, motivare le scelte, spiegare e far accettare gli inevitabili disagi.

E invece?

Invece si è avuta l’impressione opposta, purtroppo. Come se le misure di contenimento creassero disagi e non li prevenissero.

Però i vaccini, almeno quelli americani ed europei, hanno superato il test delle varianti.

Lo hanno superato alla grande. I vaccini occidentali hanno prevenuto centinaia di migliaia di morti e continuano ad essere un argine contro le varianti. Ovviamente per i dati completi e l’efficacia delle terze dosi dobbiamo aspettare tre, quattro mesi.

Perché i vaccini in Cina e Russia hanno accusato il colpo?

Sono due casi diversi. Sinovac, il vaccino cinese, è partito con un’efficienza inferiore al 50%. Nessuna agenzia occidentale lo avrebbe approvato. In un comunicato congiunto Fda ed Ema hanno escluso la certificazione di vaccini al di sotto di quella soglia.

Che dire di Sputnik V?

Di Sputnik non si può dire né bene né male: semplicemente non lo conosciamo. Dalla Russia continuano ad arrivare dati spot, aneddotici, con un’attenta selezione di quelli positivi. Manca la farmacovigilanza, manca la sorveglianza epidemiologica.

Quindi? Come si vince la partita contro Omicron?

Si vince intanto facendo un punto della situazione, numeri alla mano: bastano 15 giorni. Il governo si è mosso molto rapidamente: Omicron si è affacciata a metà dicembre e a fine dicembre la cabina di regia è pronta a prendere una decisione. Come al solito la comunicazione è stata peggiore dell’azione. Rimangono due questioni in sospeso.

Quali?

La prima: raccogliere dati sull’effettiva gravità dell’impatto di Omicron sui non vaccinati. La seconda: monitorare le re-infezioni. Sembra ad esempio che l’infezione naturale da Delta non protegga contro Omicron, a differenza dei vaccini a mRna. Infine la terza: come convivono le varianti e quale prevarrà? Gli Stati Uniti ad esempio vivono lo scenario peggiore: Omicron è arrivata ma Delta non è andata via.

Aggiungo una quarta: che fare con i no-vax?

Se manca il coraggio per l’obbligo vaccinale, un lockdown mirato è l’unica soluzione, in Germania ha funzionato. Di per sé il super green-pass è già una forma di lockdown, basterebbe farlo rispettare. Quando sul treno lo verificano dopo 100 chilometri di percorso, capisci che non è colpa del certificato ma di chi non applica le regole.

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