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Perché le esercitazioni nell’Indo Pacifico parlano anche di Ucraina

Cosa accomuna Ucraina e Taiwan? La reazione americana alle aggressività di Russia e Cina potrebbe essere simile: i due dossier hanno grandi differenze, ma Washington potrebbe evitare su entrambi un profondo coinvolgimento militare, che Putin e Xi potrebbero vedere come debolezza

Gli Stati Uniti hanno effettuato una dimostrazione di potenza — militare, tecnologica, organizzativa, politica, geopolitica — inviando in contemporanea due gruppi da battaglia navali e due unità anfibie d’assalto nel mare delle Filippine per manovre finalizzate a dimostrare la libertà di navigazione e la sicurezza marittima nell’Indo Pacifico. Il quadrante che riunisce i due oceani Indiano e Pacifico è considerato quello in cui si snoderà il futuro confronto tra potenze guidato dal duopolio americano e cinese.

Insieme alle portaerei “USS Carl Vinson” e “USS Abraham Lincoln” con la loro dozzina di unità d’appoggio, e ai mezzi anfibi “USS America” e “USS Essex” c’era anche il cacciatorpediniere porta elicotteri giapponese “JS Hyuga”. Com’è successo già diverse volte in queste show di deterrenza, la US Navy compie certe esercitazioni in accoppiata con alleati regionali, e tra questi le Forze di autodifesa giapponesi hanno un ruolo di primo piano — anche perché Tokyo intende implementare la propria postura militare e geostrategica nell’Indo Pacifico, lo vuole fare con una determinata autonomia, ma sa che non può farlo senza gli Usa.

Questo ruolo di primo piano nell’alleanza con gli Stati Uniti è costato al Giappone un richiamo apparentemente strano da parte della Russia sul dossier Ucraina. Mosca e Tokyo hanno rapporti complicati dalla disputa territoriale sulle isole Curili e da dossier come quello dell’Antartide, dove ci sono proiezioni di interessi nipponici in sovrapposizione con quelle russe. La Cina, che è il grande protagonista/antagonista nell’Indo Pacifico, si inserisce in queste dinamiche dando sponda alla Russia consapevole che nell’andare contro il Giappone non solo avrebbe infastidito un rivale regionale, ma anche un alleato Tier-1 degli Stati Uniti — e del modello socio-politico occidentale. Dunque Washington.

L’ufficio del ministro degli Esteri russo ha espresso “perplessità” per “l’inammissibilità e l’insensatezza” dell’avvertimento del Giappone che si è dichiarato pronto a prendere “azioni forti” alla luce delle recenti azioni russe dell’Europa orientale in Ucraina — dove Mosca ha mosso truppe in una manovra di accerchiamento militare e psicologico che per la Casa Bianca può anche rappresentare i preparativi per un’invasione. Le crescenti tensioni hanno ramificazioni diplomatiche globali, sono stare evidenziate di recente dall’incontro virtuale tra il presidente Joe Biden e il ministro degli Esteri giapponese, Fumio Kishida. In quell’occasione era stato diffuso uno statement in cui si parlava di “stretto allineamento” sulla razione contro la Russia se le cose dovessero precipitare. Dichiarazione che ha fatto infuriare Mosca.

Al di là del coinvolgimento giapponese, il tema Ucraina non è effettivamente troppo distante da almeno una delle grandi questioni che riguardano l’Indo Pacifico. La gestione della crisi e delle mosse/volontà di Vladimir Putin viene osservata con massima attenzione da Pechino: non tanto per allineamento con la Russia (più pragmatico che sentito), bensì per carpire informazioni su quello che potrebbe accadere con Taiwan. La Cina intende portare a compimento l’annessione nei prossimi decenni, anche con la forza, per ricompattare le due Cine. Per farlo ancora non pensa a uno sbarco, che forse non sarebbe in grado di organizzare, ma intanto compie manovre psicologiche costanti che passano anche dalle pressioni militari. Nei giorni in cui le navi americane e giapponesi si esercitano insieme, 39 aerei da guerra cinesi hanno violato di nuovo lo spazio aereo taiwanese.

Sui media cinesi si parla di Ucraina in forme diverse. Informazioni di cronaca vengono diffuse dall’agenzia statale Xinhua, in inglese, e sugli altri canali (CGTN o China Daily) si dà rilievo — sempre in forma di cronaca — alle dichiarazioni con cui Mosca denuncia la disinformazione occidentale oppure si coglie l’occasione per mostrare debolezze dell’asse Usa-Ue-Uk (ancora in forma di cronaca apparente). Invece mancano per ora articoli da cui leggere la posizione di Pechino (per esempio le analisi del Global Times). L’unico pezzo sul tema del People’s Daily (ripreso dal sito web del ministero degli Esteri) descrive la nota di congratulazioni del leader Xi Jinping al presidente dell’Ucraina in occasione del 30esimo anniversario dell’instaurazione dei legami diplomatici con Kiev — era la scorsa settimana m, nel pieno di tensioni che Pechino ha finto di non vedere. Soprattutto, quasi non si parla di Ucraina nei pezzi in cinese: sia perché si cerca di tenere l’argomento fuori dall’ interessi dei cittadini (e usarlo invece per la narrazione internazionale), sia perché manca un reale interesse di certi fatti tra la popolazione (reazione anche conseguente).

Tutto — che nello specifico serve anche per non disturbare con certi riflettori Mosca — è generalmente in linea con la non-interferenza con cui il Partito/Stato cinese tratta questioni riguardanti altri Paesi, evitando di portarle nel proprio dibattito pubblico (perché potrebbero influenzarlo). Il punto è che Ucraina e Taiwan mostrano quanto facilmente una debolezza statunitense (o anche la semplice percezione di debolezza) potrebbe disfare le reti di alleanze che sostengono l’ordine mondiale americano e inaugurare una nuova era di conflitto globale e instabilità. Non sono ovviamente situazione uguali, ma in termini di volontà degli Stati Uniti di essere coinvolti i segnali sono piuttosto simili: è molto probabile che Washington non morirà per Taiwan e non entrerà in guerra con la Russia per l’Ucraina — contro cui valuta sanzioni, pesanti, ma non reazione militare. E non lo faranno i suoi alleati. Davanti a questo, la deterrenza e gli show di potenza nell’Indo Pacifico e altrove (dall’Artico all’Est europeo fino al Mediterraneo) trovano un limite.

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