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In Cina è tempo di pensioni private. La mossa anti-sanzioni

Tra lo spettro di un coinvolgimento nel vortice delle sanzioni comminate alla alleata Russia e il fallimento della strategia zero Covid, Pechino prova a immettere nuovi capitali nell’economia. Lanciando un programma rivoluzionario che si basa sulla possibilità di versare i contributi anche a banche e finanziarie

Sarà che gli investitori hanno cominciato a mollare gli ormeggi e prendere il largo dal debito sovrano. Oppure lo spettro di un coinvolgimento diretto o indiretto che sia nel maelstrom delle sanzioni occidentali imposte alla Russia, di cui la Cina è alleata. Almeno sulla carta. Mosca, d’altronde, potrebbe dichiarare default già il prossimo 4 maggio, quando scadrà il periodo di grazia legato ai bond sovrani le cui cedole sono state rimborsate lo scorso 4 aprile ma in rubli e non in dollari, come invece prevedono i contratti in materia di obbligazioni internazionali.

In più il presidente Xi Jinping sembra proprio essersi incaponito nella fallimentare strategia zero-Covid, che ha messo sotto chiave Shanghai, il polmone economico e finanziario della seconda economia mondiale. Insomma, il rischio di afflosciare l’economia c’è e non è detto che a fine anno il Dragone riesca a mantenere lo slancio visto con il dato sul Pil nel primo trimestre (+4,8%).

Ecco allora spiegata la carta della riforma della previdenza su larga scala. Ma, e questa è la notizia, dalla natura privata. Di che si tratta? In buona sostanza, di un programma pensionistico privato che consentirà ai dipendenti delle aziende di investire in prodotti finanziari, alternativamente al tradizionale fondo pensione. Più nello specifico, sarà possibile contribuire fino a 12.000 yuan (1.863 dollari) all’anno, sottoscrivendo alcuni strumenti finanziari emessi dalle banche private e immettendo così liquidità nel mercato. Un contributo che andrebbe ad affiancarsi al normale versamento nell’ambito della previdenza pubblica cinese.

In soldoni, oltre a versare i contributi direttamente allo Stato, sarà possibile beneficiare anche di una forma di previdenza privata e complementare, arrivando a finanziare anche i mercati che a questo punto, per mezzo degli strumenti sottoscritti, potrebbero usufruire delle risorse degli stessi lavoratori. Il programma è stato sperimentato in alcune aree, prima di essere introdotto a livello nazionale tra qualche mese. L’estensione però sarebbe quasi certa, dal momento che le stesse autorità di regolamentazione finanziaria hanno elogiato il nuovo programma.

Le banche commerciali, a questo punto potranno aprire conti pensionistici privati, oppure proporre prodotti di gestione patrimoniale bancaria. E saranno ammessi al regime i dipendenti urbani che già contribuiscono alla loro pensione con il tradizione sistema statale. D’altronde, l’economia cinese ha bisogno di nuova linfa ed è costretta a cercarla in casa, grazie a una propensione al risparmio molto spiccata. L’ombra lunga della guerra in Ucraina si allunga sempre più, e accelera la progressiva fuga di capitali, con i deflussi dalle azioni, dalle obbligazioni e dai fondi comuni del Paese.

Un esempio? Il fondo sovrano norvegese, con in pancia 1.300 miliardi di dollari, ha sbattuto la porta in faccia alla richiesta di aiuto e sostegno pervenuta da un colosso dell’abbigliamento sportivo. Ancora, secondo alcune fonti qualificate, i fondi di private equity che operano in dollari statunitensi e che investono in Cina hanno raccolto nel loro complesso solo 1,4 miliardi di dollari nel primo trimestre – la cifra più bassa dal 2018.

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